Cervello da Animalisti

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Caro Maurizio Costanzo Show,
oggi non sopporto gli animalisti. Non ce l’ho con gli animali, sia bene inteso, che anzi gradisco vedere e riconoscere attorno a me nella più variegata gamma possibile. Chi non sopporto, poiché ragguardevolmente assurdi nella loro ossessione, sono gli animalisti convinti, gli estremisti animalisti. Ma ancor più fastidio mi danno gli animalisti moderati, che potremmo chiamare gli animalisti qualunquisti, che sottoposti a qualsiasi analisi logica palesano di essere ancor più assurdi, nella loro confusa posizione, degli animalisti estremisti. Tanto per iniziare, distinguiamo: Chi sono gli animalisti estremisti, e chi sono gli animalisti qualunquisti?
I perfetti animalisti estremisti si identificano visceralmente con tutti gli animali, dal visone al gatto, dalla foca monaca alla zanzara, dall’orso grizzly al totano. Cosa significa che si identificano con loro? Significa che attribuiscono a tutti gli animali i propri sentimenti. Non mi piace essere ucciso, dice l’animalista estremista, quindi non piace neanche all’animale. L’animalista estremista non si ciba mai di animali morti (né vivi), non uccide la zanzara che sta per pungerlo, ma si limita a scacciarla (se invece la uccide, è un animalista estremista imperfetto). latte_bambinoNon beve il latte di mucca, poiché così facendo lo sottrarrebbe al vitello, non mangia uova, cioè futuri pulcini (quando poi l’uovo, come spesso accade, è già fecondato, è a tutti gli effetti – tecnici e morali – un aborto di gallina), non indossa visoni, montoni, giacche scamosciate, calzature di cuoio, portafogli di pelle. L’animalista estremista si identifica con tutte le forme di vita animale, ma non con quelle vegetali, di cui si nutre senza rimorsi. Talvolta non s’identifica neanche con l’essere umano, soffrendo per la morte di un animale assai di più che per quella di un individuo umano.
L’animalista qualunquista, invece, si identifica visceralmente con tutti gli animali di aspetto conforme ai propri archetipi interiori. In altre parole: si identifica in un gatto, un visone, un coniglio, un cane, ma non in un ratto, una mosca, un serpente, un verme. Si identifica in quelle poche bestie che il caso e la selezione naturale hanno voluto morbide e di aspetto gradevole per l’occhio umano, ma non in tutti gli altri animali. L’animalista qualunquista è forse una delle massime espressioni d’ipocrisia che si possano descrivere, e completamente deliranti e contraddittorie sono tutte le sue argomentazioni. Una delle più tipiche manifestazioni è il suo avercela a morte con chi indossa pellicce di visone. “Animali vengono uccisi” recita il pio animalista “per poterne indossare la pelliccia! (Orrore!)”, e dice questo con il patetico fervore di chi ha appena scoperto che l’acqua calda è calda.
scarpe-cuoioSe volete punire un animalista qualunquista che abbia appena profferito tale sproloquio, cercate su di lui (o lei) i brandelli di cadavere d’animale che quasi certamente sta indossando senza neanche pensarci. Fategli notare come lui (o lei) cinicamente e senza verecondia calpesti con i propri piedi (puzzolenti?) il cuoio delle proprie scarpe, che fu la pellaccia di un animale che venne ammazzato affinché lui (o lei), adesso la usi per camminare sotto la pioggia, inciampare nei marciapiedi e calpestare le cacche di cane. Fategli notare quale fu l’identità del suo portafogli o borsetta di pelle, pelle che fu di un animale, ucciso affinché lui (o lei) mettesse i propri soldi in un involucro prestigioso che abbia odore di pelle anziché di plastica. Chiedetegli perché non s’infervora e non si scandalizza con uguale foga con chi indossi un giubbotto di pelle, un “chiodo”, un montone rovesciato. Chiedetegli se lui (o lei) possegga tali indumenti nel proprio armadio, e nel caso li abbia, se di ciò non si vergogni. E se non si vergogna, perché dovrebbe vergognarsi chi ha una pelliccia di visone? Ha certamente da vergognarsi chi abbia una pelliccia di leopardo, poiché il leopardo sta estinguendosi, e la cosiddetta “biodiversità” è un’innegabile ricchezza del mondo che andrebbe da noi salvaguardata anziché distrutta, come stiamo invece facendo. Ma il visone non rischia di estinguersi, viene allevato per farne pellicce, viene allevato come i buoi, i montoni, i polli vengono allevati per mangiarli e farne di tutto. Messo alle strette, l’animalista qualunquista, pur di non ammettere la propria ipocrisia, vi dirà: “Ma se gli animali cartellone_chi_mangi_oggi_cavengono allevati per mangiarli, non è immorale…” Siamo nella farneticazione totale. A parte il fatto che i vegetariani dimostrano che senza carni si può benissimo vivere, e che quindi chi mangia carne lo fa perché gli piace, e non perché ne ha bisogno (proprio come chi compra un visone lo fa perché gli piace, e non perché ne ha bisogno), non è quella di mangiarli, anziché un’attenuante, invece un’aggravante? Specialmente se si considera che mangiare carne è tutt’altro che obbligatorio, essendo l’essere umano onnivoro? Non è macabro assassinare un animale a sangue caldo, un animale che ha un cervello, una vita sessuale, allo scopo di cibarci dei suoi testicoli, della sua lingua, del suo cervello, del suo cuore, del suo fegato, dei suoi reni, del suo intestino, dei suoi muscoli, masticandoli lungamente in bocca per godere del sapore che quel cadavere ci da? Non è ciò anche più macabro di chi dell’animale morto ami indossare l’involucro, cioè la pelliccia? Non nego che indossare la pelle di mammifero morto possa essere un gesto di cattivo gusto, per uno spirito nobile. Ma divorarne lussuriosamente le interiora non lo può essere di meno.
Per demolire allora definitivamente l’incauto animalista qualunquista che della propria ipocrisia ha appena cercato di farne un vanto ai vostri e soprattutto ai propri occhi, trafiggetelo con una nozione banalissima che pochi sanno, perché a pochi interessa:
Dalle ginocchia dei buoi (morti e disossati) viene estratta una sostanza che viene utilizzata per fare l’emulsione delle pellicole fotografiche.
Il cappio della logica è ormai stretto al collo dell’animalista. Quante volte ha fotografato, quante volte ha consumato ossa di buoi assassinati anche per permettere a lui (o a lei) di fare delle fotografie? Quante fotografie ha sprecato, sbagliando la messa a fuoco? Quante ginocchia di buoi sacrificate invano, per il suo dilettantesco gratuito diletto?
Sembra ridicolo. E lo è, infatti. E’ ridicolo come è ridicolo che qualcuno si scandalizzi perché una fanciulla si abbellisca e riscaldi con una pelliccia. Se il vostro interlocutore animalista è intelligente, dopo quanto gli avrete fatto notare si renderà conto di quanto è ridicolo, e su di ciò mediterà. Se non è intelligente, farfuglierà incoerenti giaculatorie animaliste, che vi convinceranno, se voi siete intelligenti, di abbandonarlo al più presto al vacuo autoconforto dei suoi preconcetti.
Capisci, caro Maurizio Costanzo Show, qual è il nocciolo del problema dell’animalismo? Il nocciolo è che l’animalismo si fonda sulla discriminazione razzista. Gli animalisti si ergono a difesa delle razze “elette” tra le specie viventi, secondo criteri che assomigliano molto al credo razzista che fu dei nazisti.
donna-carotaUna delle discriminazioni: NON TUTTE LE SPECIE VIVENTI MERITANO LO STESSO RISPETTO. Gli animalisti estremisti “eleggono” le specie viventi appartenenti al solo mondo animale. I Vegetali vadano a farsi friggere, come infatti avviene nella cucina cinese. Solo perché gli animali sono più simili a noi dei vegetali, vanno salvaguardati a dispetto dei secondi. A tutti gli animalisti estremisti dico solo una cosa: fra 50 o 100 anni sulla terra non esisterà che qualche albero sparso, non più giungle, non più boschi. Sarà invece sempre più pieno di buoi, visoni, polli e montoni. Solo se mai vietassero, in tutto il mondo, la pelliccia di visone, il visone, non più allevato, si estinguerebbe in un battibaleno. Pensate al genocidio degli alberi, ogni volta che lacerate un foglio di carta, ogni volta che gettate via decine di chili di giornali appena sbirciati. Ma io so che mi illudo. Non ci penserete, perché siete animalisti.
Altra discriminazione: NON TUTTI GLI ANIMALI VANNO PRESERVATI: Gli insetti, per esempio, morissero tutti non sarebbe poi male. Nessuna emozione uccidendo una mosca. Grandissima pena per il gatto al quale il monello tira la coda. La discriminazione razzista è spietata. Gli animali sono “eletti” e meritano di vivere se per esempio casualmente presentano il maggior numero dei seguenti caratteri: Occhi grandi, testa grossa in rapporto al corpo, fronte arrotondata, morbida peluria, arti brevi, naso piccolo e all’insù, guance paffute, orecchie grandi, voce acuta.
Perché?
Perché tali caratteristiche, se ci pensate, sono quelle proprie di ogni bambino umano. Ci piacciono gli animali nei quali istintivamente riconosciamo i caratteri tipici dei bambini piccoli, nei quali ritroviamo tutte quelle caratteristiche che ci fanno piacere i bambini piccoli.
E quali sono gli animali che hanno il maggior numero di queste caratteristiche? Il gatto, il cane, l’orsacchiotto, il panda, ma anche il canarino e molti uccellini. Non il verme, non il serpente, non il pesce. In piena analogia ai criteri nazisti, gli animalisti approvano o tollerano la morte degli animali considerati di razza inferiore, ed eleggono a razza superiore e quindi degna di vivere gli animali che rispondono a determinati requisiti estetici.
rattoQualcuno obietta che si vuole tutelare gli animali dotati di maggior intelligenza, quindi più in grado di comprendere la morte che ad essi si infligge? Ipocriti! Uno dei più intelligenti tra tutti i mammiferi è il ratto, e cosa ha fatto l’animalista che per le mie parole s’indigna, contro gli umani stermini di ratti? Quale animalista ha chiesto pari diritti per ratti e visoni? Tra l’altro il ratto presenta tutte quelle caratteristiche estetiche che ne dovrebbero fare un beniamino di tutti. Si dice che è grosso, ma è più piccolo di un gatto. Si dice che è aggressivo, ma è una menzogna. I felini sono carnivori, aggressivi e crudeli, mentre topi e ratti sono onnivori e pacifici. Certo possono mordere se qualcuno cerca di ucciderli, ma come si può biasimarli? Il ratto ha tutte le caratteristiche per piacere, tanto è vero che cartoni animati e fumetti pullulano di eroi positivi a forma di topolini. Perché allora il ratto non piace?
Non piace perché non interpreta fino in fondo il ruolo del “bambino da coccolare”, perché non si assoggetta al dominio dell’Uomo. Tutti gli animali non domestici sono animali incapaci di assoggettarsi al dominio dell’Uomo, e per questo l’Uomo li stermina ed estingue. Il ratto è particolarmente odiato perché non si assoggetta e contemporaneamente non si lascia sterminare ed estinguere.
Chi s’è mai commosso per la morte di una formica? I formicai sono strutture misteriose ed organizzatissime, come potrebbero apparire le nostre città ad un gigantesco extraterrestre che ci osservasse dall’altro. Gli scienziati concordano che le società delle formiche e delle api sono organismi che funzionano in modo intelligente, ma sono così diverse da noi che non ci capiamo niente. E non assomigliano ad un piccolo bambino umano, e quindi non ce ne commuove la morte.
Caro Maurizio Costanzo Show, la vita è una manifestazione della materia che ci appare affascinantissima, poiché ne facciamo parte, ed al livello più alto, secondo quelle che sono le nostre conoscenze attuali. Ma tutti i valori che assegniamo sono proiezioni dei nostri archetipi, dei nostri preconcetti, del nostro pensare per categorie. E tutti i limiti della coscienza che abbiamo di ciò che esiste e di ciò che vive, sono proporzionali allo spazio mentale di cui disponiamo. I valori assoluti sono chimere, e chi li professa inganna sé e gli altri.
L’azione di proiettare i propri valori umani sul ciò che del mondo umano non è, ha un nome preciso: Antropomorfismo.
Gli animalisti sono i perfetti guerrieri dell’antropomorfismo. Non sono i soli, purtroppo. Oggi abbiamo parlato di loro. Chissà se si sono incazzati.

Roberto Quaglia

fonte: robertoquaglia.com

Teramo, imputati animalisti: cani trattenuti nel rifugio solo per lucrare.

LeggeTeramo, cani trattenuti nel rifugio solo per lucrare

Si è aperto il processo per quella che la procura ha definito la truffa dei cani. Imputati tre veterinari della Asl di Teramo e due esponenti di un’associazione animalista teramana.
Le accuse ipotizzate, che dovranno essere provate nel corso del dibattimento, vanno dalla truffa ai maltrattamenti agli animali, dall’omissione d’atti d’ufficio alla falsità ideologica. L’Asl, il Comune di Teramo e La lega difesa del cane di Chieti si sono costituite parte civile. Il processo è stato aggiornato al 28 novembre con l’audizione dei primi dei 24 testi citati dalla pubblica accusa. Secondo la procura 64 cani senza padrone raccolti in strada e portati in una struttura di Colleparco (successivamente smantellata) vi sarebbero stati trattenuti mesi e mesi indebitamente, oltre il periodo necessario a compiere le operazioni di microchippatura e sterilizzazione previste dalla legge prima della reimmissione sul territorio.

Questo, sempre secondo l’accusa, perchè tenere gli animali “parcheggiati” imponeva ai Comuni “proprietari” degli stessi un esborso per garantire loro vitto e alloggio (due euro e 50 centesimi al giorno per ciascun cane).Somme che, a quanto ritengono gli inquirenti, venivano incassate dai gestori della struttura attraverso i contributi che di volta in volta arrivavano dai Comuni per il mantenimento degli animali. Per far sì che i cani venissero trattenuti occorreva però una certificazione che attestasse il loro cattivo stato di salute e la loro potenziale pericolosità a livello igienico-sanitario. Per questo sotto accusa sono finiti anche i veterinari.

Il Comune più danneggiato è quello di Teramo, che avrebbe speso oltre 250mila euro per mantenere decine e decine di cani.

Le indagini sono state portate avanti dagli agenti della Forestale. A processo ci sono esponenti dell’associazione che gestiva la struttura di ricovero finita nelle indagini; il responsabile dell’unità di randagismo dell’Asl; il direttore del dipartimento di prevenzione e responsabile del servizio sanità animale dell’Asl; il responsabile del servizio igiene degli allevamenti e produzioni zootecniche. Un gestore del ricovero è indagato anche per esercizio abusivo della professione. Secondo il magistrato si sarebbe sostituito al medico nella gestione sanitaria degli animali, facendo esami diagnostici e somministrando trattamenti terapeutici di competenza del medico. Un’accusa comune a tutti è quella dei maltrattamenti ad animali: secondo il magistrato avrebbero sottoposto 64 cani e 70 gatti a sevizie e fatiche costringendoli a vivere ammassati in ambienti angusti.
Fonte (http://www.anmvioggi.it/)

In gravidanza con animale domestico

Donna-in-gravidanza-caneHai appena scoperto che diventerai mamma e un dubbio ti assale: dovrai rinunciare alle fusa del tuo amatissimo gatto o alle feste del tuo cane? In genere la risposta è no, però dovrai stare molto più attenta di prima all’igiene e all’educazione dei tuoi amici a quattro zampe e quando il bambino sarà nato non dovrai mai lasciarlo solo con l’animale (la sicurezza deve essere sempre al primo posto). Detto questo, ecco i nostri consigli per una convivenza senza problemi.

Le cinque regole per una convivenza felice

VISITA DAL VETERINARIO. Prima dell’arrivo del bambino porta il tuo cane o il tuo gatto dal veterinario per una visita completa. Il veterinario dovrà considerare le vaccinazioni, la disinfestazione da parassiti e la sverminazione. Quest’ultima deve essere fatta a intervalli regolari anche dopo la nascita del bambino. Si consiglia la vaccinazione anti-tetanica per tutta la famiglia (il bambino la farà alla nona settimana).

IGIENE PRIMA DI TUTTO. E’ normale che gli animali domestici portino con sé agenti patogeni e che il nostro sistema immunitario si difenda. Un meccanismo che scatta già nel bambino anche se è ancora nella pancia della mamma. E’ importante però che si presti attenzione all’igiene. Per esempio, non dimenticare di lavarti le mani dopo aver dato da mangiare al cane (o gatto che sia), dopo averlo accarezzato oppure dopo averlo pulito. Non farti leccare la faccia o le ferite.

OCCHIO ALLE ALLERGIE. Gli animali con pelo, soprattutto i gatti, possono causare raffreddori allergici o asma. Sono a rischio soprattutto i bambini che hanno genitori allergici. I bambini di genitori non allergici sembrano invece essere meglio protetti se crescono assieme agli animali. Il motivo? Il loro sistema immunitario è così occupato con gli agenti patogeni veri da non considerare gli agenti patogeni presunti (allergeni).

UN PO’ DI EDUCAZIONE. Già durante la gravidanza dovresti insegnare al tuo cane (o gatto) che la culla, la borsa porta bebè o il fasciatoio sono zone off-limit. Allo stesso modo però al cane (o al gatto) deve essere assicurato una cuccia in un luogo dove il bambino non potrà arrivare.

PIU’ COCCOLE. Il tuo cane (o gatto) va un po’ considerato come un bambino a cui nasce un fratellino o una sorellina. Fagli molte coccole per rassicurarlo e cerca di conivolgerlo nella vita quotidiana: non allontanarlo quando cambi il tuo bambino, portagli da mangiare prima di allattare e accarezzalo mentre il piccolo dorme fra le tue braccia.

Durata gravidanza animali

asina gravidaPuò essere consolante sapere che gli animali condividono con noi la percezione dolorosa nel parto, cito da un sito di veterinaria: “Il giorno precedente il parto l’animale inizia a cercare il luogo più adatto per partorire, e può presentare alcuni sintomi, come ansia, respiro affannoso, mangia poco e può vomitare. Inoltre potranno esserci perdite vulvari biancastre. Il travaglio può durare da 6 a 12 ore circa, anche se in alcuni casi non rispetta questa regola”.Il dolore è associato al parto animale con una funzione ben precisa: attirare in modo inequivocabile e imperativo l’attenzione della madre sul fatto che presto darà alla luce i cuccioli, e per questo si troverà in una situazione di grande vulnerabilità.Guidate dal dolore, le femmine animali cercano un rifugio sicuro, nascosto e protetto dai predatori. Anche per noi il dolore rappresenta spesso una spinta a rintanarci, assumere posizioni di auto-protezione, sottrarci agli sguardi. La produzione della prolattina e di altri ormoni coinvolti nel parto conosce il picco nelle ore serali, e questo può giustificare il perché gran parte dei parti nel mondo animale avviene durante la notte, lontano dalle attività diurne. Ciononostante, è accettato che i parti degli animali selvatici siano incomparabilmente più semplici dei nostri parti, e la giustificazione che normalmente se ne dà è che l’animale è guidato dall’istinto. Una delle maniere più ovvie per facilitare il proprio parto, è quindi cercare di sollecitare il meno possibile il nostro cervello raziocinante e parlante, per fare emergere la nostra componente istintuale, che è quella direttamente legata alle funzioni primarie in generale e al controllo degli sfinteri in particolare. E adattare a noi quanto l’istinto suggerisce alle nostre cugine mammifere: cercare la solitudine, il buio della notte, la protezione della tana. Ma quanto dura la gestazione negli animali? Di seguito una piccola tabella indica i giorni di gestazione dei alcuni animali.

 

20 GG TOPO

30 GG CONIGLIO

35 GG LEPRE,MARMOTTA

38 GG CANGURO

42 GG CASTORO

51 GG VOLPE

58 GG GATTO

63 GG CANE,LUPO

90 GG LEOPARDO

105 GG LEONE,TIGRE

112 GG MAIALE

150 GG PECORA

210 GG ORSO.SCIMPANZE

230 GG IPPOPOTAMO

240 GG CERVO

275 GG DELFINO

280 GG BOVINI

305 GG BALENA

336 GG CAVALLO

362 GG ASINO

435 GG GIRAFFA

600 GG ELEFANTE

Come Prendersi Cura di un Riccio

riccioPer chi ha pazienza e dedizione, i ricci sono fantastici animali domestici. Sebbene abbiano bisogno di spazio e di molte attenzioni, sono animali intelligenti e curiosi che faranno molta compagnia a chi saprà come prendersi cura di loro. Ecco alcuni suggerimenti di base.

  1. Provenienza – E’ fondamentale fare ricerca per trovare un buon allevatore dal quale acquistare il riccio altrimenti potresti ritrovarti con un animale di cattivo umore che molto probabilmente non vivrà a lungo. Evita gli annunci sui forum online, come pure i negozi che vendono animali. Assicurati che l’allevatore abbia una buona reputazione e non dimenticare di controllare che il riccio sia in buona salute prima di acquistarlo.
  2. Ricordati che i ricci selvatici non si possono detenere legalmente in quanto sono patrimonio dello Stato. Se trovi un riccio, lascialo li dove si trova a meno che non si trovi in imminente pericolo: vicinanza strade, centro abitato, molestato da altri animali o ferito. I questo caso, raccoglilo e chiama il Corpo Forestale dello Stato.
     Riccio
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  3. Prima di portarlo a casa – Prima dell’acquisto, assicurati di avere tutto l’occorrente necessario ad accogliere e allevare il tuo riccio. Non cambiare il cibo che mangia all’improvviso. Informati sul tipo di cibo che l’allevatore gli sta dando e continua a seguire la stessa dieta. Quando porti il riccio a casa per la prima volta, lascialo tranquillo durante le prime 24 ore per dargli il tempo e la tranquillità di esplorare la sua nuova casa e di familiarizzarsi con il nuovo ambiente. Occorrerà circa un mese prima che si abitui alla tua presenza e ai nuovi odori. Dovrai avere pazienza.
     riccio domestico
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    Un luogo appropriato. I ricci hanno bisogno di una gabbia molto grande in cui stare comodi. Quindi la loro gabbia dovrebbe essere:

     gabbia per ricci
    • Spaziosa: come minimo 45 cm x 60 cm e con una base solida, o meglio ancora se più grande visto che questo gli garantirà abbastanza spazio per sgranchirsi le gambe e per giocare. Le gabbie non devono avere più di un livello dato che i ricci non hanno una buona vista e le loro zampe sono delicate e si possono fratturare facilmente. Altrettanto pericolose sono quelle gabbie a grata sulle quali possono arrampicarsi. Dovrà anche avere abbastanza spazio per la ciotola del cibo, alcuni giochi e la lettiera.
    • Ben ventilata: l’aria dovrebbe circolare liberamente, trane quando la temperatura nella stanza scende rapidamente (per esempio durante un black out elettrico). In quel caso dovrai coprire la gabbia con una coperta.
    • Sicura: i ricci sono particolarmente bravi a scappare e amano arrampicarsi. Assicurati che la gabbia sia ben chiusa e che il tuo riccio non possa arrampicarsi per uscire dalla gabbia.
    • Fornire un posto in cui nascondersi: dato che il riccio è principalmente un animale da preda, avrà bisogno di un’area nascosta e buia dove possa riposare lontano da occhi indiscreti e rumori fastidiosi. Una cuccia a igloo o un mini sacco a pelo sono l’ideale.
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    Avere una temperatura adatta: la temperatura ideale per un riccio va dai 21 ai 29 gradi. Se la temperatura nel tuo appartamento è troppo bassa (sotto i 21 gradi) il riccio andrà probabilmente in letargo il che potrebbe rivelarsi LETALE; se è troppo alta potrebbe soffrire di un colpo di caldo. Se sembra assonnato e si sdraia a zampe larghe come se avesse caldo, o se la sua temperatura corporea è piu fredda del solito, dovrai regolare di conseguenza la temperatura del tuo ambiente.

    riccio domestico
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    Scegli un materiale da giaciglio di qualità. I ricci amano i trucioli di legno (leggi la sezione Avvertenze per maggiori informazioni) e il tessuto come la felpa. Scegli una marca di trucioli di qualità.

     riccio
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    Evita i trucioli che tendono a rimanere incastrati tra gli aculei. Puoi anche usare strisce di giornale ma attenzione al contenuto di polvere che si creerebbe in questo modo nella gabbia.

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    Fai attenzione ai bisogni del riccio e al suo comportamento.

    riccio
    • Evita i rumori. Non mettere la gabbia del riccio sotto le casse dello stereo o vicino alla televisione. Come animale da preda allo stato selvaggio, il riccio si affida principalmente al senso dell’udito: troppo rumore o trambusto saranno molto stressanti per lui.
    • La possibilità di muoversi. I ricci tendono ad ingrassare facilmente, quindi la possibilità di fare attivita fisica è fondamentale. Avranno bisogno di molti giochi inclusa una ruota con una base solida. Quelle con grate o barre sono pericolose perchè il riccio potrebbe rimanere incastrato, spezzarsi le unghie e perfino fratturarsi le zampe. Qualunque oggetto che può masticare, spingere e muovere, e perfino rivoltare può diventare un giocattolo dato che questi comportamenti ripetono il loro istinto naturale nel cercare cibo. Ma fai attenzione che non sia troppo piccolo da essere ingoiato.
    • Osserva attentamente il loro comportamento e quanto bevono e mangiano. I ricci sono notoriamente “bravi” a nascondere i loro malanni, percio è estremamente necessario essere attenti.
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    Dai cibo appropriato al tuo riccio. I ricci sono principalmente insettivori, ma assaggiano con piacere frutta, vegetali, uova e carne. Dato che tendono a mettere su peso facilmente, fai attenzione a quanto mangiano per evitare che ingrassino troppo. Un riccio sovrappeso non riesce ad arrotolarsi ed eventuali rotoli di grasso possono impedirgli di camminare adeguatamente. I ricci possono mangiare:

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    • Principalmente cibo di qualità. Le precise necessità alimentari dei ricci sono alquanto misteriose. Generalmente gli si può dare cibo per gatti secco di qualità o cibo specifico per ricci. I croccantini che scegli dovrebbero contenere meno del 12% di grasso e circa il 30% di proteine, essere organici. Evita quelli che indicano sottoprodotti tra gli ingredienti. La giusta dose è 1 o 2 cucchiai ogni sera alla stessa ora, regolando questa quantità a seconda del peso del singolo riccio. Cerca di variare la loro dieta per evitare deficienze alimentari, ad esempio con frutta, vegetali, pollo cotto e scondito, e uova strapazzate. Tra gli alimenti importanti per la dieta del riccio ci sono i vermi della farina, i bachi da seta. Grilli e farfalle notturne possono essere serviti 1 – 4 volte alla settimana.
    • MAI dare ai ricci: noci o semi, frutta secca, carne cruda, verdure crude, cibo duro appiccicoso o filamentoso, avocado, uva o uvetta, Vitakraft per ricci, latte, insetti catturati da te, alcool, pane, finocchio, cipolle crude o in polvere, carote crude, pomodori, snack come patatine, caramelle, qualsiasi piena di zucchero o sale oppure miele.
    • Un riccio ha bisogno di 70 – 100 calorie al giorno ma la maggior parte non dirà di no ad uno snack in più.
    • La ciotola del cibo deve essere abbastanza larga e abbastanza pesante in modo che non possa rovesciarla (e cominciare a giocarci).
    • Utilizza una bottiglia di acqua con un tubo nella gabbia per una qualità migliore. Inoltre in questo modo i trucioli finiscano nella ciotola dell’acqua e che questa venga accidentalmente rovesciata. Soprattutto, sarai in grado di vedere quanta acqua viene consumata.
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    Sistema una lettiera delle giuste dimensioni per il tuo riccio. Fai in modo di usare SOLTANTO sabbietta da lettiera per gatti non-agglomerante e puliscila tutti i giorni. Fai attenzione a qualsiasi irregolarità del tuo riccio nell’andare al bagno che potrebbe indicare malattia o stress.

    riccio
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    La gabbia del riccio va pulita regolarmente e completamente ogni 2 -3 settimane. La ciotola e il tubo della bottiglia dell’acqua vanno lavati ogni giorno con acqua calda.

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    Prendi spesso in mano il riccio con delicatezza. L’unico modo per fare in modo che si abitui alla tua presenza è quello di interagire spesso con lui. Sii sempre delicato, fai movimenti lenti e parla a bassa voce. Per avere un riccio ben socializzato la regola generale è di trascorre almeno 30 minuti al giorno con lui. Quando esce per la prima volta dal letargo dagli alcuni minuti per riprendersi dal lungo sonno mentre lo tieni nel palmo della mano. Quando è complementamente sveglio e attivo, allora puoi cominciare ad interagire con lui.

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    Preparati alla perdita degli aculei, un processo simile a quello della perdita dei denti per i bambini che avviene per la prima volta tra le 6 e le 8 settimane di vita e poi ancora attorno ai 4 mesi quando gli aculei immaturi vengono sostituiti da quelli maturi. Questo processo è del tutto normale e non bisogna preoccuparsi a meno che non ci siano altri segni di malattia o fastidi, oppure se gli aculei non crescono bene. Durante questo periodo è possibile che il riccio sia irritabile e non gradisca essere toccato. Non preoccuparti, è una fase passeggera.

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    Dedicare tempo al gioco. Non esitare a giocare con il tuo riccio. Accetterà la tua partecipazione al gioco se interagisci con lui regolarmente.

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    I ricci in cattività non devono andare il letargo perchè per loro E’ LETALE. Questo si può evitare mantenendo una temperatura ottimale.

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    Pulizia. Almeno una volta al mese dovresti fare il bagno al riccio e tagliargli le unghie (a seconda di quanto crescono in fretta).

  17. Consigli
  • Se vuoi avere più di un riccio, è consigliabile tenerli separati. I ricci sono animali solitari e preferiscono stare soli. Se li tieni nella stessa gabbia, ti terranno sveglio tutta la notte quando combattono. A meno che tu non voglia comprare un maschio e una femmina. I maschi possono combattere fino alla morte.
  • Secondo una strana legge della natura, sebbene non siano veramente in grado di partorire senza problemi fino a che non raggiungono i 6 mesi di vita, le femmine dei ricci possono avere cuccioli fin dalle 8 settimane. E’ soprattutto da evitare che si riproducano all’interno della stessa famiglia. Se la femmina è troppo giovane, non sopravviverà alla gravidanza; se entrambi i genitori sono presenti, i piccoli rischiano di venir mangiati.
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    Un semplice pezzo di legno o un vecchio giocattolo possono bastare a far divertire il tuo riccio

    Come giocattoli per ricci si possono usare quelli per cani come le palline di gomma, le ossa in pelle bovina, giocattoli di gomma, massaggiagengive (come quello per i bambini), etc. Fai in modo che non ci sia niente che possano masticare e ingerire. I ricci NON SONO roditori e incoraggiarli a masticare gli rovinerà i denti causando severi problemi di salute che rimpiangerai più tardi. Fai in modo che non ingoino o si taglino con i giochi che gli fornisci.

  • Se la temperatura della tua casa è troppo fredda, alzala tramite uno scaldino in ceramica o una stufa elettrica, e se questo non funziona una coperta elettrica regolata al minimo. Non usare lampadine perchè disturbano il ciclo notte/giorno per i ricci.
  • Avvertenze

    • Attenzione: NON usare trucioli di legno di cedro perchè mischiato con l’urina dei ricci può formare esalazioni tossiche. Anche i trucioli di legno di pino che non sono stati essiccati in modo inappropriato possono creare esalazioni se mischiati all’urina dei ricci. Se il pacco di trucioli ha un forte odore di pino può darsi che sia non stato essiccato in maniera adatta. Cerca una busta che odora piú di legno che di pino.
    • Non confondere la perdita di aculei normale con quella causata dal danno di parassiti, infezione o dieta povera. Se hai dubbi, consulta un veterinario.
    • 14950126_8a603ac05a

      Il tuo riccio dorme troppo?

      Non permettere che i ricci vadano in “semi-letargo” – è letale per il riccio pigmeo. Il sintomo piu comune è una profonda letargia e se il riccio è freddo al tocco. Se questo accade, tira fuori il riccio immediatamente dalla gabbia e mettilo sotto i tuoi vestiti o a contatto con il calore del tuo corpo per riscaldarlo. Continua a riscaldarlo usando oggetti caldi ma non bollenti, come asciugamani riscaldati, una coperta elettrica ricoperta regolata al minimo, oppure una borsa dell’acqua calda. Se il riccio non si riprende o non sembra attivo, rivolgiti immediatamente ad un veterinario.

    • Tratta il tuo riccio con delicatezza. Non farlo cadere, non rotolarlo quando si appallottola, non tirarlo, non dargli fastidio fino a farlo diventare irritabile e aggressivo.
    • Se tratti il riccio bruscamente e non fai attenzione potrebbe morderti. E’ un animale, dopo tutto.

    fonte: it.wikihow.com

Cinghiali scatenati Due cacciatori ottantenni aggrediti nel Cuneese

caccia al cinghiale

Domenica di caccia e cinghiali particolarmente irrequieti, se non furiosi. Nel Cuneese due cacciatori, dopo essere stati aggrediti, sono stati operati alle gambe per le lesioni riportate. Nell’Aretino invece a essere colpiti dall’animale in fuga sono stati due bambini.

Cuneo, 13 ottobre 2013 – Due cacciatori sono stati feriti da un cinghiale infuriato. E’ accaduto nel pomeriggio tra San Donato e Mango, nel Cuneese. I due, entrambi ottantenni, hanno riportato profonde lacerazioni alle gambe e hanno dovuto essere sottoposti a un intervento chirurgico in ospedale ad Alba. L’animale ha caricato la coppia e si è servito anche delle zanne. Altri partecipanti alla battuta di caccia hanno chiamato il servizio di soccorso 118.

1 – CHI

Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi. Per l’Italia sono state descritte le sottospecie Sus scrofa scrofa, Sus scrofa majori (Maremma), Sus scrofa meridionalis (Sardegna). Di fatto però, nell’Italia peninsulare l’identità genetica del cinghiale è compromessa  dalle massicce e ripetute immissioni a scopo venatorio, effettuate, a partire dal secondo dopoguerra, con soggetti centro-europei (di taglia maggiore) o
ibridati con il maiale (più prolifici).

2 – DOVE

Originario dell’Eurasia e del Nordafrica, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale.

3 – QUANDO

La forma autoctona (nativa) delle regioni settentrionali italiane scomparve prima che potesse essere caratterizzata dal punto di vista sistematico.

4 – COSA

Aumento numerico della popolazione di cinghiale sul Carso triestino e fenomeni di inurbamento (cinghiali in città): danni ad attività umane, problemi sociali, sicurezza pubblica.

5 – PERCHE’

E’ stata attuata un’enorme attività di foraggiamento degli animali con lo scopo di fermarli nell’area peri-urbana e di farne crescere a dismisura il numero. L’attività di foraggiamento, finalizzata ad avere un’enorme quantità di selvaggina in aree facilmente accessibili, è stata eseguita dal mondo venatorio, anche con il supporto dell’ allora Comitato Provinciale della Caccia. Un’altra importante causa di inurbamento degli animali è il progressivo abbandono dei campi coltivati (con conseguente rimboschimento delle aree peri-urbane) e l’espandersi delle città a ridosso dell’Altipiano carsico, con frammentazione dell’habitat naturale.

6 – COMPORTAMENTO – SICUREZZA

I cinghiali, se non molestati o feriti, sono animali tranquilli e non aggressivi nei confronti dell’uomo, ciò vale anche per le femmine con i cuccioli. Si avvicinano all’uomo in quanto animali semi-domestici (spesso ibridati coi maiali e molto simili a questi ultimi) ed abituati perciò alla nostra presenza.

Sono animali sociali la cui unità base è costituita dalle femmine con i piccoli dell’anno ed eventualmente i giovani dell’anno precedente, mentre i maschi adulti conducono vita solitaria.

7 – SITUAZIONE LEGISLATIVA

Legge nazionale: 157/92, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Compete alla Provincia o agli organi gestori di Parchi e Riserve naturali, rilevare le esigenze sul territorio, verificare lo stato di attuazione delle misure preventive dei danni (metodi incruenti ed ecologici) adottate, nonché proporre alla Regione l’adozione di un provvedimento in deroga. Sentito il parere dell’ISPRA la Regione potrà quindi autorizzare le azioni necessarie. L’abbattimento in deroga può venir autorizzato solo in caso di provata inefficacia dei metodi dissuasivi (incruenti) e deve essere giustificato da documentato pericolo per l’incolumità pubblica o in caso si prevedano ingenti danni economici. La L.R. 6/3/ 2008, n. 6 prevede un indennizzo per le opere non cruente di prevenzione dei danni da fauna selvatica (fondo per il miglioramento ambientale e la copertura di rischi, assegnato in parte alle province).

8 – SITUAZIONE ECOLOGICA

Al contrario di ciò che spesso si è portati a credere a causa di una scarsa e scorretta informazione, la presenza mas­siccia dei cinghiali nei boschi non è un problema ecologico (in natura non esiste il concetto di “troppi cinghiali”, il sistema infatti si autoregola) ma un problema sociale, di interazione tra questa specie ed alcuni esponenti della specie umana che lamentano danni a vigneti, orti e coltivazioni e/o sono colti da timori irrazionali ed infondati per gli animali.

9 – GESTIONE E CONTENIMENTO

1 – Recinzioni meccaniche o elettriche

I danni causati dai cinghiali a vigneti, frutteti ed orti potrebbero essere evitati con apposite recinzioni (ad es. rete interrata, recinzioni elettriche).

2 – Foraggiamento dissuasivo

Gli animali potrebbero essere allontanati dalle aree urbane allestendo delle stazioni di foraggio al di fuori dei centri abitati, o utilizzando delle coltivazioni esca, entrambi metodi validi e facilmente attuabili, già sperimentati con ottimi risultati in provincia di Pordenone. Questo metodo si è dimostrato valido anche per proteggere dai danni i campi coltivati.

3 – Repellenti chimici/biologici

Utilizzo di sostanze repellenti specie-specifiche che agiscono sul sistema olfattivo e gustativo. Siano esse di sintesi o di origine naturale, si reperiscono di solito in forma liquida e vanno applicate su stracci, corde, spugne, ecc. distribuite lungo il perimetro della zona interessata, si sono dimostrati particolarmente efficaci. Alcuni prodotti garantiscono la durata di diversi mesi.

4 – Gestione venatoria

Quando in un territorio viene abbattuto un certo numero di esemplari, il che avviene soprattutto in autunno ed in inverno, i sopravvissuti hanno un migliore apporto nutritivo. Gli animali così rinforzati si riproducono in primavera, prima e con un maggior numero di discendenti. Secondo recenti studi la caccia non rappresenta una soluzione valida per il contenimento dei cinghiali, tendendo anche a peggiorare la situazione a medio-lungo termine. Spaventando gli animali inoltre non si ottiene che soltanto un effetto temporaneo di allontanamento, presto compensato da altri individui.

10 – PER ULTERIORI INFORMAZIONI

MI.F.A. – Missione Fauna & Ambiente – onlus, sezione Trieste

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Amici A. Serrani F. 2004 Linee guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nella provincia di Viterbo, Università della Tuscia, Dipartimento di produzioni animali – Provincia di Viterbo, Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca –

Juan Herrero . Alicia García-Serrano , Sergio Couto ,Vicente M. Ortuño , Ricardo García-González 2006, Diet of wild boar Sus scrofa L. and crop damage in an intensive agroecosystem

Il Cinghiale, la specie, la sua gestione e la prevenzione dei danni, 2006. Regione Autonoma F.V.G. direzione centralerisorse agricole, naturali, forestali e montagna. Servizio tutela ambienti naturali e fauna. Ufficio studi faunistici.

Oliver Keuling, Norman Stier, Mechthild Roth, 2008. Commuting, shifting or remaining? Different spatial utilisation patterns of wild boar Sus scrofa L. in forest and field crops during summer

Checchi .A., Montroni C. Repellenti olfattivi e gustativi nella prevenzione dei danni in agricoltura

(Poster). Dipartimento di Economia ed Ingegneria Agrarie (DEIAGra) – Sezione di Ingegneria del territorio, costruzioni e fisica – Università di Bologna

Scoiattoli grigi, perché è giusto eradicarli

scoiattolo grigio

La decisione di “deportare” gli scoiattoli grigi di Nervi continua a fare discutere.
Questi simpatici animaletti, inseriti tra le 100 specie più pericolose del pianeta per la capacità di espandersi a danno delle altre e in particolare dei loro cugini rossi, minacciano la biodiversità e gli equilibri degli ecosistemi a cui sono estranei.

Tuttavia sono in molti a chiedersi che male possono fare quelli che da anni vivono nei giardini sul lungomare e che ormai per i cittadini del capoluogo ligure sono parte integrante delle passeggiate al sole.

Chi è in grado di rispondere a questo interrogativo meglio di un genovese doc, prestato all’Australia per conseguire il Ph.D all’ARC Centre of Excellence for Environmental Decisions, presso la School of Botany, dell’università di Melbourne? Ecco l’articolo di Stefano Canessa, pubblicato sul suo blog, scritto sotto forma di domande e risposte per spiegare ai suoi concittadini e a tutti gli scettici che non esiste altra soluzione.

Cos’hanno fatto di male gli scoiattoli di Nervi?

grey-squirrelLo scoiattolo grigio e’ una specie americana, non presente naturalmente in Europa. In Europa e’ stato introdotto in Italia e in Inghilterra nel XX secolo: in Italia le introduzioni sono avvenute in Piemonte nel 1948 e 1994 e a Nervi (GE) nel 1966.
In Inghilterra lo scoiattolo grigio si e’ diffuso nella maggior parte del paese e i tentativi di eradicarlo (eliminare le sue popolazioni) sono falliti.

Da allora, sono stati osservati e documentati al di la’ di ogni possibile dubbio questi effetti:
Lo scoiattolo grigio compete con quello rosso (la specie originaria dell’Europa) e poco a poco lo rimpiazza. Questo avviene perche’ si appropria delle risorse disponibili, è più aggressivo, ha meno predatori e anche perché lo scoiattolo grigio è portatore di un virus che uccide lo scoiattolo rosso.
Nelle zone dove lo scoiattolo grigio non viene tenuto sotto controllo, caccia e uccide uova e nidiacei di molte specie di uccelli boschivi, causandone una drastica diminuzione. Quello rosso non causa questi problemi.
Lo scoiattolo grigio scorteccia e danneggia molte specie di alberi (faggi, querce, abeti), danneggiando sia le specie che vivono nelle foreste sia la qualità e il valore del legname a scopo commerciale.

In conclusione, lo scoiattolo grigio è chiaramente dannoso sia per molte altre specie animali, sia per interi ecosistemi, e puù causare anche danni puramente economici.
E’ stato dimostrato che in Inghiltera i soli danni causati dallo scoiattolo grigio all’industria del legname ammontano a circa 10 milioni di sterline, senza neanche calcolare i danni alle altre specie e al valore estetico e culturale dei boschi danneggiati.

Il problema fondamentale è che lo scoiattolo grigio è un animale con una “personalita’”, per cui diventa difficile vederlo come una minaccia.
Eppure questo rappresenta: una malattia.
Provate per un momento a vederlo come un batterio, un microbo: anche queste sono specie viventi, e proprio come lo scoiattolo grigio, hanno la capacità di diffondersi, passare da un “malato” a un altro (boschi) e causare danni fino ad uccidere il malato.
Ma qualcuno sarebbe disposto a difendere il parassita che causa la malaria, perfino nelle sue zone d’origine? E pensate se qualcuno provasse di proposito a creare una zona malarica in Italia, non vorremmo forse liberarcene prima possibile?

Alla fine, questo è quello che abbiamo fatto: creare un serbatoio di una malattia che puo’ creare danni certi. E’ logico cercare di riparare al danno fatto, soprattutto visto che chi ne risentirebbe non saremmo noi, almeno nel breve periodo, ma altre specie indifese.

A Nervi gli scoiattoli sono isolati e non fanno male a nessuno.

scoiattolo-grigioCome qualunque malattia (ciò che di fatto sono, anche se hanno un musetto simpatico) il pericolo sta nell’avere un serbatoio di infezione. Esistono studi molto accurati che mostrano come, se questi animali dovessero sfuggire dai parchi di Nervi e diffondersi altrove, si espanderebbero presto a grande velocita’, fino ad occupare nel giro di pochi anni gran parte del Nord Italia, dove causerebbero tutti i danni descritti sopra.

L’esperienza inglese con gli scoiattoli, e quella nel resto del mondo con decine e decine di altri casi simili, dimostra che e’ impossibile escludere che questi animali si possano diffondere al di fuori dei parchi di Nervi.
A quel punto qualunque azione diventerebbe impossibile: al contrario, agire mentre sono ancora circoscritti nel parco ha notevoli probabilita’ di riuscire completamente (come se il parco rappresentasse una specie di “quarantena” da cui eliminare l’infezione poco a poco).

Non si possono usare altri sistemi?
Non sono coinvolto in alcun modo nel programma di eradicazione e quindi posso solo fare delle ipotesi, che non riflettono necessariamente le argomentazioni dei responsabili ma solo il mio punto di vista professionale.
Bisogna come minimo assicurarsi che non possano riprodursi: semplicemente spostarli non risolverebbe nulla e anzi creerebbe ancora piu’ rischi.
Sterilizzarli e rimetterli dove sono renderebbe molto difficile capire quali sono stati gia’ sterilizzati (non e’ pensabile che vengano catturati tutti in una volta sola) e finirebbe per creare confusione e aumentare i costi riducendo l’efficienza del programma.
Reintrodurli nelle loro zone d’origine: ovviamente questa sarebbe una soluzione estremamente costosa, visto che questi animali vengono dal Nord America e anche solo il traferimento richiederebbe una serie infinita di controlli, permessi, procedure, per non parlare del biglietto aereo. Inoltre questi animali sono nati e cresciuti a Nervi, a contatto con il nostro ambiente, che e’ molto diverso da quello americano. Riportandoli laggiu’, non c’e’ modo di sapere se porteranno con se’ malattie o parassiti potenzialmente dannosi: in concreto, dubito che in America li rivogliano indietro.

Non e’ assurdo dire di voler fare “conservazione” e uccidere degli animali?
Per capire le ragioni dei conservazionisti, bisogna allargare la propria visione. Lo scoiattolo grigio vive e prospera nel suo ambiente originario: eliminare gli esemplari in Italia non causerà alcun danno alla specie che non si estinguerà certo per questo.
Viceversa, se non vengono eliminati c’e’ il concreto rischio che lo scoiattolo rosso vada incontro all’estinzione totale, mentre se si riuscisse almeno a tenere sotto controllo i grigi, potrebbe sopravvivere almeno in parte.
Quindi: eliminando i grigi, 2 specie – non eliminando i grigi, 1 specie.
Il vantaggio per l’ambiente nel suo complesso è evidente, se solo ci si sforza di considerare il quadro generale. E tutto questo senza considerare le specie di uccelli che potrebbero andare perdute in seguito all’espansione del grigio in Europa.

In pratica, eliminare gli scoiattoli grigi rappresentebbe un “massacro” di pochi esemplari – non eliminarli rappresenterebbe un “massacro” di un’intera specie, piu’ notevoli quantita’ di altre. Il fatto che questo avverrebbe lontano dai nostri occhi, anzichè nei giardinetti sotto casa, non lo rende meno drammatico e cruento.

Se lo scoiattolo grigio e’ piu’ resistente di quello rosso, non sarebbe piu’ giusto lasciare che la natura faccia il suo corso?

scoiattolo rossoIl problema è che il corso della natura è stato alterato all’origine. In condizioni naturali, lo scoiattolo grigio non sarebbe mai giunto in Europa, o vi sarebbe arrivato (chissà) nel corso di milioni di anni, dando la possibilita’ ad altre specie di adattarsi.
Invece l’introduzione è stata effettuata dall’uomo e volontariamente, mettendo a rischio altre specie del tutto incolpevoli.

Il valore della diversità è proprio questo, avere piu’ specie ciascuna nel contesto che le compete: uno scoiattolo in America e uno in Europa, ciascuno con la sua storia e il suo valore, il suo ruolo nell’ecosistema.
Per consentire che la natura faccia il suo corso, è giusto riparare un danno che abbiamo fatto: il metodo scelto per la rimozione degli scoiattoli grigi è il piu’ efficace nel garantire che non vi siano effetti collaterali.

Perchè questa ossessione con le specie “alloctone”? Non sono comunque animali?

Un ecosistema è tanto più resistente e capace di adattarsi ai cambiamenti quanto più è “diverso” al suo interno, nel senso che ha più specie, alcune delle quali possono evolversi mentre altre spariranno.
Nel “corso della natura”, i cambiamenti, le estinzioni e le evoluzioni di nuove specie sono processi che impiegano milioni di anni: quando l’uomo elimina aree naturali intatte, o introduce specie esotiche, il cambiamento è immediato. Molte specie non hanno la possibilità di reagire e spariscono rapidamente. Il risultato è una perdita netta: dove prima c’era una varietà di forme e colori, adesso ce n’è solo uno, o nessuno.

Nel mondo, la sparizione di specie animali e vegetali ha raggiunto un ritmo senza precedenti: tutti gli studi compiuti fino ad oggi indicano come prima causa la distruzione degli habitat causata dall’uomo. Al secondo posto si trovano proprio le specie “alloctone”: in tutto il mondo i danni che queste causano sono spaventosi e solitamente irreparabili.
In questo senso, introdurre specie che non dovrebbero trovarsi in un certo ambiente è proprio come versare dei liquami inquinanti o abbattere delle foreste. Quando vogliamo disfarci delle tartarughine che sono cresciute troppo e le rilasciamo nel laghetto dietro casa, stiamo volontariamente condannando altre specie al declino e all’estinzione.

Nei paesi dove questo processo è chiaro, come l’Australia, non troverete nessuno disposto a difendere le specie alloctone: tutti sanno che permettere ad una volpe (animale che personalmente adoro) di sopravvivere significa condannare a morte migliaia di altri piccoli mammiferi, uccelli e altra fauna.
I governi hanno ben chiari i danni che questi invasori possono arrecare, sia in termini di biodiversità che economici, esistono accurati programmi di controllo e se possibile di eradicazione, e le comunità sostengono e partecipano attivamente a tali programmi, perché sanno di aggiungere valore all’ambiente, e non toglierlo.

E allora?
Cosa puo’ insegnarci la storia dello scoiattolo grigio?
Personalmente credo ci indichi come gli animali non sono a nostra disposizione per giocare, tenendoli in casa e poi rilasciarli dove ci pare quando ce ne stufiamo.
Credo ci dica anche che abbiamo grosse responsabilità nei confronti dell’ambiente, perché possiamo creare danni mostruosi anche senza volere: fortunatamente abbiamo la capacita’ di imparare e correggere i nostri errori.
Infine, che la difesa dell’ambiente non può essere egoistica (evitare sensi di colpa o voler a tutti i costi vedere gli scoiattoli nel parco di Nervi) ma deve necessariamente cercare di vedere il quadro generale delle cose, perché è quello in cui ci troviamo anche noi.

Stefano Canessa

Museruola e guinzaglio corto, le nuove regole

L’ordinanza sulla Gazzetta Ufficiale. I proprietari sono sempre responsabili della condotta e del benessere degli animali

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Novità in vista per chi ha un cane. Nella Gazzetta Ufficiale di venerdì 6 settembre è stata pubblicata un’ordinanza del ministero della Salute che impone ai proprietari degli amici a quattro zampe alcuni obblighi, ad esempio: utilizzare il guinzaglio «corto» (max 1,5 metri) e portare sempre con sé la museruola. A spingere il ministero a emanare questa ordinanza – che istituisce anche corsi ad hoc per i padroni – è il «verificarsi di incidenti, soprattutto in ambito domestico, legati alla non corretta gestione degli animali da parte dei proprietari». Questi ultimi, o chi detiene il cane, sono a qualsiasi titolo responsabili penalmente e civilmente dei danni provocati dall’animale. «Il proprietario di un cane – si legge nell’ordinanza, che avrà efficacia per 12 mesi – è sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell’animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali o cose provocati dall’animale stesso. Chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere un cane non di sua proprietà ne assume la responsabilità per il relativo periodo».

Per prevenire danni o lesioni a persone, animali o cose, l’ordinanza stabilisce che il proprietario e il detentore di un cane devono seguire determinate regole: «Utilizzare sempre il guinzaglio a una misura non superiore a mt. 1,50 durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni; portare con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio per l’incolumità di persone o animali o su richiesta delle autorità competenti».

E ancora: «affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente; acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonché sulle norme in vigore; assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive». Tra gli obblighi, quello di raccogliere le feci, e quindi «avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle stesse». Vengono inoltre istituiti percorsi formativi per i proprietari di cani, con rilascio di un attestato di partecipazione denominato patentino.

«I percorsi formativi – si legge nell’ordinanza del ministero della Salute – sono organizzati dai Comuni congiuntamente ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, i quali possono avvalersi della collaborazione dei seguenti soggetti: ordini professionali dei medici veterinari, facoltá di medicina veterinaria, associazioni veterinarie e associazioni di protezione animale. Il Comune, su indicazione del servizio veterinario ufficiale, individua il responsabile scientifico del percorso formativo tra i medici veterinari esperti in comportamento animale o appositamente formati dal Centro di referenza nazionale per la formazione in sanitá pubblica veterinaria, istituito all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Le spese per i percorsi formativi sono a carico del proprietario del cane. (Fonte: Adnkronos)

fonte: corriere.it

Viterbo, Gufo aggressivo in libertà

A Canino è caccia al gufo predatore
Il sindaco Mauro Pucci: ”L’animale ha aggredito diverse persone. E’ pericoloso”
27/09/2013 – 04:00
di Stefano Mattei

bubo-buboVITERBO – Come alcune favole che si raccontano ai bambini per creare un po’ di mistero, dove strani animali aggrediscono gli uomini dei villaggi sul calare della sera, da qualche giorno a Canino un gufo predatore sta attaccando le persone creando seri disagi alla comunità.

A confermarlo è il sindaco Mauro Pucci che, con un tono tra il preoccupato e l’ironico, descrive questa vicenda nella quale la realtà supera davvero la fantasia.

“Sembra assurdo – racconta – ma è tutto vero. Questo animale, o questi animali, dato che potrebbero essere più di uno, vivono vicino ad una villetta nei pressi del paese e hanno creato serie difficoltà agli abitanti di questa casa. Sono arrivate prima notizie di 3-4 gatti spariti, poi in Comune hanno cominciato a farsi aventi le persone aggredite. Una signora che presentava dei tagli sul viso e un uomo che ci ha mostrato una camicia sulla quale erano evidenti le unghiate dell’animale”.

Mentre le segnalazioni di incidenti continuano ad arrivare, questa curiosa vicenda sta dividendo la popolazione. C’è preoccupazione per quello che potrebbe succedere se uno di questi animali cominciassero a causare ferite più serie ai cittadini, ma allo stesso tempo in molti non vogliono azioni di violenza sommaria.

In questi giorni infatti, a quanto sembra, alcuni hanno deciso di farsi giustizia provando ad uccidere “gli uccelli cattivi” a colpi di carabina.

“Dobbiamo essere equilibrati – predica invece il sindaco – ovviamente non dobbiamo sottovalutare la vicenda, perché se il gufo ad esempio decidesse di attaccare un bambino le conseguenze potrebbero essere gravi, ma bisogna anche pensare che questi animali sono protetti dalla legge. So che qualcuno ha tentato di sparargli, ma non è certo che l’animale sia morto. Abbiamo già parlato con la forestale e cercheremo di analizzare nuovamente la situazione. A quanto sembra infatti, un gufo tra le 19 e le 19 e 30 si apposta vicino il centro anziani. Voglio ricordare, inoltre, che questi predatori sono riusciti ad eliminare moltissimi piccioni facendoci un enorme favore”.

Ente Nazionale Protezione Animali – Enpa: fondi spesi in case e hotel

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Una casa nuova di zecca? Sì, ma sulle rive del Mar Rosso, a due passi dal paradiso di Sharm El Sheikh. E certo non per qualche cucciolo bisognoso di coccole. Un soggiorno omniconfort? Sì, ma in alberghi di lusso a Malta. E certo non in un canile che accoglie quattrozampe. Cure mediche in una clinica specializzata nella sostituzione dell’intera dentatura in tre giorni? Sì, ma certo non per consentire a Fido di sgranocchiare il suo osso preferito nonostante gli acciacchi dell’età. Dai conti di Enpa (l’associazione nazionale protezione animali che solo nel 2011 «raccoglieva» 11 milioni di euro tra gestione di canili, quote del 5 per mille, donazioni e lasciti) saltano fuori bonifici e pagamenti che fanno rabbrividire i veri volontari. Su tante cifre sospette è in corso un’inchiesta della procura di Genova, che ha in mano riscontri documentali. Parallelamente a una concreta attività animalista, portata avanti senza sosta da tanti uomini e donne disinteressati e di grande cuore, sta emergendo una gestione imbarazzante. Insomma, non tutti i soldi che arrivano ad Enpa servono al benessere degli animali.
L’inchiesta è riservatissima, ma da palazzo di giustizia qualcosa trapela. E i primi elementi su cui lavora la Guardia di Finanza riguardano bonifici e assegni con causali a dir poco incredibili. Decine di migliaia di euro sarebbero stati girati, in molte riprese, per pagare le rate di una casa esclusiva sul Mar Rosso. Oppure per saldare il conto in alberghi di Malta o in cliniche lombarde di alta chirurgia odontoiatrica, specializzate nel reimpianto dell’intera dentatura – umana, non animale – in tre giorni. Non solo. Tra i riscontri delle spese sospette ci sarebbero anche scooter, ristrutturazioni di interni, prelievi in contanti effettuati con regolare frequenza. A partire, almeno, dal 2007.
Soldi che quasi sempre non uscivano direttamente dalle casse di Enpa, ma transitavano prima da altre associazioni animaliste e a Fondazioni, sui cui conti Enpa non aveva più motivo di esercitare controlli. Quindi formalmente certi assegni non comparivano nei bilanci di quella che resta una delle più grandi onlus italiane del settore. Il fatto è che già nella relazione dei revisori dei conti Enpa a fine 2011 veniva segnalata la presenza di «crediti» dell’ente per somme versate alla Fondazione Ligure Diritti Animali (775mila euro) e alla Fondazione Diritti Animali (300mila euro), nei cui consigli direttivi figuravano peraltro come amministratori alcuni dirigenti della stessa Enpa. Proprio come avveniva in varie associazioni alle quali venivano girate altre cifre consistenti.
A seguito delle segnalazioni sempre più pressanti di Massimiliano Suprani, uno dei tre revisori dei conti, nell’Enpa si sono verificate dimissioni e commissariamenti. La presidenza nazionale era già passata da Paolo Manzi, condannato per appropriazione indebita nel 2010 per essersi intascato 115mila euro dell’associazione, a Carla Rocchi, già sottosegretaria di Amato e D’Alema. Ma la linea di continuità all’interno dell’Enpa sembrava comunque evidente. Lo stesso Manzi ha continuato a far parte del consiglio nazionale durante tutta la durata del processo. Così pure Gildo Russo, il suo avvocato che lo difendeva contro Enpa, è rimasto il legale dell’ente. Il tesoriere, Piermario Villa, ex esponente dei Verdi ed ex assessore al Traffico del Comune di Genova, ha resistito al suo posto. Nel corso del 2012, invece, l’insistenza del revisore dei conti, ha portato un vero terremoto. Dimissioni del tesoriere nazionale. Dimissioni della presidentessa di Genova (sua compagna anche nella vita). Dimissioni del presidente della sezione di Torino. Numerose accuse reciproche tra i dirigenti, con il revisore Suprani che si trova impossibilitato a proseguire il lavoro con una serie di ostacoli alle verifiche e accuse diffamanti.
L’inchiesta della procura di Genova è l’inevitabile conclusione. Perché Suprani presenta un esposto dettagliatissimo in procura, con i riscontri dei soldi destinati alla casa in Egitto e a tutto il resto. Il pm Nicola Piacente affida le indagini alla Finanza che sta ricostruendo sei anni di movimenti bancari sospetti per centinaia di migliaia di euro. Poi arrivano le querele: lo stesso revisore è costretto ad affidarsi a un legale, Roberta Marallo, per tutelarsi dal fango che gli viene scaricato addosso. E potrebbe essere solo l’inizio.

Fonte: ilgiornale.it

 

Cacciatore uccide poiana, 1000 euro di taglia

poiana uccisa2SAN CATALDO – Prima settimana di cosiddetta “pre-apertura” della caccia in Sicilia, prima vittima dei cacciatori di frodo: sabato pomeriggio, dopo appena sei giorni dall’avvio anticipato della caccia, le Guardie Giurate venatorie e zoofile del WWF hanno rinvenuto nelle campagne di San Cataldo (CL) un esemplare adulto di Poiana (Buteo buteo), specie particolarmente protetta, uccisa a colpi di fucile caricato a pallini.

“Secondo il calendario venatorio, in questo periodo possono essere uccisi solo conigli selvatici in caccia vagante e tortore e colombacci, ma da appostamento temporaneo. Invece – dichiara Ennio Bonfanti, coordinatore regionale delle Guardie WWF – quando la stagione venatoria si apre, si spara a tutto ciò che si muove! La Poiana ha un’apertura alare di oltre un metro e mai può essere confusa con un colombaccio o una tortora, men che meno con un coniglio! Quindi chi le ha sparato – in una giornata di caccia “regolare” – lo ha fatto con la piena consapevolezza e volontà di violare e sfidare la legge, con il solo scopo di uccidere un predatore. Sicuro di restare impunito, vista la cronica assenza di controlli e l’anarchia venatoria della nostra Regione…”.

poiana uccisaIl WWF ha già presentato una denuncia contro ignoti alla Procura della Repubblica per il reato di “uccisione di specie particolarmente protetta” ai sensi della legge 157 del 1992, che prevede sanzioni penali quali l’arresto fino ad 8 mesi; “Mentre recuperavamo il povero rapace impallinato – racconta Bonfanti – sentivamo i colpi delle fucilate dei cacciatori nelle colline intorno… E questo la dice lunga sulla favola del cacciatore buono e del bracconiere cattivo, come se fossero due entità estranee l’una all’altra, due mondi diversi”.

Ma il WWF è convinto che qualcuno abbia visto chi ha sparato alla Poiana: “l’abbiamo trovata a terra lungo una strada provinciale in contrada Gabbara, dove tutt’intorno vi sono decine di villette, case agricole, abitazioni. Un luogo densamente abitato – e perciò di per sé vietato alla caccia! – in cui sicuramente qualcuno avrà visto il vigliacco sparatore”. Per questo il WWF Caltanissetta ha istituito una taglia: mille euro a chi consentirà, con la propria testimonianza o con altre prove certe, di incastrare il colpevole di un simile odioso reato contro il patrimonio faunistico dello Stato.

Per il WWF questo atto di bracconaggio è gravissimo, vergognoso ed intollerabile, costituendo l’ennesimo esempio di quel malcostume venatorio che, con inaudita spregiudicatezza, si ripete in ogni stagione di caccia nel territorio del Nisseno. “Simili fatti dovrebbero far indignare, per prime, le stesse Associazioni venatorie spingendole a provvedimenti severi nei confronti di questi cacciatori illegali. E invece – rileva amaramente Bonfanti – prevalgono omertà, difesa corporativa “ad oltranza” della categoria e odio verso chi, come il WWF e le sue Guardie volontarie, vuol far rispettare le leggi anche in materia faunistica ed ambientale”.

fonte: giornalesicano.it

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La tenia nel cane e nell’uomo

La tenia nel Cane:

La tenia è il parassita più comune che può infestare l’intestino del cane, provocando la perdita di peso. Questo organismo può anche colpire l’uomo. Esistono vari metodi per capire se il nostro amico a quattro zampe ha contratto questo parassita e la terapia da seguire è molto semplice ed efficace. Come per tutte le malattie e parassiti, la prevenzione e controlli regolari dal veterinario sono fondamentali.

tenia

La tenia, il cui nome scientifico è Dipylidium caninum, è un parassita dalla lunghezza media di 50 cm di forma appiattita, simile ad un nastro, che abita e prolifera all’interno dell’intestino di cani e dei gatti. Al contrario di ciò che accade quando viene colpito l’uomo, nelle specie animali come cane e gatti la presenza della tenia nel loro organismo raramente provoca seri problemi di salute.

tenia2Nella maggioranza dei casi viene diagnosticata fortuitamente in animali che versano in condizioni normali. Una delle conseguenze che provoca la tenia che infetta l’intestino di un cane è la perdita di peso, nel caso in cui si riscontra una massiccia presenza di parassiti.
Il Dipylidium caninum ha un particolare ciclo vitale, particolarmente connesso a quello della pulce. Le tenie, infatti, vanno ad agganciarsi nel vero senso della parola alla parete intestinale dell’animale che parassitano, attraverso una serie di uncini situati ad un’estremità corrispondente alla testa. Il corpo della tenia è suddiviso in numerosi segmenti, chiamati proglottidi, i quali sono ripieni di uova e che gradualmente si staccano dalla parte terminale del parassita ed fuoriescono all’esterno. Essi hanno le dimensioni simili ad un chicco di riso e nel momento in cui li si osserva danno l’impressione di essere in presenza dei piccoli vermi, poiché si muovono, anche se in realtà, si limitano a contrarsi, al fine di espellere le uova che contengono.

Per sapere se il nostro amico a quattro zampe è infettato dalle proglottidi, si può semplicemente osservare le sue feci appena deposte ed anche intorno all’ano, una zona dalla quale sono in grado di fuoriuscire in maniera attiva. Le uova della tenia, in quest’ultimo caso, si depositano per terra, molto spesso nella cuccia così come accade anche alle uova delle pulci.
Esiste una certa simbiosi tra le pulci e la tenia. Infatti, accade che le larve di pulce, una volta uscite dall’uovo, alimentandosi con i detriti cutanei e le feci delle pulci adulte, possono ingerire casualmente anche le uova di tenia per poi ospitarle nel loro interno, dove si riescono a conservare fino al momento in cui la larva diventa a sua volta una pulce adulta, la quale ritorna sul corpo dell’animale da cui era caduta sotto forma di uovo.

Anche durante le pulizie il cane può accidentalmente ingerire una pulce, la quale venendo digerita libera l’uovo di tenia, che in seguito si sviluppa nell’intestino dell’animale ricominciando il ciclo vitale che abbiamo sopra descritto.
Ciò che abbiamo appena raccontato è l’unica maniera in cui cani e gatti possono contrarre la tenia, quindi si può dedurre che abbiamo anche le pulci.
Un proprietario molto scrupoloso può rendersi conto della presenza della tenia se osserva le proglottidi mentre escono dall’ano o sulle feci deposte da poco. Le proglottidi, dopo essersi svuotate e seccate, rassomigliano ad un chicco di sesamo e si possono riscontrare nei luoghi dove l’animale riposa o intorno alla regione anale.
L’esame a vista delle feci non sempre consente di rilevare la presenza di uova di tenia, quindi non si può escludere l’infestazione. In questo caso le uova possono essere viste con un esame delle feci solo se sono uscite dalla proglottide per la sua rottura accidentale. Pertanto, se si riscontrano le proglottidi è fondamentale riferirlo al veterinario di fiducia, il quale adotterà la profilassi necessaria per debellare il parassita. Nel caso in cui si avessero dubbi in proposito, si dovrebbero raccogliere campioni di feci e portarle in ambulatorio.

La tenia è un parassita che può facilmente essere debellato attraverso uno specifico prodotto, il praziquantel, il quale viene somministrato con una compressa, attraverso una iniezione o per applicazione topica (ossia applicato sulla cute). Questo farmaco discioglie direttamente il parassita all’interno dell’intestino. Per sopprimere completamente la tenia, però, è indispensabile eseguire in contemporanea dei trattamenti contro le pulci, che devono interessare tutti gli animali in contatto.
Le persone, in particolar modo i bambini, possono contrarre la tenia con una ingestione accidentale di una pulce che contiene al suo interno un uovo di tenia (un evento considerato comunque raro), anche se il trattamento è molto semplice.
Ovviamente, come per tutte le malattie e parassiti, occorre una prevenzione e dei controlli regolari nel tempo, al fine di scongiurare una infestazione troppo grande ed abbreviare i tempi di guarigione. Per quanto riguarda l’uomo, è importante lavarsi le mani dopo aver giocato con il cane o gatto per eliminare ogni possibilità di contrarre questo fastidioso parassita.

La tenia nell’Uomo:

tenia4Malattia parassitaria dovuta all’infestazione da parte di un verme adulto, la tenia, comunemente denominato “verme solitario”. Le tenie sono parassiti piatti (cestodi) di lunghezza variabile da qualche millimetro a vari metri. La loro estremità anteriore, detta scolice, è munita di ventose e di un rostrello uncinato, e funge da organo di fissazione sulla mucosa dell’intestino tenue. Il corpo è formato da segmenti più o meno rettangolari contenenti gli organi genitali maschili e femminili (i vermi sono ermafroditi). Il numero dei segmenti è variabile a seconda del tipo di tenia.

Se ne distinguono quattro, a seconda della specie di tenia responsabile dell’infestazione:

  •   Taenia saginata, il tipo più diffuso in Italia, trasmessa mediante ingestione di carne bovina;
  •   Taenia solium, trasmessa attraverso l’ingestione di carne di maiale;
  •   Diphyllobothrium latum, agente della botriocefalosi, trasmessa mediante ingestione di pesci d’acqua dolce;
  •  Hymenolepis nana, responsabile dell’imenolepiasi, parassitosi frequente nei bambini: è una piccola tenia   trasmessa mediante l’ingestione di insetti (pulci, vermi della farina) e, soprattutto, delle uova del verme nei Paesi tropicali.

Le tenie, a eccezione dell’Hymenolepis nana, si trasmettono all’uomo attraverso alimenti contenenti larve e non sufficientemente cotti.

La teniasi si manifesta con stanchezza, inappetenza (o al contrario, in alcuni casi, grande appetito), dolori addominali, talvolta diarrea e prurito. Gli esami del sangue rivelano un aumento del numero dei globuli bianchi eosinofili. Una persona infestata dalla tenia bovina elimina spontaneamente attraverso l’ano frammenti di verme, che hanno l’aspetto di tagliatelle, rosee o biancastre, mobili.

L’assunzione di un purgante, per stimolare l’evacuazione intestinale del parassita, è assolutamente inutile; risulta invece efficace la somministrazione orale di una o due dosi di un farmaco antiparassitario attivo contro la tenia. Due sono i principi attivi utilizzati: la niclosamide e il praziquantel; il parassita muore subito e viene eliminato in frammenti digeriti. La prevenzione si basa sulla cottura della carne e del pesce.

Tenia

La tenia è un verme piatto e segmentato appartenente all’ordine dei cestodi. La testa delle tenie, o scolice, è munita di organi di fissazione (ventose, uncini) che permettono al verme di attaccarsi sulla parete intestinale dell’ospite parassitario.

Specie di tenia

tenia (1)Le specie di tenie che possono parassitare l’uomo, determinando teniasi, sono diverse. Le più importanti sono la tenia saginata, la tenia solium e l’hymenolepis nana, la tenia echinococco. Tenia saginata o tenia del bue. Detta verme solitario, perché è sempre unica, la tenia saginata adulta misura parecchi metri di lunghezza (fino a 10-12 metri); ha una testa (o scolice) piriforme di 1-2 mm di diametro, dotata di quattro ventose, ma non di uncini (tenia inerme) ed un corpo nastriforme composto da un gran numero (1.500/2.000) di segmenti giustapposti chiamati proglottidi. La testa di questa tenia si fissa sulla parete della porzione iniziale dell’intestino tenue. Dal corpo formato da proglottidi, che man mano che si avvicina all’estremità distale del verme sono sempre più lunghe che larghe, si distaccano ad una ad una le proglottidi mature (5-20 mm di lunghezza per 5-7 mm di larghezza) e, forzando attivamente l’ano, lasciano l’intestino dell’ospite. Nell’ambiente esterno tali proglottidi assumono un aspetto ambrato, si essiccano e si schiudono liberando le uova contenute.

A questo punto è necessario che un ospite intermedio, un bovino, ingerisca l’uovo perché il ciclo evolutivo della tenia prosegua. Nell’intestino del bue, l’embrione, o cisticerco, lascerà, quindi, l’uovo e raggiungerà i tessuti muscolari dove completerà il suo sviluppo. Se l’uomo ingerisce carne di bue mal cotta, infestata da cisticerchi, in due o tre mesi nel suo intestino si svilupperà una tenia adulta. Tenia solium o tenia del tenia3maiale. Il verme adulto misura dai due agli otto metri di lunghezza e ha una particolarità: la sua testa è provvista di uncini (tenia armata) e le sue proglottidi si distaccano a gruppi di sei-otto contemporaneamente e vengono evacuate passivamente con le feci. L’ospite intermedio è il maiale, nel quale l’infestazione di cisticerchi è denominata panicatura. L’uomo si infesta mangiando carne di maiale malcotta. Hymenolepis nana. Questo tipo di tenia è più frequente nei climi tropicali. Tenia echinococco.

L’Echinococcus granulosus è in grado di parassitare l’uomo allo stadio larvale, provocando una malattia grave chiamata echinococcosi che determina la formazione della cosiddetta cisti itatidea nel fegato o nel polmone. Tenia del cane. Il Dipylidium canium, allo stato adulto, può casualmente parassitare l’uomo.

Infestazione da tenia

La tenia determina una affezione detta appunto teniasi. Spesso, la presenza di una tenia nell’intestino non provoca notevoli disturbi, perciò attira l’attenzione solo la scoperta di proglottidi nei vestiti o nelle feci. Tuttavia, la teniasi può determinare alcuni sintomi quali la nausea, eruttazione, vomito biliare, dolori addominali, digestione difficile. Nei bambini possono inoltre comparire disturbi nervosi quali ansietà, irritabilità, eccezionalmente anche convulsioni.

Prevenzione della tenia

La prevenzione si basa unicamente sulla corretta cottura delle carni e sulle basilari norme igieniche come il corretto lavaggio di ortaggi e frutta; è importante evitare di portare alla bocca le mani che possono essersi contaminate toccando la pelle di animali imbrattati di fango e quindi di uova di tenia (es. maiali), o contaminate da feci di ammalati di tenia.

Terapia e cura della tenia

Teniasi – Farmaci per la cura dell’infezione da Tenia

L’infezione da tenia viene eradicata, generalmente, con un semplice trattamento farmacologico; solo nei casi più severi, la teniasi può essere debellata soltanto tramite un piccolo intervento chirurgico. Il problema più difficile consiste nella diagnosi: spesso, infatti, si fatica a trovare una risposta al quadro sintomatologico. La presenza della tenia nell’intestino può essere accertata esclusivamente tramite l’esame obiettivo delle feci. Da queste parole si comprende come l’immediata visita medica, a partire dai primissimi sintomi sospetti, sia indispensabile per allontanare il parassita nel più breve tempo possibile.
La teniasi può essere prevenuta attraverso il consumo di carni ben cotte, soprattutto quelle sospette e di dubbia provenienza; anche la congelazione della carne prima della cottura può essere una valida opzione preventiva alla teniasi.
La terapia farmacologica, nella stragrande maggioranza dei casi, si pone l’obiettivo primario di eradicare la tenia dall’intestino e, quando necessario, dai tessuti attigui contaminati: il farmaco, staccando la testa del parassita dalla parete dell’intestino dell’ospite, favorisce l’allontanamento dello stesso tramite l’evacuazione. Non a caso, la terapia farmacologica con questi farmaci (di seguito elencati nel dettaglio) è spesso associata alla somministrazione di lassativi, utilissimi per favorire l’evacuazione, dunque anche l’espulsione della tenia.

 

Di seguito sono riportate le classi di farmaci maggiormente impiegate nella terapia per la teniasi, ed alcuni esempi di specialità farmacologiche; spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato ed alla sua risposta alla cura:

  • Praziquantel  (es. Droncit, Tremazol): si tratta di uno dei farmaci antielmintici più utilizzati in assoluto per la cura della teniasi; il principio attivo agisce aumentando la permeabilità di membrana del parassita, provocandone la paralisi. Per il trattamento di Taenia saginata e Taenia solium, si consiglia di assumere il farmaco alla dose di 5-10 mg/kg per via orale, in singola dose. In passato, la dose raccomandata era di 20mg/kg, da assumere in un’unica dose. Il farmaco non è commercializzato in Italia.
  • Paromomicina (es. Humatin). Il farmaco appartiene alla classe degli amebiacei-aminoglicosidi, ed è attivo contro la tenia. Indicativamente, si raccomanda di somministrare il farmaco alla dose di 1 grammo, per via orale, ogni 15 minuti per 4 dosi. La paromomicina non è il trattamento di scelta per la cura della teniasi, mentre è utilizzato normalmente in terapia per la cura della leishmaniosi.
  • Albendazolo (es. Zentel): indicato per il trattamento dell’Echinoccus granulosus, una piccola tenia che non supera i 7 mm di lunghezza. In tal caso, assumere il farmaco alla dose di 400 mg per via orale, due volte al giorno per 1-6 mesi.
  • Niclosamide (es. Yomesan, Niclocide): il farmaco è attivo contro le infezioni da cestodi; tuttavia, NON agisce sugli stadi larvali. Il farmaco agisce probabilmente inibendo la fosforilazione ossidativa o stimolando l’attività dell’ATPasi. Prima del trattamento con questo farmaco si consiglia di assumere un antielmintico, mentre dopo il trattamento con la niclosamide si raccomanda di assumere un lassativo per velocizzare l’evacuazione della tenia. Anche questo farmaco non è privo di effetti collaterali; tra i più noti, ricordiamo: disturbi gastrointestinali, prurito, vertigini. Si raccomanda di assumere il farmaco in un’unica dose da 2 grammi, da somministrare al mattino, a digiuno; il farmaco è reperibile sottoforma di compresse masticabili, da deglutire successivamente con acqua.
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Sacrofano, 47 enne ruba un falco e chiede 650 euro di riscatto

falco-sacrofano_fullHa sfruttato le sue abilità di addestratore di uccelli per impossessarsi di un falco. Poi per restituire Spyke, questo il nome del volatile, ha minacciato il proprietario e chiesto 650 euro di riscatto. E’ stato arrestato ieri mattina, per estorsione, un 47enne italiano, dai Carabinieri di Sacrofano e dell’aliquota radiomobile della compagnia Roma Cassia. L’arrestato, già conosciuto alle forze dell’ordine, collaborava con una società che gestisce l’allevamento di falchi per l’impiego in ambito civile (ecologico e protezione ambientale), e approfittando dell’assenza del titolare, si è recato presso l’allevamento e sfruttando le proprie capacità è riuscito ad impossessarsi di un falco, Spyke.

L’ESTORSIONE – Il 47enne, per restituire il volatile,  ha minacciato il titolare dell’allevamento chiedendo in cambio 650 in contanti. La vittima a quel punto ha deciso di rivolgersi ai Carabinieri della Stazione di Sacrofano. L’estorsore e la vittima hanno fissato l’incontro per lo scambio ma oltre a loro due, all’appuntamento si sono presentati anche i militari dell’Arma, osservando la scena a distanza, e a scambio avvenuto sono usciti allo scoperto ammanettando il 47enne e recuperando sia il denaro sia il falco che, in buone condizioni, è stato poi restituito al suo padrone. L’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. L’uomo è stato sottoposto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

fonte: ansa

Abbandonare gli animali

cane abbandonatoOgni anno, a fine estate, il bollettino degli animali abbandonati conferma la triste realtà di un fenomeno che non cessa di verificarsi. Al di là di inciviltà e disaffezione, quali sono i motivi che spingono all’abbandono degli animali?

Sono più di 100.000 gli animali che ogni anno vengono abbandonati in seguito alle vacanze estive. Perché, malgrado gli appelli delle associazioni, questo fenomeno incivile continua a verificarsi?

 

Anche se non si possono stabilire tutte le ragioni che inducono i padroni e  i “genitori di animali” a compiere gesti così atroci, proviamo a individuarne qualcuna. In alcuni casi può senz’altro trattarsi di persone ammalate o molto anziane che in qualche modo sono costrette a rivolgersi all’ENPA (Ente Protezione Animali) per dare i loro cani o gatti o canarini in affidamento. In questi casi è l’impotenza del padrone che induce ad abbandonare gli animali, confidando nella disponibilità della gente ad accogliere cani e gatto, a patto che appaiano gradevoli.

abbandono_caniMeno fortunati sono gli animali molto grandi e “poco gradevoli” che magari appaiono malati o che invece sono soltanto sporchi.

 

Avvilente e disumano, oltre che incivile, è il caso in cui l’abbandono non nasce da una necessità, ma solo dalla scomodità di prendersi cura dell’animale o di scegliere vacanze adeguate che annoverino il cane come parte della famiglia.

 

Così ad un certo punto il padrone smette di essere amorevole per trasformarsi in un individuo meschino che improvvisamente fa scendere dall’auto il proprio cane, magari in un posto di campagna, e scappa velocemente senza guardarsi indietro.

 

Ma l’abbandono degli animali non induce un senso di colpa nei padroni non più amorevoli?

Secondo Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna non è il senso di colpa il punto centrale della questione. “Penso che alcune di queste persone abbiano un’immagine di se stessi che riecheggia in loro un senso di indegnità. Evidentemente, qualche ragione antica ha creato in loro un senso di vuoto, di squallore, di inconsistenza ecc. Forse non sono stati visti e considerati adeguatamente, non hanno sentito lo spessore della propria identità, si sono sempre percepiti anonimi. Pertanto la colpa che deriva dall’abbandonare un animale domestico al quale sono affezionati è superata dal bisogno inconscio di negare gli affetti, i sentimenti e le emozioni, perché è questo che si sono raccontati per tanto tempo”.

Gli affetti, per queste persone, sono segno di debolezza e di dipendenza. Siccome gli animali domestici evocano fortemente affetti ed emozioni (che hanno in particolare l’accezione della tenerezza), abbandonandoli, oltre che per le ragioni contingenti di scomodità nel tenerli, fanno trionfare in se stessi l’indifferenza e la superioritànell’apparente dominio delle emozioni e degli affetti.

“E’ come se dicessero inconsciamente – prosegue Pani – non sono debole o dipendente, ma sono capace di abbandonare il mio cane e quindi di esorcizzare l’angoscia del contare poco; se sono stato poco visibile o poco considerato a suo tempo, se mi sento una persona da poco…ecco ora che dimostro a me stesso che posso farcela lo stesso…il cane è sempre un cane, se non sopravvive pazienza”.

A queste riflessioni di natura psicologica, concorre un certo retaggio storico. Non dimentichiamo infatti che fino a 60 anni fa, in Italia la gente di campagna sopprimeva animali domestici quando si riproducevano in eccesso. Questa è la cultura storica dalla quale proveniamo, anche se oggi fortunatamente sappiamo ascoltare un po’ meglio i nostri sentimenti per gli animali. L’evoluzione fortunatamente è anche questo.

Chi abbandona un animale commette un reato e in base alla Legge 189/04 e può essere punito con l’arresto fino a un anno o con un’ammenda sino a 10.000 euro.

Se assisti a un caso di abbandono fai sentire la tua voce, e denuncia alle autorità giudiziarie (Carabinieri/Polizia di Stato/Corpo Forestale/Polizie locali) i colpevoli di tali atti e raccogli tutti gli elementi necessari ad inviduare i responsabili (numero di targa etc..): contribuirai a far applicare le sanzioni previste dalla legge e a fermare gli abbandoni.

di Alessandra Montelli

Cosa fare se trovate un cane vagante?

E’ necessario avvicinarlo con estrema prudenza e calma per non spaventarlo, mai in maniera troppo diretta e rapida, e controllare se è provvisto di medaglietta e/o tatuaggio sulla coscia destra o nell’orecchio destro (potrebbe avere anche solo il microchip ma questo si può capire solo con un lettore in dotazione a Servizio Veterinario Azienda Usl e, talvolta, a veterinari liberi professionisti, Polizie locali).

 

In assenza di medaglietta recante un numero di telefono o di altra informazione per risalire al proprietario, ai sensi delle leggi regionali che hanno recepito la legge nazionale n. 281/91 sulla tutela degli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo, è obbligatorio denunciarne il ritrovamento presso una forza di Polizia oppure al Servizio Veterinario della Azienda Usl.

La denuncia certificherà peraltro la condizione di cane vagante ritrovato e servirà a perseguire il responsabile dell’eventuale abbandono.

Il cane vagante sarà consegnato, unitamente al verbale della Pubblica Autorità, alla struttura di accoglienza – pubblica o privata convenzionata – competente per territorio ovvero al canile municipale o al canile convenzionato con il Comune sul cui territorio è stato ritrovato il cane.

Chi consegna il cane a una struttura pubblica non accompagnato da regolare denuncia ne diventa automaticamente il nuovo proprietario e sarà tenuto a pagare tutte le spese sanitarie e di mantenimento presso la struttura stessa.

Potrà essere la struttura, in assenza di posto o prendendo atto dell’esplicita volontà della persona che l’ha trovato, a predisporre un affidamento provvisorio in attesa delle indagini sul ritrovamento frutto di un abbandono o uno smarrimento.

Se il cane si trova su una sede stradale o nei pressi e può essere un pericolo per sé e per gli altri chiamate immediatamente per evitare un possibile incidente automobilistico la Polizia Stradale presso la Polizia di Stato n.113 o per le strade urbane la Polizia locale presso il centralino del Comune o della Provincia.

Trovare un uccellino a terra

rondoneAvete trovato un piccolo uccellino in difficoltà e non sapete come comportarvi? Con qualche piccolo accorgimento potrete dargli tutte le cure necessarie senza sbagliare, in attesa di consegnarlo a un centro di recupero specializzato.

E’  fondamentale sapere che la detenzione di tutta la fauna selvatica è vietata dalla legge dello Stato n. 157/92 e che entro 24 ore l’animale deve essere consegnato ad un ente autorizzato e competente.

Ma raccogliere un nidiaceo (un piccolo di uccello) può non essere sempre utile per la sua salute. Infatti la maggior parte di loro abbandona il nido quando ancora non sono provetti volatori. Trovarne uno per terra, che sia in un bosco o su di un marciapiede, non vuol dire essersi imbattuti in un uccellino abbandonato: al contrario, i genitori li accompagnano volata dopo volata verso l’autonomia e raccoglierlo in questa fase vorrebbe dire strapparlo alle loro cure. Inoltre l’uccellino potrebbe sviluppare il fenomeno dell’imprinting nei confronti dell’umano, pregiudicandone così il futuro.

E’ necessario quindi fare una prima distinzione:

– Nidiacei sani. Devono essere lasciati nel luogo di ritrovamento, a meno che non vi sia un rischio immediato (passaggio di auto o presenza di  predatori, come cani e gatti, o di elementi di particolare disturbo)

– Nidiacei in stato di pericolo. Il pericolo può consistere nella presenza di cani, gatti, automobili e così via. L’ideale è allontanare l’uccellino dalla condizione di rischio (ad esempio, allontanarlo dalla strada o dalla minaccia del cane o del gatto) e vigilare su di lui da lontano in attesa che i genitori lo accudiscano.

– Nidiacei feriti. E’ necessario recuperarli e dar loro le cure necessarie a sopravvivere, in attesa di consegnarli a un centro specializzato.

Se questo è il vostro caso, ecco alcune accortezze da seguire:

– Procuratevi una scatola di cartone poco più grande dell’uccello e praticate dei fori sulla parte alta per permettere l’aerazione. Non usate mai una gabbietta o un trasportino: insofferente alla cattività, l’uccello potrebbe agitarsi e procurarsi ulteriori lesioni. Non inserite con lui né cibo né acqua perché potrebbe sporcarsi infettando le eventuali ferite e non ponetelo sopra a una fonte di calore quale un termosifone acceso o una stufa: piuttosto, usate una borsa dell’acqua calda.

– Non somministrate mai mollica di pane, latte o derivati del latte a nessun uccello, che sia giovane o adulto.

– Ricordate però che, in questa situazione di primo soccorso, durante il giorno un pulcino ha bisogno di mangiare e bere ad intervalli diversi a seconda dello stadio di sviluppo: circa ogni mezz’ora per i nidiacei implumi e ogni 2-3 ore per i nidiacei impiumati. Come alimenti universali di emergenza potete somministrare omogeneizzato di carne, pezzettini di carne cruda o camole (larve della farina o del miele) e acqua con un contagocce o una siringa senza ago.

Se il vostro uccellino in difficoltà è un rondone, vi sono ulteriori accorgimenti da seguire. Infatti questi uccelli appartengono all’ordine degli apodiformi (dal greco “senza piedi”) e, una volta atterrati per errore o incidente al suolo, non sono più in grado di darsi lo slancio necessario a spiccare di nuovo il volo. L’intervento dell’uomo, in questo caso, può salvare loro la vita.

– Se si tratta di un rondone adulto, lo potete riconoscere perché le ali, incrociate sul dorso, superano la fine della coda di circa 2-3 cm. In assenza di ferite, spesso tornerà a volare grazie a una semplice operazione di lancio e non sarà necessario il ricovero. Ad ogni modo vi consigliamo di portarlo in un centro di recupero poiché l’operazione di lancio deve essere eseguita da personale esperto. Qualora fosse necessario alimentarlo, si potrà somministrargli omogeneizzato di carne, camole della farina o del miele e acqua con un contagocce o una siringa senza ago.

– Se si tratta di un rondone giovane, anche senza ferite non sarà in grado né di volare né di alimentarsi e quindi va consegnato immediatamente a un centro di recupero per il soccorso.

Fonte: youanimal.it

Uccide Poiane a bastonate, guardiacaccia arrestato in Inghilterra

poiane uccise a bastonateColin Burne, guardia caccia di 64 anni, è stato colto in flagrante mentre, con un grosso bastone, entra nella trappola in cui si trovano 2 poiane ed una ad una, le finisce a bastonate. Tutta la sequenza è stata tragicamente ripresa da una telecamera nascosta che ha documentato il reato. Non si sa ancora da quanto tempo perpetua questo gesto ma dalla scioltezza con cui si muove si percepisce che è molto pratico e sicuro nei suoi movimenti. Colin Burne, colto sul fatto, non ha potuto fare altro che ammettere le sue colpe ed è stato arrestato. Ancora sconosciuto il numero delle poiane uccise fino all’arresto. Di seguito il terribile video che inchioda il guardia caccia.

Sbranato dalle tigri che accudiva Tragedia nell’ex parco a Pinerolo

tigre

La vittima, Mauro Laggiard, da anni gestiva i felini rimasti

PINEROLO

tigreE’ stato sbranato dagli animali che amava al punto da non voler lasciare il parco , ormai abbandonato. Così è morto Mauro Laggiard, 72 anni, che viveva nel parco ornitologico Martinat di Pinerolo, nel torinese. Al momento non si conosce ancora la dinamica di quanto avvenuto. Sul Parco ormai chiuso ai visitatori e su come venivano tenute le tigri e un leopardo erano intervenute più volte le associazioni di animalisti, chiedendo anche l’intervento delle autorità e dell’Asl. I controlli avevano accertato la salute delle tigri e i titolari si erano sempre opposti a ogni possibile spostamento degli animali.

L’uomo è stato assalito e ucciso probabilmente mentre portava il cibo ai felini. Nell’oasi naturale vicino a San Pietro Val Lemina – dove si è verificata la tragedia – Carla Agosteo e suo marito Mauro Laggiard avevano hanno rinunciato a tutto pur di stare accanto alle loro tigri. Una sorta di simbiosi che li aveva portati a rinunciare a una comoda casa per vivere in una roulotte all’interno dell’ex parco ornitologico Martinat. Un parco che si estende su otto ettari fra San Pietro Val Lemina e Pinerolo. Negli anni la famiglia felina è cresciuta; oggi le tigri sono dieci, cinque adulti e cinque cuccioli, più un leopardo. Ovviamente i veterinari dell’Asl3 si sono preoccupati e così pure il sindaco di Pinerolo, Eugenio Buttiero, che deve garantire la sicurezza della zona. Gli animali sono rinchiusi all’interno di ampie gabbie di ferro in virtù di una vecchia convenzione, ormai scaduta, con il fondatore del parco, Sergio Martinat, morto da alcuni anni. Nelle scorse settimane dice Giorgio, il figlio di Sergio, aveva spiegato: «Ora il parco è chiuso al pubblico; per accedere alla gabbie ci sono doppi o tripli cancelli, ma in ogni caso le preoccupazioni rimangono». Gli animali non sono stati sterilizzati, e se è già difficile gestire dieci felini, il rischio di un progressivo aumento era reale.

Il sindaco stava valutando una serie di soluzioni. Aveva spiegato: «Abbiamo instaurato un tavolo con i veterinari e i nostri vigili per monitorare la situazione. I veterinari comunque mi hanno riferito che gli animali sono allevati con cura e non sono denutriti». Quella della coppia di gestori è una lunga storia: da quasi 30 anni accudisce le tigri, senza mai pensare di trovare un’altra sistemazione, neanche quando si sono verificati degli incidenti. Entrambi, infatti, sono stati feriti dagli artigli delle loro tigri. Mauro Laggiard e sua moglie avevano un banco di formaggi al mercato, poi hanno deciso di chiudere questa attività per dedicarsi interamente agli animali, ai quali sono legatissimi. Diceva Laggiard: «Mia moglie non accetterebbe mai di cedere le sue tigri ad un circo e del resto chi sarebbe disposto ad abbandonare a un futuro incerto il suo cane?». E ricordava un episodio: «Carla molti anni fa aveva una pelliccia di leopardo. Quando le è morto il cagnolino ha deciso di seppellirlo avvolto nella pelliccia. Del resto gli animali morti erano due e in due dovevano essere sepolti. Certo, le tigri danno tanto lavoro, ma le soddisfazioni ti ripagano delle fatiche. Io entro nelle gabbie, fin da piccolo sono stato abituato a conoscere questi animali, mio padre aveva già un leopardo».

fonte: lastampa.it

Zecca Killer, individuata anche in Italia

zeccaIndividuata anche in Italia la zecca ixodes, causa di meningoencefaliti e altre malattie virali.
Passeggiando per prati e boschi può capitare di imbattersi in piccoli insetti a prima vista innocui, delle dimensioni di una coccinella.

Sono le zecche.

zecca-2Le zecche vivono tra i cespugli e sono sempre in agguato, pronte per saltare alla prima occasione sul malcapitato, animale o uomo, che diventerà il loro pasto per parecchi giorni.

Le zecche non sono proprio insetti ma artropodi dell’ordine degli Acarina, insomma della stessa famiglia di ragni e acari. Sono ematofagi, cioè si nutrono del sangue dell’ospite al quale si sono attaccate, e si possono definire parassiti in quanto restano attaccati al loro “cibo” perdiverso tempo, aumentando di dimensioni.

L’ ultimo allarme in Italia, soprattutto nel Triveneto, è stata la comparsa di una particolare specie di zecca, abitante normalmente in Europa orientale: la zecca Ixodes Ricinus.

zecca-Ixodes_ricinus_2Sebbene originaria dell’Europa dell’est, questa specie, riuscendo a sopravvivere in differenti condizioni ambientali, si è conquistata un’ampia distribuzione geografica, arrivando a comparire dal Portogallo alla Russia e dal Nord Africa alla Scandinavia.

L’allarme in Italia deriva principalmente dalle possibili malattie trasmissibili col morso di questa zecca, in alcuni casi letali: la Tick borne encephalitis (meningoencefalite) e la malattia di Lymes.

La Tbe o Tick borne encephalitis è un’infiammazione del cervello, in questo caso specifico provocata da virus trasmesso appunto tramite il morso della zecca ixodes, che può provocare danni neurologici anche gravi.
Fabrizio Pregliasco, ricercatore al Dipartimento di Scienze biomediche all’Università degli Studi di Milano, spiega: “La meningoencefalite è una malattia non facile da diagnosticare perché dà una sintomatologia simil-influenzale una leggera febbre, mal di testa, dolori muscolari che compaiono a distanza di 7-14 giorni dal morso, cui può seguire una seconda fase con l’interessamento del sistema nervoso centrale e possibili danni permanenti o invalidanti. È una patologia che sta emergendo nell’evidenza dei numeri, ma è ancora sottostimata perché molti casi lievi non vengono registrati”

zecca-tbe_immunization_ppTra le tre varianti della meningoencefalite, continua Pregliasco quella presente in Italia è per fortuna la meno grave.

Ad una prima fase ne può succedere una seconda, anche dopo diverse settimane, con febbre elevata confusione mentale, perdita di sensibilità e paralisi agli arti. Ma solo nel 1-2% dei casi è mortale.

In Italia, vista la sempre maggiore diffusione della zecca killer, le autorità hanno chiesto di inserire la Tbe tra le malattie notificabili.

Cosa fare allora se si viene punti da una zecca?

  • Intanto va ricordato che il morso della zecca, grazie all’effetto anestetico della sua saliva, è indolore e non provoca alcun sintomo immediato, e va inoltre sottolineato che non sempre quando si viene punti si contraggono infezioni e malattie, ma bisogna fare cautela e seguire poche semplici regole.
  • Se ci si accorge di avere l’animale ancora piantato nella pelle agite con cautela ma con rapidità: meno la zecca sta a contatto più diminuisce il rischio contagio
  • Staccate la zecca dalla pelle con una pinzetta con una torsione, non strappatela dall’epidermide.
  • Non applicate unguenti oleosi
  • Disinfettate la parte con amuchina
  • Informate il medico curante al più presto.
  • Segnate sul calendario la data. Nei successivi 40 giorni osservate se attorno al morso compare l’eritema
  • Non prendete antibiotici per non mascherare eventuali possibili segni di incubazione.
  • Ancor prima, per evitare fobie e inutili preoccupazioni, ricordate che fare attenzione quando si va in giro nei prati non significa però non godersi il sole e l’aria aperta.

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Come trasportare in aereo animali

IN AEREO…

gatto-trasportino

Attenzione!! dal 01-06-2013 sono cambiate le normative sulle caratteristiche dei trasportini!! Ora possono viaggiare ESCLUSIVAMENTE trasportini dotati di porticina e prese d’aria in metallo come da foto qui sotto.

trasportino_omologato_iata_per_far_viaggiare_gli_animali_in_aereo_medium

…CON ALITALIA

da www.alitalia.com

CANI E GATTI
Per viaggiare negli stati membri dell’Unione Europea, i cani e i gatti devono essere muniti di:
•    un passaporto rilasciato da un veterinario, che riporti le vaccinazioni e lo stato di salute dell’animale
•    un tatuaggio leggibile o un sistema elettronico di identificazione (transponder)

Ricorda inoltre che:
•    gli animali di età inferiore ai 3 mesi, quindi non ancora sottoposti al vaccino antirabbia, non possono viaggiare in Europa
•    per l’ingresso in Svezia è obbligatorio anche il trattamento antiparassitario contro echinococco e zecche
•    nel Regno Unito e in Irlanda non è consentito il trasporto di animali nè a bordo, né in stiva, né come merce
•    in alcuni paesi vigono divieti o limitazioni all’introduzione di alcune specie animali
•    il trasporto di cani guida per passeggeri non vedenti e/o non udenti è gratuito e senza limiti di peso; per maggiori informazioni visita la pagina dedicata all’assistenza prevista per i passeggeri non udenti e non vedenti.

VOLATILI
Per prevenire la diffusione dell’influenza aviaria, l’Unione Europea e il Ministero della Salute hanno disposto il divieto assoluto di accettazione di volatili da compagnia originari dei paesi asiatici, di Turchia, Russia, Sud Africa, Romania e di tutti gli stati della penisola balcanica.

TRASPORTO IN CABINA O IN STIVA?
L’animale domestico è soggetto al pagamento di un supplemento rispetto alla normale franchigia.
Il trasporto in cabina è soggetto a specifiche condizioni:
•    l’animale deve rimanere per tutto il viaggio in un trasportino che non superi queste dimensioni:
♦ 40 cm di lunghezza
♦ 20 cm di larghezza
♦ 24 cm di altezza
•    Il trasportino deve consentirgli di stare in posizione comoda, di potersi girare e accucciarsi; dev’essere ben aerato, impermeabile e robusto.
•    il trasportino può trasportare fino a 5 animali della stessa specie, a condizione che il peso totale (compreso il cibo e il trasportino stesso) non superi i 10kg.
•    se non disponi di un tuo contenitore, ti invitiamo ad informarti con qualche giorno di anticipo circa la disponibilità degli stessi presso lo scalo di partenza; presso gli scali serviti puoi acquistare uno dei 2 modelli messi a disposizione da Alitalia, uno per il trasporto in cabina, l’altro per il trasporto nella stiva.
•    nel caso in cui non siano rispettate le suddette condizioni oppure se l’animale arreca disturbo ai passeggeri, il Comandante titolare del volo può farlo trasferire nella stiva.

Poiché il servizio non è disponibile su tutti gli aeromobili e le dimensioni massime imbarcabili variano a seconda dell’aeromobile utilizzato, è importante informarsi in anticipo contattando il Numero Unico 06 2222.

 

…CON MERIDIANA

da www.meridiana.it

A bordo dei voli Meridiana fly è consentito esclusivamente il trasporto di cani, gatti, volatili, conigli, porcellini d’india e criceti; purché il passeggero, con cui viaggiano al seguito in cabina, sia munito di tutta la documentazione sanitaria prevista dalla vigente legislazione. In ottemperanza a quanto previsto dagli standard di Compagnia, sul medesimo volo possono essere imbarcati in cabina al massimo due contenitori e non più di uno per passeggero. Pertanto la prenotazione, previa verifica della disponibilità, e la conferma del trasporto dell’animale a bordo è effettuabile esclusivamente tramite il Call Center; anche qualora il passeggero si rivolga alla propria Agenzia di Viaggio di fiducia, è sempre necessario che l’Agenzia contatti il vettore.

L’animale deve essere posto a cura del passeggero in un contenitore rigido o borsa a tenuta stagna, resistente e sicuro provvisto di un’apertura per una sufficiente aerazione; i contenitori imbarcati in cabina non devono eccedere le seguenti dimensioni: cm 48x33x29.

L’animale, il contenitore e l’eventuale cibo, in cabina, non devono superare il peso complessivo di 10 Kg (5kg sui voli operati da A/M ATR); inoltre, l’animale non deve emanare odore sgradevole e deve rimanere esclusivamente nel contenitore.

È comunque facoltà del Comandante provvedere al trasferimento dell’animale nella stiva qualora l’animale arrechi fastidio agli altri passeggeri. In ottemperanza a quanto previsto dagli standard di Compagnia, sul medesimo volo possono essere imbarcati in cabina al massimo due contenitori e non più di uno per passeggero.

Il servizio di trasporto animali in stiva è disponibile sui voli operati con aeromobili MD80 – MD82 – A330. La richiesta deve essere effettuata al momento della prenotazione dei voli ed è soggetta a conferma da parte della Compagnia (è infatti ammesso l’imbarco di non più di quattro contenitori in stiva).

Nel caso in cui l’aeromobile non sia abilitato al trasporto dell’animale in stiva, e pertanto la prenotazione non venga riconfermata da parte del call center a 12 ore dalla partenza, al passeggero proprietario dell’animale spetta il solo rimborso integrale del biglietto non utilizzato e del costo del trasporto dell’animale in stiva non effettuato.

 

 … CON AIR ONE

 da www.flyairone.com

Cani e gatti 
Per viaggiare negli stati membri dell’Unione Europea, i cani e i gatti devono essere muniti di:
•    Un passaporto rilasciato da un veterinario, che riporti le vaccinazioni e lo stato di salute dell’animale
•    Un tatuaggio leggibile o un sistema elettronico di identificazione (transponder)
Ricorda inoltre che:
•    Gli animali di età inferiore ai 3 mesi, quindi non ancora sottoposti al vaccino antirabbia, non possono viaggiare in Europa
•    Per l’ingresso in Svezia è obbligatorio anche il trattamento antiparassitario contro echinococco e zecche
•    Nel Regno Unito e in Irlanda non è consentito il trasporto di animali né a bordo, né in stiva, né come merce
•    In alcuni paesi vigono divieti o limitazioni all’introduzione di alcune specie animali
Per prevenire la diffusione dell’influenza aviaria, l’Unione Europea e il Ministero della Salute hanno disposto il divieto assoluto di accettazione di volatili da compagnia originari dei paesi asiatici, di Turchia, Russia, Sud Africa, Romania e di tutti gli stati della penisola balcanica.
Animali consentiti a bordo: Cane, gatto, furetto, criceto, uccelli esclusi pappagalli e coniglio.

Trasporto in cabina

L’animale domestico è soggetto al pagamento di un supplemento rispetto alla normale franchigia per un peso massimo fino a 10 kg, inclusi gabbia e cibo.

[Per le regole tariffarie e i prezzi consultare il sito di Air One]

Il trasporto in cabina è soggetto a specifiche condizioni:
•    L’animale deve rimanere per tutto il viaggio in un trasportino che non superi queste dimensioni:
o    40 cm di lunghezza
o    20 cm di larghezza
o    24 cm di altezza

•    Il trasportino deve consentirgli di stare in posizione comoda, di potersi girare e accucciarsi; dev’essere ben aerato, impermeabile e robusto
•    Il trasportino può trasportare fino a 5 animali della stessa specie, a condizione che il peso totale (compreso il cibo e il trasportino stesso) non superi gli 10 Kg
•    I recipienti per il cibo e/o bevande dovranno essere richiudibili per evitare la fuoriuscita accidentale del loro contenuto.
•    Se non disponi di un tuo contenitore, ti invitiamo ad informarti con qualche giorno di anticipo circa la disponibilità degli stessi presso lo scalo di partenza; inoltre presso gli scali serviti puoi acquistare in biglietteria il modello adatto per il trasporto in cabina
•    Nel caso in cui non siano rispettate le suddette condizioni oppure se l’animale arreca disturbo ai passeggeri, il Comandante titolare del volo può prendere dei provvedimenti
Poiché il servizio è contingentato è importante informarsi in anticipo contattando il Call Center Air One 199 20 70 80.

 

 …CON AIR FRANCE

da www.airfrance.it

In cabina

Animali accettati
In cabina possono essere trasportati, con riserva di un accordo del servizio Vendita per telefono:

•    i cani e i gatti di peso inferiore ai 6 Kg (borsa o cassa di trasporto inclusa)
•    i cani da guida, qualunque sia il loro peso.

Inoltre, per essere ammessi a bordo, gli animali devono avere almeno 10 settimane *.

Regole di trasporto

•    L’animale deve assolutamente viaggiare in un apposito contenitore, che deve rispettare norme molto rigorose;
•    Il contenitore deve essere sufficientemente areato e deve permettere all´animale di potersi alzare e girare;
•    L’animale non deve in alcun modo uscire dal suo contenitore durante il volo.
•    La borsa in cui il suo animale viaggia è considerata un bagaglio supplementare a pagamento.

* Otto settimane per i voli in Francia metropolitana e tra la Francia metropolitana e la Guadalupa, la Martinica, la Riunione e Saint-Martin. Sedici settimane per i voli verso la Guyana.

Formalità

•    Per essere ammessi a bordo, gli animali devono aver subito tutti i vaccini obbligatori
•    Dal  3 luglio 2011 tutti i cani o gatti che viaggiano nell´Unione Europea devono essere identificati con un chip elettronico. Devono essere inoltre vaccinati contro la rabbia e in possesso di un passaporto europeo. Questo passaporto, fornito e compilato da un veterinario, permette di identificare l´animale e attesta che è stato vaccinato.
•    Attenzione: per i viaggi a destinazione dell´Irlanda, della Svezia, del Regno Unito o di Malta, sono richieste condizioni sanitarie supplementari. Le consigliamo di informarsi presso l´ambasciata del paese di destinazione.
•    Per i viaggi al di fuori dell´Unione Europea si ricordi di informarsi sulle leggi vigenti nei paesi di origine e di arrivo (vaccini, quarantena…).

 

 …CON BRITISH AIRWAYS

da www.britishairways.com

Su alcuni servizi non trasportano animali. Quando il trasporto è consentito :
Sui voli nazionali (intesi come i voli entro l’area di volo della Gran Bretagna incluse le Isole della Manica e l’isola di Man e la Repubblica di Irlanda) si applica quanto segue.
•    Soli i cani guida per persone disabili possono essere accettati nella cabina passeggeri.
•    I cani guida verranno trasportati gratuitamente salvo che il posto accanto al passeggero disabile debba essere destinato a quest’ultimo ed al suo cane guida, nel qual caso richiederemo il pagamento di una tariffa.
•    Noi trasporteremo gli animali domestici come parte del vostro bagaglio registrato o come carico, in base alla nostra politica del momento.
•    Tutti gli altri animali devono essere trasportati come merci.

Sui voli internazionali (intesi come tutti i voli diversi da quelli nazionali) si applica quanto segue.
•    I can guida per persone disabili potranno essere introdotti nella cabina dell’aeromobile nel caso sia permesso dalla legge e nel caso in cui presso l’aeroporto del caso siano state adottate le opportune disposizioni.
•    Gli animali domestici che accompagnano passeggeri disabili verranno trasportati gratuitamente salvo che il posto accanto il passeggero disabile debba essere destinato a quest’ultimo ed al suo cane guida, nel qual caso richiederemo il pagamento di una tariffa.
•    Cani guida che non possono essere introdotti nella cabina dell’aeromobile, cani e gatti domestici saranno trasportati come bagaglio registrato o carico in base alla nostra politica del momento.
•    Tutti gli altri animali devono essere trasportati come merce
•    Noi trasporteremo soltanto animali per i quali la legge permette che arrivino al luogo di destinazione o ad uno scalo intermedio come bagaglio registrato.

Su tutti i voli (siano essi nazionali e internazionali) si applica quanto segue.
•    Ad eccezione dei cani guida per passeggeri disabili, gli animali e i loro contenitori accettati come bagaglio registrato non rientrano nel vostro bagaglio in franchigia ed è dovuta una tariffa per l’eccedenza bagaglio.
•    Dovrete assicurarvi che tutti gli animali che viaggiano come bagaglio registrato siano posti in contenitori appositi, adeguati e sicuri. In caso contrario, potremmo decidere di non trasportarli.
•    Dovete presentarci tutti i certificati sanitari e di vaccinazione, i permessi di ingresso, di transito, di uscita e gli altri documenti necessari per gli animali. In caso contrario, potremmo decidere di non trasportarli.
•    Ad eccezione del caso in cui il trasporto di animali è regolato dalle norme della convenzione sulla responsabilità, noi non saremo responsabili per la loro perdita, malattia, lesione o morte, tranne nel caso di nostra colpa.
•    Noi non siamo responsabili nei vostri confronti per alcuna perdita subita a causa della mancata presentazione dei certificati sanitari e di vaccinazione, dei permessi di ingresso, transito, uscita e altri documenti necessari per i vostri animali. Dovrete rimborsarci le multe, le spese, gli oneri, le perdite o responsabilità da noi sostenute o sofferte a causa del mancato possesso di questi documenti da parte vostra.
•    Occasionalmente adottiamo dei regolamenti per il trasporto di animali. Potete chiederne una copia a noi o ai nostri agenti autorizzati.

 

 …CON KLM

da www.klm.com

Gli animali verranno trasportati solo se esplicitamente accettati da parte del Vettore al momento della prenotazione. Nel caso in cui il Vettore accetti di trasportare animali, tale trasporto dovrà essere, in ogni caso, soggetto alle seguenti condizioni:
(a) Cani, gatti, uccelli e altri animali domestici devono viaggiare in appositi trasportini e accompagnati da documentazione valida, come certificati sanitari e di vaccinazione, e permessi di ingresso o transito. Il Vettore si riserva il diritto di determinare le modalità di viaggio e di limitare il numero di animali trasportati su un volo.
(b) Se accettato come Bagaglio, l’animale e il relativo trasportino non potranno essere compresi nella franchigia, ma costituiranno eccedenza bagaglio per la quale il Passeggero sarà tenuto a pagare la tariffa in vigore.
(c) Gli animali di servizio che accompagnano Passeggeri disabili, squadre di soccorso o ufficiali governativi, verranno trasportati gratuitamente, insieme al trasportino, oltre alla franchigia Bagaglio applicabile.
(d) Se il trasporto non è soggetto al sistema di responsabilità della Convenzione, il Vettore non sarà responsabile per lesioni, perdita, malattia, o morte di un animale che ha accettato di trasportare, salvo nel caso in cui tale danno sia dovuto esclusivamente a grave negligenza o atto illecito da parte del Vettore.
(e) Il Passeggero deve preoccuparsi di ottenere e presentare tutti i documenti richiesti dalle autorità del Paese di destinazione o transito. Il Vettore non accetterà di trasportare animali che non siano in possesso dei documenti richiesti. Il Vettore non sarà responsabile per lesioni, perdite, ritardi, malattia o morte degli animali trasportati nel caso in cui il Paese, lo stato o il territorio neghi l’ingresso o il passaggio al suo interno all’animale, salvo nel caso in cui tale danno sia dovuto esclusivamente a grave negligenza o atto illecito da parte del Vettore. I Passeggeri che viaggiano con tali animali sono tenuti a rimborsare tutti i costi e i danni (ammende, perdite, risarcimenti) sostenuti dal Vettore a causa di tale situazione.
Il Vettore ha il diritto di stabilire, in qualsiasi momento e a sua discrezione, eventuali condizioni supplementari che ritiene appropriate.

 

…CON SWISS AIRLINES

da www.swiss.com

Trasportiamo gli animali alle seguenti condizioni:
•    Deve assicurare che animali quali cani, gatti, uccelli domestici ed altri animali domestici siano adeguatamente ingabbiati ed accompagnati da validi certificati sanitari e di vaccinazione, di regolari permessi di entrata, nonché da altri documenti richiesti dai Paesi di entrata o di transito. In mancanza di detti documenti, gli animali non possono essere ammessi al trasporto. Su richiesta sono disponibili presso di noi le disposizioni supplementari sul trasporto di animali.
•    Se accettiamo un animale come Bagaglio, esso non è compreso nel Suo Bagaglio in franchigia insieme al relativo contenitore ed al cibo, ma è considerato come eccedenza bagaglio, per cui è dovuto il pagamento della tariffa applicabile.
•    I cani-guida per Passeggeri disabili vengono trasportati gratuitamente in aggiunta al bagaglio in franchigia. Valgono le nostre condizioni speciali, disponibili su richiesta.
•    Qualora il trasporto di un animale non sia soggetto alle norme della Convenzione in materia di responsabilità, non rispondiamo per lesioni, perdita, malattia o morte di un animale da noi trasportato, a meno che non vi sia stata colpa grave da parte nostra.

•    Non ci assumiamo alcuna responsabilità per animali privi dei necessari documenti per l’entrata e l’uscita, dei certificati sanitari e di altri documenti connessi all’entrata o al transito nel Paese. La persona che porta con sé l’animale deve indennizzarci qualsiasi pena pecuniaria, debite spese, perdite o pagamenti a titolo di risarcimento dei danni provocati o a noi imposti in conseguenza della mancanza di documenti.

 

 …CON LUFTHANSA

da www.lufthansa.com

Lufthansa trasporta gli animali in cabina o nella stiva dell’aeromobile, a seconda del loro peso e delle loro dimensioni. Devono naturalmente essere rispettate le norme di legge per la protezione degli animali e le disposizioni per l’importazione e l’esportazione dei paesi interessati. Per alcune razze di cani vengono applicate condizioni di trasporto particolari.

Avvisare per tempo
Se vuole portare con sé animali su un volo Lufthansa lo comunichi al momento della prenotazione, e comunque almeno 24 ore prima della partenza, telefonicamente al numero 199 400 044 (da rete fissa 0,10 Euro/min. +IVA, da rete mobile la tariffa varia secondo l’operatore utilizzato) o personalmente al nostro Lufthansa Airport Ticket Team.

Trasporto di cani di piccola taglia e gatti in cabina
Può portare un cane o un gatto in cabina se l’animale non supera gli otto chilogrammi di peso (compreso il trasportino). In cabina l’animale deve essere tenuto in un contenitore di massimo 55x40x20 cm: può utilizzare il suo trasportino se rientra nelle dimensioni richieste ed è impermeabile.

Trasporto di animali di grossa taglia nella stiva
Gli animali che non possono essere trasportati in cabina vengono trasportati da Lufthansa in appositi contenitori in una zona climatizzata della stiva merci. Per il suo animale può utilizzare il suo trasportino se è conforme alle disposizioni IATA (International Air Transport Association). Le dimensioni del contenitore devono in ogni caso garantire che l’animale possa stare in posizione eretta e abbia sufficiente spazio per muoversi. Per maggiori informazioni la preghiamo di rivolgersi al suo ufficio prenotazioni Lufthansa.

Esiste anche la possibilità di far trasportare animali non accompagnati tramite Lufthansa Cargo. Può richiedere informazioni chiamando Lufthansa Cargo (in Germania +49 – 1 80 – 57 47 100*) o visitando il sito di Lufthansa Cargo.

Tariffe per il trasporto di animali per viaggi a partire dall’1.6.2011
Gli animali non sono inclusi nella franchigia bagaglio e vengono addebitati come eccedenza bagaglio.

Cani guida e cani da assistenza
I cani guida per non vedenti e non udenti e gli altri cani da assistenza al seguito dei passeggeri in linea di massima vengono trasportati gratuitamente su tutti i voli Lufthansa e sono ammessi anche in cabina. Non dimentichi di avvisare tempestivamente della presenza del suo cane da assistenza.

Maggiori informazioni
Il suo ufficio Lufthansa (199 400 044: da rete fissa 0,10 Euro/min. +IVA, da rete mobile la tariffa varia secondo l’operatore utilizzato) o la sua agenzia di viaggi saranno lieti di fornirle tutte le informazioni.

 

 … EASY JET

Da www.easyjet.it

Ad eccezione dei cani guida, è proibito il trasporto di animali e di qualsiasi tipo di forma animale.

I cani guida che accompagnano Passeggeri non udenti/vedenti o con disabilità fisiche assieme con le gabbie e il cibo necessario, saranno caricati senza sovrapprezzo rispetto alla normale franchigia per tutte le tratte nazionali del Regno Unito, su tutti i voli con partenza e destinazione nell’Europa continentale (a eccezione delle tratte del Regno Unito e del Kosovo) e con partenza/destinazione nel Regno Unito verso l’Europa continentale solamente dai seguenti aeroporti Belfast (BFS), Bristol (BRS), Edimburgo (EDI), Glasgow (GLA), Londra Luton (LTN), Londra Gatwick (LGW), Londra Stansted (STN), Manchester (MAN) e Newcastle (NCL) in conformità con il nostro Regolamento del Vettore.
(c) Il consenso al trasporto di questi animali viene dato a condizione che il Passeggero si assuma piena responsabilità per questi animali e che sia in possesso della corretta documentazione per tali animali. Non saremo responsabili per il ferimento, la perdita, l’handicap, la malattia o la morte di questi animali a meno che non siano causate da nostra negligenza o imperizia.

… RYAN AIR

www.ryanair.com

E’ vietato il trasporto di animali ad eccezione dei cani guida e solo per alcune rotte

 

Per la prima volta fotografata una lince in appennino

linceUn individuo adulto di lince è stato fotografato nel territorio dell’Azienda faunistico-venatoria “Sasseto Mortano”, in comune di Santa Sofia. La foto, scattata lo scorso 19 aprile dall’Avv. Gian Raniero Paulucci di Forlì, è la prima prova certa della presenza di questo predatore in Appennino da secoli. Questa sorprendente presenza è però con tutta probabilità dovuta a rilasci illegali operati dall’uomo in anni recenti, visto che la specie è estinta nell’Italia peninsulare a partire dal XVII secolo. Anche l’immigrazione dall’area alpina – dove sono presenti pochissimi esemplari – appare assi poco probabile per ragioni geografico-ambientali e demografiche.

L’esemplare, un individuo adulto, è stato fotografato il 19 aprile 2013, poco dopo le 19, nel territorio dell’Azienda faunistico-venatoria “Sasseto Mortano”, in comune di Santa Sofia, dall’Avv. Gian Raniero Paulucci di Forlì.

Le foto sono state scattate al margine di una vecchia carrareccia, in un area del medio lince2Appennino forlivese (altitudine 400 m s.l.m.) caratterizzata da fasce boscose, calanchi cespugliati, pascoli e campi coltivati, ricca di ungulati (caprioli, daini, cervi e cinghiali), lepri, fagiani e pernici rosse, tutti animali che rientrano nello spettro alimentare di questo predatore.

Negli scorsi due decenni diversi avvistamenti di lince erano stati segnalati nell’Appennino tosco-emiliano e tosco romagnolo, senza che le stesse fossero tuttavia supportate da prove documentali certe.

La presenza della lince in questa regione deriva con tutta probabilità da esemplari rilasciati in natura dall’uomo in anni recenti; infatti la specie è stata considerata estinta nell’Italia peninsulare a partire dal XVII secolo. Anche l’immigrazione dall’area alpina, dove attualmente vivono pochissimi esemplari, appare assi poco probabile per ragioni geografico-ambientali e demografiche.

fonte: http://www.isprambiente.gov.it/

Cesar Millan e i collari elettrici. Tutta la verità

cesar millan

Lo staff ha deciso di scrivere questo articolo di precisazioni perché sempre più persone si chiedono se è vero che Cesar Millan utilizza collari elettrici e se si perchè. Vorremmo con questo articolo fornirvi non tanto la nostra opinione a riguardo ma bensì dei dati su cui riflettere.

Inizio questa trattazione con un testo tratto da
Il capobranco sei tu di Cesar Millan e Melissa Jo Peltier che spiega l’opinione del noto educatore.

Il collare Elettronico – pagina 114Forse nessuno strumento comportamentale inventato dall’uomo è stato più denigrato del collare elettronico o, come lo chiamano i suoi detrattori, il collare shock. Io sono assolutamente d’accordo con chi critica questo strumento il quale, se usato scorrettamente o messo nelle mani sbagliate, non solo può traumatizzare il cane, ma anche danneggiare in modo permanente la fiducia che desiderate instaurare con l’animale.Molte persone con una scarsa conoscenza di questo strumento credono che un collare elettronico provochi dolore. L’idea è che generi una specie di elettroshock. Se i primi modelli non potevano modificare la lunghezza o l’intensità dello stimolo ed erano meno attenti all’animale di quanto siano quelli odierni, attualmente tecnologia e strumenti sono cambiati. Oggi l’intensità della corrente elettrica prodotta da buoni collari elettronici è paragonabile al tipo di stimolazione TENS che gli uomini usano volontariamente su se stessi a scopo terapeutico. La mia coautrice fa stimolazioni intramuscolo TENS della durata di venti minuti, e descrive questa sensazione come una specie di punzecchiatura.Un’altra cosa da tenere a mente circa le correzioni date da un collare di buon livello (e da un proprietario educato e sensibile) è la durata dell’impulso. Un’efficace correzione dovrebbe durare solo un quarantesimo di secondo, meno del tempo che una persona media impiega a schioccare le dita.

Ma se è davvero così perché, anche con un uso corretto del collare elettronico, il cane salta, sobbalza o guaisce? Alla maggior parte degli osservatori sembra impossibile non nuocere, in qualche modo al cane, ma questa è una cosa che naturalmente voglio evitare a qualunque costo. La differenza viene dalla differenza di base tra uomini e animali: la capacità di ragionare. La maggior parte degli uomini impara a conoscere l’elettricità fin da piccoli. Conosciamo le cause e gli effetti. I nostri cani no. I nostri amici a quattro zampe vivono in un mondo di causa ed effetto. La corrente viene fuori dal nulla, non ha contesto e quindi la vedono come una cosa da evitare.

L’impulso elettronico è uno strumento potente nel campo della punizione positiva. L’impulso elettronico colpisce il cane il quale lo collega istantaneamente all’oggetto o al comportamento in cui si è impegnato. NON è uno strumento da usare per l’addestramento giornaliero o per le situazioni in cui si desidera modificare un comportamento. Non è neppure uno strumento da usare su un cane per un periodo di condizionamento a lungo termine. Tuttavia, se usato correttamente da un proprietario addestrato , può salvare la vita di chi lo porta.

I pericoli del collare Elettronico

I collari elettronici possono avere conseguenze negative nelle mani sbagliate. La cosa importante è che il cane non associ voi con la scossa ( poiché il cane non capisce la sensazione può solo avere un associazione negativa). Questo è il suo punto di forza ma anche il suo punto debole. Se il cane identifica il collare con voi, sarà pieno di risentimento. I collari elettronici hanno una cattiva reputazione che deriva da persone che li usano in situazioni di obbedienza elementare. Una volta capita la connessione e collegato il proprietario a quella sensazione spiacevole, il cane ubbidirà, Ma non si fiderà mai più del suo padrone.

Questo è in assoluto l’uso Più scorretto del collare elettronico: il peggiore, perché coercitivo. I cani non sono elettrodomestici. La vera obbedienza è qualcosa che richiede pazienza, leadership e rispetto da parte del proprietario o da chi si occupa del cane. E sebbene il collare elettronico possa spesso dare rapidi risultati, a meno che non si tratti di una situazione limite, è uno strumento che si presta ad abusi. Che scegliate o meno questo strumento, vi consiglio, prima di cercare di influenzare il comportamento del vostro cane, di trovare un professionista i cui metodi e la cui filosofia siano in sintonia con i vostri e che sia in grado di illustrarvene in modo corretto e accurato”

Il nostro punto di vista, il più oggettivo possibile
Analizziamo insieme due puntate di dog whisperer in cui si fa uso del collare elettronico. La dimostrazione che tutto quello scritto da Cesar non sono solo belle parole la troviamo nel 13° episodio della 5a stagione di “The Dog Whisperer- Uno psicologo da cani”

Se osservate il video qui a fianco dal minuto 6 noterete che Cesar Millan fa provare sulla pelle ad un cameraman gli effetti del collare elettronico. La scena prosegue poi con una dimostrazione del fatto che effettivamente questo strumento emette una vibrazione: il collare viene posto sopra un secchio di metallo e una volta azionato si percepisce un suono ormai familiare, quello della vibrazione. Ma a questo punto probabilmente vi chiederete come mai in un altro video che si trova in rete il cane reagisce guaendo e saltando? Come Cesar stesso spiega, nel quarto paragrafo del testo sopra, il cane è spaventato da questa sensazione sconosciuta e quindi reagisce comunicando il suo disagio. Continuando a guardare il filmato lo vediamo nascondere sotto la poltrona, e questo passaggio viene utilizzato da molti per sostenere che effettivamente l’impulso che l’animale ha ricevuto dal collare elettronico sia stato doloroso.
Ma è davvero necessario far provare dolore ad un cane per farlo nascondere? Chiunque ha un cane e passa con lui molto tempo sa benissimo che questa è una reazione comune quando si trova difronte a qualcosa che non capisce e non sa spiegarsi. Quante volte il vostro cane vi ha strattonato per scappare da qualcosa che secondo voi era totalmente innocuo, facendovi pensare che se anche lui avesse avuto una poltrona ci si sarebbe infilato sotto?

A questo punto alcuni continuerebbero ad obbiettare che ci sono altri metodi per ottenere lo stesso risultato e che quindi non era necessario ricorrere al collare elettronico. La nostra risposta a tutti è che Cesar Millan ha largamente dimostrato di riuscire a recuperare cani con molte problematiche utilizzando “metodi” meno invasivi, spaziando fino a metodiche definite “gentiliste”: facendo uso dei contro-condizionamento e del reindirizzamento. Questo è un dato oggettivo, testimoniato da otto serie di Dog Whisperer.
Quindi crediamo che in questa circostanza in particolare ci siano state cause di forza maggiore che lo han costretto ad intervenire in questo modo. Lui stesso dice di ricorrere al collare elettronico solo in casi di estrema necessità, come quando ha dovuto contro-condizionare un cane che a causa della sua ossessione per i mezzi in movimento ha addentato i pneumatici di un pickup in corsa perdendo un occhio e rompendosi la mascella e ha cercato più volte di attaccare una mietitrebbia.
Grazie all’intervento di Cesar questo cane ha abbandonato questa pericolosa abitudine ed è vivo e vegeto: i padroni gli sono grati e cosi anche noi. Oppure come quella volta che Jada Pinkett Smith ( la moglie dell’attore Will Smith) l’ha chiamato disperata perchè uno dei sui cani, il povero Rocco, era stato ucciso da un serpente velenoso. In quest’occasione usò il collare elettronico per instillare nei cani di Jada la paura dei serpenti, la stessa che in natura è il branco ad insegnare. Il caso dell’ultimo video certamente non fa eccezione, e le motivazioni che han delineato la sua scelta potrebbero essere legate al grado di ossessione del cane, le capacità della padrona o addirittura al pericolo che il cane aveva di essere abbattuto.

Precisazioni
Precisiamo che Cesar Millan non utilizza i collari con le punte rivolte verso l’interno, l’unico tipo di guinzaglio che ha sempre con se è un lacccio di Nylon da quattro soldi, che si rompre al minimo sforzo. Se in qualche episodio si è visto qualche cane indossarne uno è perchè era quello utilizzato dai proprietari. Cesar Millan preferisce sempre utilizzare gli strumenti che i padroni adoperano abitualmente, per dimostrare che a fare la differenza non sono gli accessori che si possono comprare ma il modo di utilizzarli calmo e assertivo. Addirittura in qualche occasione Cesar ne ha sconsigliato l’utilizzo perchè era deleterio con quel cane in particolare.

Vogliamo mostrarvi quest’ultimo video da cui è stato tratto un frame per far credere che in realtà, a telecamere spente e contrariamente all’immagine che da di sè, Cesar Millan sia una pessima persona e un gran cafone.

Speriamo che questo nostro articolo vi abbia dimostrato quanto le informazioni contrarie nei confronti di questo educatore siano fuorvianti ed errate. Dietro tutto questo accanimento c’è una vera e propria manipolazione che ha come obbiettivo quello di minare la fiducia che alcune persone hanno di Cesar Millan e di chi ha trovato dei benefici nell’utilizzare i suoi consigli. Ci auguriamo che le loro attenzioni si spostino verso problemi veri, come ad esempio l’uso del collare elettrico da parte di alcuni cacciatori che lo utilizzano anche solo per richiamare il cane a se.

Vogliamo invitare tutti a prendere ciò che vi convince tra i consigli che questo educatore propone, proprio come si fa per altri professionisti che scrivono molte cose di cui alcune non condivise da altri. Insomma l’obbiettivo finale è dare una vita soddisfacente ai nostri cani nel rispetto della sua natura e della nostra pace familiare. E se grazie a Cesar Millan, magari anche con il nostro piccolo aiuto, ci state riuscendo, non fatevi scoraggiare dalle tante opinioni contrarie che girano in rete, perchè alla fine conta solo la gratitudine e la serenità che leggete nel volto del vostro cane.

 

Lo staff

 

Ricordiamo che in Italia l’uso del collare elettronico è vietato come da GU n. 158 del 9-7-2005, e ci teniamo a sottolineare che ne disapproviamo l’uso che molti nel nostro paese tutt’oggi ne fanno, e ci dichiariamo d’accordo con questa ordinanza necessaria per limitare i casi di maltrattamento. Noi di questo Fan Club, così come Cesar Millan stesso, disapproviamo ogni tipo di sopraffazione, angheria, violenza l’uomo possa perpetrare nei confronti di Madre Natura.
Di Paolo Servidei
fonte:cesarmillanfanclubitalia.it

Telecamere nei nidi dei rapaci – Live

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Se vi interessano i rapaci e volete vedere live, in tempo reale come avviene la riproduzione la deposizione, cova, la schiusa, la crescita e l’involo dei falchi, non potete perdervi questi link:

http://www.birdcam.it/index.php?act=cam&cam=1 Nido di Falchi pellegrini a Roma

http://www.newforestgateway.org/Wildcam/LiveCameras/tabid/117/Default.aspx Nido di Astori in Inghilterra

http://www.birdcam.it/index.php?act=cam&cam=38 Nido di Gheppi

Incubazione artificiale uova

Fin da bambino ho sempre avuto la curiosità di capire come nascessero i pulcini. Avevo avuto modo di osservare attentamente la fecondazione, la deposizione, la cova e la schiusa di uova di gallina direttamente dalle chiocce del mio pollaio. Uno spettacolo incredibile! Mi sono chiesto: “ma come si fa a sostituire la chioccia per far nascere i pulcini”? A 10 anni costruì la mia prima rozza incubatrice fatta con una scatola di legno chiusa sul lato superiore da un vetro per vedere le uova. Avevo predisposto per la temperatura interna una serie di lampadine ad incandescenza che erano calate ad una certa distanza sopra le uova fino a raggiungere una temperatura di cova approssimativamente costante. Un termometro posto in mezzo alle uova mi garantiva una temperatura “Intorno” ai 37 gradi celsius..

Mattina, pomeriggio e sera, ruotavo manualmente le uova su loro stesse in modo da non fare incollare l’embrione, proprio come fa la chioccia in cova. L’umidità veniva emessa da un piccolo recipiente pieno d’acqua posta vicino ad una lampadina.

Che ci crdiate o no, con questo modo arcaico di cova, dopo 21 giorni, nacque un unico pulcino bianco il giorno del compleanno di mio padre e così lo chiamai Emiliano. Il Gallo crebbe sano e forte e morì molto tempo dopo di vecchiaia…

Inutile dire che quell’evento miracoloso mi segnò indelebilmente, iniziai ad affinare le tecniche di incubazione informandomi e mettendo in pratica le conoscenze elettroniche per migliorare sempre più le mie incubatrici.

L’incubatrice è costituita da un involucro di legno o in plastica all’interno della quale sono presenti:lucetta per l’ illuminazione interna, resistenza elettrica, termostato per la regolazione della temperatura, e a seconda dal modello, un motore provvisto di ventola per la movimentazione dell’aria all’interno della macchina. Può essere presente un volta uova manuale o meccanico a seconda dei modelli.Può essere anche provvista di un regolatore dell’umidità digitale che va comunque controllata dell’interno con un buon igrometro di precisione a capelli.E’ anche Indispensabile un termometro di precisione.

Sostanzialmente, le incubatrici, le possiamo classificare in: aria ferma, aria forzata.

Nelle prime, la temperatura è trasmessa alle uova per induzione di calore che normalmente proviene dall’alto tramite delle resistenze elettriche. Per questo motivo, le incubatrici ad aria ferma, sono provviste di un unico cestello piano. Sono ideali per l’incubazione di poche uova e per la schiusa in quanto, non essendoci la ventola, la membrana dell’uovo, una volta forata dal pulcino, non secca, facilitando la nascita del pulcino.

Le incubatrici ad aria forzata, sono provviste di una resistenza elettrica, termostato e da una ventola per  muovere l’aria all’interno. Essendoci aria in movimento, questo tipo di incubatrice può avere più cestelli aumentando la capacità di incubazione e garantendo la temperatura costante su tutte le uova.

Iniziamo col raccogliere un bel po di uova gallate, conservatele al buio in un luogo fresco avendo l’accortezza due volte al giorno di ruotarle una ad una su loro stesse.

Arrivati alla quantità giusta, accendete l’incubatrice e fatela girare per un giorno intero in modo da stabilizzare la temperatura sui 37,7 gradi con una umidità di 55%.durante l’incubazione e il 65-70% gli ultimi 2 giorni prima della schiusa.

La temperatura è mantenuta costante da un termostato, la difficoltà maggiore è di stabilizzare il grado di umidità.

Consiglio sempre di incubare in un luogo tranquillo, lontano da fonti di calore e soprattutto da vibrazioni e da urti.

Amenochè non si abbia un regolatore automatico di umidità, per mantenere la percentuale giusta serve un sottovaso riempito con acqua e posto all’interno dell’incubatrice.

Se servirà più umidità si può aumentare il diametro del sottovaso sostituendolo con uno maggiore. Stessa cosa, al contrario se la percentuale di umidità è troppo alta.

Per quanto tempo dovremo tenere le uova in incubatrice? Tutto dipende dalla Specie che volete riprodurre!! Di seguito la tabella con i giorni di incubazione:

Periodi di incubazione delle principali specie avicole

 

Nome scientifico Nome comune Durata (gg)
Gallus spp. Pollo
21
Meleagris gallopavo Tacchino
28
Chairina moschata Anatra muta
35
Anas platyrhynchos Anatra
28
Anser anser Oca comune
30
Cygnopsis cygnoides Oca cignoide
34
Pavo spp. Pavoni
27-28
Acryllium vulturinum Gallina della Guinea
26-28
Alectoris barbara Pernice Sarda
25
Alectoris chukar Pernice Chukar
22-24
Alectoris graeca Coturnice
24-26
Alectoris rufa Pernice Rossa
23-24
Callifpepla californicus Quaglia della California
21-22
Colinus virginianus Colino della Virginia
23-24
Catreus wallichi Fagiano di Cheer
26
Francolinus francolinus Francolino
18-19
Chrysolophus amhersti Fagiano di Lady Amherst
22-23
Chrysolophus pictus Fagiano Dorato
22-23
Crossoptilon auritum Fagiano dalle orecchie blu
26-28
Crossoptilon crossoptilon Fagiano dalle orecchie bianco
24-25
Crossoptilon mantchuricum Fagiano dalle orecchie bruno
26-27
Phasianus colchicus Fagiano Comune
23-24
Lophophorus impeyanus Fagiano dell’Himalaya
28
Lophura edwardsi Fagiano di Edwards
22
Lophura leucomelana Fagiano di Kalij
24-25
Lophura nycthemera Fagiano Argentato
25-26
Lophura swinhoei Fagiano di Swinhoe
25
Polyplectron spp. Fagiani di Peacock
18-21
Pucrasia macrolopha Fagiano di Koklass
26-27
Syrmaticus ellioti Fagiano di Elliot
25
Syrmaticus humiae Fagiano di Hume
27-28
Syrmaticus mikado Mikado Pheasant
27-28
Syrmaticus reevesi Fagiano di Reeve
24-25
Syrmaticus soemmeringi Fagiano Rame
25
Tragopan spp. Fagiani Tragopan
28

 

Durante l’incbazione bisogna tener sotto controllo sempre l’umidità e temperatura dentro il macchinario .
Per chi ha incubatrici non automatiche consiglio di girare le uova 4 volte al giorno,
anche se è meglio il meccanismo automatico,che le gira 8-9 volte al giorno .
le uova non vanno voltate il primo giorno.
Per chi incuba uova di anatra e oca consiglio ogni 9 giorni di bagnare le uova con uno spruzzino in modo da aumentargli l’umidità, come accade in natura quando la madre va a bagnarsi .
Tutte le uova dopo 4 gironi o 7 gironi vanno sperate una volta per vedere se l’embrione è vivo in caso contrario le uova vanno eliminate! una seconda speratura va fatta prima di preparare l’incubatrice alla schiusa!
Se tutto è andato bene.. gli ultimi 2 giorni, noterete un piccolo puntino di guscio che si è rotto dall’interno verso l’esterno, quindi il pezzettino di guscio è in rilievo. Questo sigifica che il pulcino ha forato l’uovo con il suo becco e che sta iniziando a respirare dall’interno.. Nel giro di 12-24 ore, il pulcino avrà voglia di uscire, sarà più forte e più ossigenato e ruoterà su sestesso becchettando il guscio dalla parte del polo maggiore fino a quando, spingendo da dentro, uscirà dall’uovo! Meraviglia della Natura! la stessa cosa succederà al resto delle uova! Non tutte nasceranno ma sarà comunque un successo!
Lasciate i pulcini all’interno dell’incubatrice per altre 12 ore o comunque finchè non rimangono bene in piedi da soli, sarà il segno che sono abbastanza forti per essere trasferiti nella camera calda.
La camera calda può essere costruita con un cartone da imballo, sul fondo disponete una rete metallica elettrosaldata con maglia 1cmx1cm che servirà a non far scivolare le zampe dei pulcini. Al di sopra della rete cospargete un sottile strato di segatura, un sottovaso basso con del mangime per pulcini, una beverina per pulcini e una lampada ad infrarossi che pende verticalmente nel centro del cartone ad una distanza idonea per scaldare i piccoli senza bruciarli. 25-28 gradi è sufficiente.
Quando i pulcini avranno le ali completamente piumate, potranno essere spostati in gabbie o recini privi di riscaldamento.
Vi assicuro che questa esperienza sarà per voi entusiasmante e ricca di soddisfazioni. Ogni incubazione sarà per voi una ulteriore fonte di esperienza! Buona incubazione!
Per approfondimenti: pollo080-incubazione

Allevamento del maiale allo stato brado

maiale allevato all'apertoLa tecnica di allevamento all’aperto dei suini, nota all’estero con i termini outdoor e plein air, si differenzia dall’allevamento in porcilaia per l’impiego di ampie superfici di terreno recintate, all’interno delle quali i suini dispongono di zone funzionali predisposte e attrezzate per l’abbeverata, l’alimentazione e il riposo.
Normalmente si utilizzano recinzioni, strutture e attrezzature di tipo mobile per agevolarne il periodico trasferimento sui diversi appezzamenti destinati all’allevamento.
Caratteristica di questa forma d’allevamento, infatti, è la pratica di ruotare i recinti nell’ambito di un idoneo piano aziendale di avvicendamento colturale, finalizzato a massimizzare lo sfruttamento agronomico dei nutrienti contenuti nelle deiezioni rilasciate dai suini sul terreno e a minimizzare, al tempo stesso, i fenomeni di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, l’erosione del
suolo e i danni alla vegetazione.
Con questo sistema di allevamento è possibile limitare gli investimenti necessari per le porcilaie biologiche, purché vi sia la disponibilità di superfici idonee e a basso costo (terreni marginali o scarsamente produttivi).
Questa tecnica risulta di grande interesse per l’allevamento dei riproduttori, ma può essere estesa anche alle fasi di accrescimento e ingrasso.
Organizzazione dei recinti
La progettazione di un allevamento suinicolo all’aperto prevede innanzitutto la definizione delle superfici di terreno necessarie, con riferimento ai seguenti parametri:
• numero di recinti e relative destinazioni per fase di allevamento;
• numero e categorie di suini per ogni recinto;
• superficie per capo da destinare a ciascuna categoria di suini in relazione alla fase produttiva e alle caratteristiche climatiche e pedologiche, ottemperando alle norme in vigore in materia di impatto ambientale delle produzioni zootecniche.
All’intero dei singoli recinti i suini devono disporre di:
• un abbeveratoio;
• una buca riempita di acqua o uno spruzzatore da azionare in continuo in estate durante le ore più calde del giorno;
• una zona riparata dal sole, alberata o realizzata con reti ombreggianti sorrette da un’intelaiatura
infissa nel terreno;
• una zona di riposo riparata, costituita da strutture mobili (capannine), individuali o collettive, di vario tipo e dimensione, in relazione alla fase di allevamento alla quale vengono destinate.
Le attrezzature necessarie
La tecnica di allevamento all’aperto si basa essenzialmente sull’impiego di recinzioni elettrificate per delimitare le aree a  disposizione degli animali e di capannine mobili di varie forme e dimensioni, secondo la fase di allevamento in cui devono essere utilizzate.
Le recinzioni elettrificate permettono,con costi accettabili, di confinare gli animali in aree di dimensioni adeguate e organizzate in base alle diverse fasi di allevamento e alle specifiche esigenze gestionali dell’allevamento.
La recinzione è costituita, di norma, da due ordini di filo posti a 250 e a 500-550 mm di altezza dal piano di campagna, sorretti da picchetti della lunghezza di 1 m; ma nei recinti per scrofe in gestazione è sufficiente un unico ordine di filo installato a 400 mm d’altezza. Per i recinti destinati alla fase di maternità, invece, è possibile utilizzare tre ordini di filo, installati alle altezze di 150 mm,
300 mm e 500 mm, che meglio si adattano alla diversa taglia della scrofa e dei suinetti.
Sulla recinzione è consigliabile la predisposizione di una banda in plastica forata di colore verde, del tipo usato nei cantieri edili, allo scopo di rendere più visibile la recinzione stessa e di associare il colore al dolore provocato dalla scossa elettrica, ottenendo, quindi,un maggiore rispetto della recinzione da parte dei suini.
Per la movimentazione dei suini e dei mezzi meccanici si deve prevedere un accesso per ogni recinto; il sistema più comune è quello di utilizzare apposite molle collegate alla recinzione elettrica e dotate di maniglie isolanti per la loro temporanea rimozione.
Gli apparecchi elettrificatori necessari per fornire energia ai recinti sono di vario tipo e di diversa potenza; essi convertono l’energia elettrica in impulsi di brevissima durata e di elevatissima tensione, molto dolorosi, ma distanziati nel tempo, in modo che l’animale possa indietreggiare dopo aver ricevuto la scarica.
Per quanto riguarda le capannine,sul mercato europeo ce n’è disponibile una vasta gamma con soluzioni differenti, sia per forma e dimensioni, sia per materiali costruttivi impiegati; questi ultimi possono essere il legno, in tavole o compensato, la lamiera d’acciaio zincata, la vetroresina e le materie plastiche.
Le capannine per la fase di maternità sono destinate amaiali stato brado ospitare una sola scrofa con la nidiata e sono dotate, di norma di finestra per la ventilazione e di piccolo recinto esterno in  corrispondenza dell’ingresso, per impedire l’uscita dei suinetti durante i primi giorni di vita.
Normalmente le capannine di maternità sono prive di fondo e all’inizio di ogni ciclo devono essere riempite con abbondante lettiera di paglia (da 10 fino a 40 kg a seconda del clima), che viene trattenuta all’interno per mezzo di un apposito bordo. La paglia ha il duplice
scopo di garantire agli animali un adeguato isolamento termico durante la stagione fredda e di offrire un substrato sufficientemente soffice per limitare i casi di schiacciamento dei suinetti da parte della scrofa.
Le capannine per le fasi di gestazione e d’ingrasso sono realizzate, di norma, con soluzioni costruttive semplici ed economiche e sono dimensionate per ospitare gruppi di animali (5-7 scrofe, 10-20 suini all’ingrasso). Sul mercato vengono proposte capannine in vetroresina e in lamiera di acciaio zincata, con dimensioni che possono variare in funzione del numero di capi alloggiati. Una soluzione alternativa alle capannine è costituita dalla struttura denominata “tenda”, realizzata mediante l’impiego di telo plastico sorretto da una struttura tubolare a doppia falda di acciaio zincato, a sua volta fissata su due pareti contrapposte costituite da una doppia fila di balle di paglia di forma prismatica o cilindrica. Le balle devono essere ancorate l’una all’altra e protette dai suini mediante rete elettrosaldata; i teli vengono tesi e fissati sulla struttura di sostegno, prevedendo ampi lembi per la copertura delle pareti di paglia, onde evitare infiltrazioni di acqua piovana.
Le capannine per la fase di svezzamento devono presentare un buon grado di coibentazione del tetto e delle pareti; normalmente dispongono di mangiatoie interne a tramoggia con rifornimento di mangime dall’esterno e di abbeveratoi a tazzetta o a succhiotto
installati sul lato esterno.
I principali modelli in commercio sono costituiti da strutture a una falda o ad arco realizzate con pannelli di compensato marino, con vetroresina oppure con pannelli sandwich di lamiera zincata coibentati con polistirene o poliuretano espanso.
La capienza di ciascuna capannina dipende dalle sue dimensioni interne e, ovviamente, dal peso vivo finale dei soggetti ospitati; generalmente le dimensioni interne sono adatte a contenere da 20 a 60 suinetti fino al peso di 20-35 kg.
Nella maggior parte dei casi ogni capannina dispone di un recinto esterno a cielo aperto, di superficie doppia rispetto a quella interna, delimitato da pannelli ciechi in legno o in lamiera d’acciaio zincata; in alternativa si può prevedere un recinto molto più ampio di terreno inerbito, dimensionato con superfici di 25-30 m2/capo e delimitato con recinzione fissa o elettrificata a
maglia quadrata del tipo di quella impiegata per gli ovini.
il-maiale-brado-di-norcia-in-umbriaL’impatto ambientale nella produzione
Le norme vigenti disciplinano lo spandimento dei liquami e il carico di suini in
riferimento all’allevamento intensivo e non a quello all’aperto. In ogni caso per
ridurre il rischio d’inquinamento da nitrati e preservare la struttura del suolo
occorre limitare la permanenza degli animali sullo stesso terreno e creare un
buon cotico erboso, che influisce positivamente anche sul benessere degli animali.
Gli allevamenti suinicoli “industriali” si caratterizzano per l’elevata concentrazione di capi in limitate superfici stabulative coperte e per il carico di bestiame molto elevato in rapporto alla Sau. Una tale organizzazione degli allevamenti ha originato gravi problemi di impatto ambientale legati principalmente ai rischi di inquinamento idrico connessi allo smaltimento di elevati volumi di liquami suinicoli. Il superamento di tali problemi passa anche attraverso l’adozione di tecniche di stabulazione più rispettose dell’ambiente tra cui l’allevamento su lettiera e l’allevamento all’aperto. Per quest’ultima tecnica risulta strategica l’analisi e la verifica sperimentale della sostenibilità ambientale, in particolare per le aree marginali del nostro Appennino per le quali tale tecnica viene solitamente proposta. Ciò per acquisire le informazioni necessarie alla definizione dei criteri cui gli allevatori devono attenersi per garantire l’ecocompatibilità del sistema di allevamento all’aperto. Per questo appare importante un progetto di verifica delle condizioni di sostenibilità ambientale dell’allevamento suino brado e semibrado nell’Appennino emiliano-romagnolo, presentato dal Centro Ricerche Produzioni Animali nell’ambito della tornata di finanziamenti previsti per il 2004 sulla legge 28/98 della Regione Emilia-Romagna. L’allevamento all’aperto, infatti, non comporta alcuna produzione di liquami ma richiede, comunque, il rispetto di un rapporto equilibrato tra superficie agricola aziendale e peso vivo allevato. A tale proposito le conoscenze scientifiche sono tuttora limitate e i risultati dei pochi studi condotti di recente in ambito internazionale non risultano trasferibili alla realtà territoriale e produttiva dell’Emilia Romagna, caratterizzata dalla produzione di suino pesante.
Per evitare equivoci, è necessario sottolineare, però, che allevamento dei suini all’aperto non è sinonimo di metodo di produzione biologica, anche se è vero che questa tecnica facilita l’adozione del metodo biologico. La motivazione principale sta nel fatto che, nel caso in cui un allevatore intenda convertire un allevamento intensivo convenzionale alla produzione biologica, deve sostenere oneri molto forti, principalmente perché, a parità di capi allevati,deve ampliare notevolmente le superfici coperte a causa delle maggiori superfici unitarie minime di stabulazione richieste dal regolamento Ce 1804/99 (Allegato VIII) che sono pressoché doppie rispetto a quelle previste dalle norme minime per la protezione dei suini (decreti legislativi n. 534/92 e n. 53/04). Nell’allevamento all’aperto, invece, possono essere soddisfatte abbastanza agevolmente le condizioni relative al sistema di
stabulazione, così come previsto dal citato regolamento e dalle relative norme d’attuazione (decreto ministeriale 4 agosto 2000, decreto ministeriale 29 marzo 2001 e per la Regione Emilia- Romagna la delibera della giunta regionale 5 maggio 2003 n. 794).
Un vuoto normativo da colmare
In materia d’impatto ambientale la tecnica d’allevamento dei suini all’aperto non è contemplata né dalla normativa nazionale (decreto legislativo n. 152 dell’11 maggio 1999, che ha recepito la cosiddetta direttiva “nitrati”) né dalla normativa vigente in Emilia Romagna (legge regionale 24 aprile 1995, n. 50 e relative norme di attuazione), che disciplina soltanto lo spandimento sul suolo dei liquami provenienti da insediamenti zootecnici senza prevedere norme specifiche relative al rilascio in continuo, per tutto l’arco dell’anno o del ciclo produttivo, delle deiezioni da parte dei suini stessi. Inoltre, nella definizione delle densità dei suini all’interno dei recinti di allevamento non è propriamente corretto applicare agli allevamenti all’aperto i limiti di carico di suini per unità di superficie agricola destinata allo spandimento, fissati dalla normativa per gli allevamenti intensivi, con riferimento a 170 kg di azoto per ettaro per anno (zona vulnerabile o aziende biologiche) e ai 340 kg di azoto per ettaro per anno (zona non vulnerabile). Infatti tali limiti sono riferiti all’allevamento stabulato e alla relativa pratica di spandimento frazionato, nel corso dell’anno, di liquami precedentemente stoccati e maturati in azienda mentre nell’allevamento all’aperto le deiezioni sono rilasciate fresche e in continuo, per tutto l’arco dell’anno o del ciclo produttivo; pertanto, essendo diverse le qualità dei reflui distribuiti sul suolo e le loro modalità di distribuzione, si ritiene che altrettanto diversi possano essere nei due sistemi di allevamento i fenomeni di degradazione, di adsorbimento e di trasporto nel suolo dei nutrienti contenuti nelle deiezioni e, in particolare, dell’azoto in forma nitrica. La permanenza di un vuoto normativo per gli allevamenti all’aperto può comportare seri problemi d’interpretazione e di applicazione delle norme da parte degli organismi di controllo (Arpa, Asl, Corpo Forestale, ecc.) con il rischio per gli allevatori di incontrare difficoltà nell’ottenimento del rilascio delle autorizzazioni necessarie per la normale conduzione dell’attività zootecnica. L’acquisizione di dati sperimentali è quindi utile anche per gli organismi legiferanti in materia d’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici, affinché in futuro si possa giungere ad emanare norme specifiche per l’allevamento all’aperto dei suini.
Carichi e pascolo brado
L’allevamento all’aperto comporta, comunque, la necessità di prevedere un rapporto equilibrato tra superficie agricola aziendale e peso vivo allevato. A livello orientativo si possono indicare le superfici minime unitarie, tratte dalla bibliografia internazionale,da considerare per il dimensionamento dei recinti in base alle diverse fasi d’allevamento (tabella alla pagina  precedente).
I principali limiti a questa forma di allevamento sono rappresentati dai fattori pedo-climatici. Il terreno non deve essere eccessivamente pesante ma, al contrario, deve essere strutturato in modo tale da permettere un efficace allontanamento delle acque meteoriche evitando i ristagni idrici; ciò al fine di garantire agli animali condizioni di benessere accettabili dal punto di vista
igrotermico e di consentire in ogni stagione dell’anno la percorribilità delle vie di transito.
Un aspetto particolare dell’allevamento all’aperto riguarda l’analisi e la verifica della sostenibilità ambientale dell’allevamento brado in aree boschive e marginali; scopo principale è individuare i motivi di opportunità del pascolo brado, sia quelli attivi (effetti positivi sugli ecosistemi per il rimescolamento degli strati superficiali, l’apporto di sostanza organica, la riattivazione di catene trofiche utili alla fauna selvatica, ecc.) che passivi (utilizzazione di risorse alimentari come specie vegetali erbacee, frutti spontanei, microfauna, ecc.), e di definirne i limiti di compatibilità e sostenibilità al fine di evitare danni agli ecosistemi. Un’analisi di questo tipo si dovrebbe proporre di definire i limiti di compatibilità e sostenibilità in osservanza dei provvedimenti normativi per i terreni
pascolivi (art. 67, 68, 69 delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale, delibera della giunta regionale 31 maggio 1995 n. 182) e dei riferimenti specifici in materia d’impatto ambientale dell’attività zootecnica, al fine di predisporre una razionale gestione del bosco in funzione del pascolo e di impedire pertanto danni agli ecosistemi.
A protezione del suolo
Per limitare i rischi d’inquinamento da nitrati e garantire il mantenimento della struttura del suolo, è necessario che i suini permangano sullo stesso terreno per un periodo non superiore a due anni nei settori di riproduzione e di svezzamento e a un anno o alla durata di un unico ciclo (per esempio, da 25-30 kg a 130-150 kg) nei settori di accrescimento e ingrasso. La limitata
permanenza dei suini sullo stesso terreno ha anche la funzione igienicosanitaria di contenere la diffusione delle parassitosi. In ogni caso la presenza di cotico erboso nei recinti d’allevamento riduce i rischi di lisciviazione e d’infiltrazione dei nitrati nel terreno; inoltre la copertura vegetale del terreno sembra influire positivamente anche sul benessere degli animali e, in particolare, sulle
prestazioni produttive delle scrofe. Nei recinti il prato deve essere seminato l’annata precedente quella d’immissione dei suini,
utilizzando varietà di graminacee caratterizzate da rapido sviluppo vegetativo e da un buon adattamento alle condizioni pedologiche e climatiche; di norma il prato è seminato in autunno per procedere all’immissione dei suini a metà della primavera successiva, generalmente dopo avere effettuato un primo taglio. Per favorire la conservazione della copertura vegetale durante il periodo di allevamento occorre evitare un eccessivo calpestio del suolo, adottando carichi di animali per unità di superficie sufficientemente bassi, in relazione alle caratteristiche del terreno.
Dimensioni minime dei recinti per l’allevamento di suini all’aperto
Categoria Superficie unitaria (m2/capo)
Scrofe in maternità 300-500
Suini riproduttori in fecondazione e in gestazione 400-600
Suinetti in svezzamento 25-50
Suini in accrescimento e ingrasso 60-200

Per approfondimenti:

allevamento del maiale all’aperto

allevare maiale aperto

L’ALLEVAMENTO ALL’APERTO DEL SUINO

Linee guida della Regione Emilia romagna per l’allevamento del maiale allo stato brado

Suini, così si allevano all’aperto

Maiale Cinta Senese

cinta seneseLe origini di questa razza sono molto antiche ed esistono testimonianze pittoriche che dimostrano l’allevamento di suini simili all’attuale Cinta Senese fin dal Medioevo. Il tratto più caratteristico di questo suino è la presenza di una cinghiatura bianca, che dà il nome alla razza, su un mantello che è di colore nero-ardesia. La più famosa raffigurazione di un suino che assomiglia all’attuale Cinta Senese è di ambrogio Lorenzetti, “Effetti del buon Governo” (1319-1347), nel Palazzo Comunale di Siena. Altre rappresentazioni di suini con cinghiatura bianca appaiono in dipinti e affreschi della scuola senese del XII secolo in diverse chiese della campagna di Siena. Questa razza era probabilmente conosciuta anche al di fuori della Toscana, come si può dedurre dalla presenza di altre opere pittoriche raffiguranti questo animale, ad esempio a Venezia nella cappella dell’Annunziata, in un dipinto datato 1510, di esecuzione faentina.
E’ una razza molto rustica e frugale, per cui la sua struttura si avvicina al tipo longilineo, con arti abbastanza lunghi ma robusti, tronco poco profondo, testa allungata a profilo rettilineo, adatta al pascolamento.
L’area di origine e di allevamento della Cinta Senese è quella della Montagnola Senese, compresa nel territorio dei comuni di Monteriggioni, Sovicille, Gaiole, Castelnuovo Berardenga e Casole d’Elsa, nel territorio delimitato dall’alta valle del fiume Merse da una parte e dall’alta valle del fiume Elsa dall’altra.
Negli anni Quarante del XX secolo veniva definita come la più importante razza suina della Toscana, ed era allevata in modo assai diffuso per ottenere l’incrocio di prima generazione con il Verro Large White. Questi meticci, noti con i nomi di “grigi” o “tramacchiati”, erano molto ricercati dai caseifici del Nord Italia (che alimentavano i suini col siero che rimaneva dopo la casificazione) per la produzione del suino Pesante, in quanto dotati di rusticità, di facile ingrassamento e di carne molto pregiata.
Ad opera dell’ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di siena, fin dai primi anni Trenta, fu attuata per questa razza un’azione di miglioramento genetico che comprendeva l’apertura di un Libro Genealogico. Tale libro venne poi chiuso negli anni sessanta a causa della forte contrazione demografica della razza che sfiorò l’estinzione; venne poi riaperto nel 1997 e trasformato in Registro Anagrafico nel 1999.
La Cinta Senese era molto diffusa in Toscana fino agli anni Cinquanta. Tra gli anni Sessanta e Novanta ha subito una drastica contrazione demografica, ma negli ultimi anni so è registrata una inversione di tendenza e la Cinta Senese presenta ormai da qualche tempo un trend positivo.
La Cinta Senese produce carne di ottima qualità, le cui caratteristiche sono apprezzate soprattutto per la trasformazione in salumi tipici. Il peso di macellazione varia dai 40 ai 60 kg per la produzione della porchetta. Per la produzione del suino pesante il peso di macellazione medio è di circa 120 kg e la sua carne viene prevalentemente trasformata in salumi tipici tradizionali, quali il prosciutto toscano, la spalla salata, le salsicce, la gola, il lardo, la pancetta o rigatino, il capocollo, la soppressata, la finocchiona, il buristo. Come carne fresca viene utilizzata maggiormente la lombata per la cottura sulla griglia sotto forma di bistecche e rosticciane.
E’ un animale adatto all’allevamento all’aperto, allo stato brado o semibrado.

Caratteristiche morfologiche

cintaseneseE’ una razza di tipo fine, di taglia media, con scheletro leggero ma solido. Il peso adulto è di 300 kg per i verri e di 250 kg circa per le scrofe.

Mantello e cute – La cute e le setole sono di colore nero, salvo la presenza di una fascia bianca continua che circonda completamente il tronco all’altezza delle spalle includendo gli arti anteriori. Il passaggio tra nero e bianco può essere graduale e non netto. Sono inoltre ammesse macchie nere all’interno della fascia bianca.
Testa – La testa è di medio sviluppo, con profilo fronto-nasale rettilineo; orecchie dirette in avanti e in basso, di media lunghezza.
Collo – Il collo è allungato ed armonicamente inserito nel tronco.
Tronco – Il tronco è moderatamente lungo, di forma cilindrica depressa lateralmente, torace poco profondo e addome ampio, spalle muscolose e ben fasciate, linea dorso-lombare diritta, groppa inclinata, coda attorcigliata, natiche ben discese.
Arti – Gli arti sono medio-lunghi, sottili ma solidi, con articolazioni asciutte, pastorali netti e unghielli compatti.
Caratteri sessuali – Nel maschio: testicoli ben pronunciati. Nella femmina le mammelle devono essere in numero non inferiore a 10, regolarmente distanziate, con capezzoli normali ben pronunciati e pervii.

da Atlante delle razze autoctone – Daniele Bigi, Alessio Zanon – Edagricole

Giovane aggredita dai suoi cani

valentinaMentre Valentina Meloni, la giovane aggredita dai suoi cani a San Vero Milis si sta riprendendo lentamente, è stato eseguito sul cane corso maschio il test antirabbica: il risultato è negativo.

Rubo, il cane corso che alla vigilia di Pasqua ha aggredito la proprietaria Valentina Meloni, non era infetto dal virus.

I risultati sono arrivati ieri mattina dall’istituto zooprofilattico delle Venezie di Padova. “Adesso si deve completare l’esame con la ricerca del virus – spiega Tonino Falconi, veterinario della Asl 5 di Oristano – ma è praticamente certo che il cane non avesse la rabbia”.

La Sardegna è stata una delle prime regioni italiane a essere indenne da questo virus “tanto è vero che non è obbligatoria nemmeno la vaccinazione. L’esame all’esemplare corso è stato effettuato perché previsto per legge dopo un episodio così violento”.

Un’aggressione da cui la giovane titolare del chiosco-bar di Sa Rocca Tunda (nella marina di San Vero Milis) si sta riprendendo lentamente. Dopo i quattro giorni di coma, le condizioni migliorano e a breve Valentina Meloni dovrebbe essere trasferita in un centro di ortopedia specializzato nella penisola. L’altro cane corso, Emma, invece è sempre sotto osservazione nel canile Dog Village di Arborea. “La cagna deve stare dieci giorni isolata dagli altri animali – va avanti lo specialista della Asl 5 – poi se tutto andrà bene sarà riconsegnata al proprietario”.

L’EPISODIO – Risale alla vigilia di Pasqua. Valentina era in spiaggia, a Sa Rocca Tunda coi suoi pastori corsi. Una passeggiata come tante altre, ma quella sera qualcosa è andato storto: una furia improvvisa, prima Rubo e poi anche Emma si sono scagliati contro la padrona (secondo quanto raccontato dalla ragazza al risveglio dal coma). La giovane è stata ritrovata da alcuni ragazzi, immediatamente è scattato l’allarme. “Sarà Valentina, se lo vorrà, a raccontare come sono andati i fatti – aggiunge Tonino Falconi – di certo non bisogna dimenticare che i cani sono sempre animali. Chiunque serenamente può prendersi cura di un cane, ma soprattutto quelli di grossa mole vanno educati, non bisogna mai sottovalutare certi segnali”.

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Merlo Indiano

merlo indiano 2Il merlo indiano è un uccello molto popolare per la sua eccezionale abilità nell’imitare i suoni e la voce umana, e per la sua vivace personalità. È un uccello socievole che richiede molta compagnia, ma sa a sua volta intrattenere con la sua incredibile capacità di parlare. Richiede compagnia e attenzioni, e gli si deve dedicare ogni giorno un certo tempo per le pulizie della gabbia, perché sporca molto.

Generalità

gracula religiosaIl merlo indiano o maina (Gracula religiosa) fa parte della famiglia degli Sturnidi, appartenente all’ordine dei Passeriformi. Proviene dall’Asia, dove in natura ha un areale di distribuzione piuttosto vasto, che si estende dalle pendici dell’Himalaya fino allo Sri-Lanka e alle Filippine e dai confini orientali del Pakistan all’Indocina. Quest’ampia area è popolata da 32 specie diverse, alcune sono stanziali – prevalentemente quelle che vivono nelle aree tropicali; altre sono migratorie e preferiscono i tropici solo durante i periodi invernali. In natura vive circa 10 anni mentre in cattività, se ben tenuto, vive il doppio. I merli indiani vivono in stormi di una ventina di esemplari tenendosi sempre in contatto tramite molteplici tipi di suoni, da fischi striduli a tonalità più basse e roche.

Gracula religiosa è la specie più diffusa in Europa; comprende 12 sottospecie, ma in cattività se ne incontrano comunemente solo tre e tutte delle zone temperate. La classificazione è comunque sempre in evoluzione ed esistono pareri diversi, visto le molte similarità delle varie sottospecie.

    • Gracula religiosa indica: originaria del Sud dell’India e dell’isola di Sri-Lanka, con i suoi 25 cm di lunghezza è la più piccola delle tre. E’ considerata la meno abile come imitatrice;

    • Gracula r. intermedia: proviene dalle colline al sud dell’Himalaya, dall’India settentrionale, dalla Birmania e dal sud della Cina. Misura dai 25 ai 30 cm;

  • Gracula r. religiosa: originaria del Borneo, della Malesia e di Sumatra, Bali e Giava. E’, con i suoi 35 cm di lunghezza, la più grande delle sottospecie, è anche considerata la migliore imitatrice.

Gran parte delle altre specie non sono commercializzate o commercializzabili. Le varie sottospecie si differenziano per le dimensioni e il peso (che varia tra i 130 ed i 210 g), la forma delle caruncole occipitali gialle o giallo arancio, per il colore di becco e zampe, i riflessi delle penne e la presenza di macchie o strie bianche sulle ali. Bisogna però ricordare che l’estensione delle caruncole aumenta con età dell’uccello in molte di queste sottospecie.

Legislazione

Le maine rientrano nell’Appendice II della Convenzione di Washington (CITES), sono quindi elencate nella lista delle specie protette. Possono essere commercializzate solo con un documento CITES di importazione valido.

Se possibile è bene informarsi di quale origine hanno questi animali, infatti, nella grande maggioranza dei casi questi uccelli sono esemplari prelevati in natura. Alcune specie e sottospecie vivono nelle foreste pluviali di Thailandia, Birmania e Indonesia dove sono ormai animali rari, proprio per il continuo depauperamento della popolazione dovuto alla continua sottrazione di nidiacei dal proprio ambiente. È bene quindi evitare soggetti prelevati in natura.

La scelta

maina2Dovendo comprare una maina, osservatela con attenzione per evidenziare eventuali segni di malattia. Il piumaggio deve essere in ordine, senza aree nude, le narici pulite, gli occhi limpidi e ben aperti. Il respiro deve essere normale, senza evidenti espansioni dell’addome o movimenti della coda, ed essere silenzioso. Eventuali rumori respiratori sono sempre anormali, anche se occasionalmente le maine possono starnutire in condizioni normali. Osservate con attenzione il comportamento e verificate che sia un animale vivace e di buon appetito. L’età negli adulti è impossibile da determinare, anche nei soggetti anziani. Anche il sesso non può essere determinato con la sola ispezione, perché maschi e femmine sono identici.

Controllate che la gabbia in cui è alloggiata sia ben pulita e informatevi riguardo al tipo di cibo con cui è stata alimentata. È una buona regola far visitare l’animale da un veterinario esperto in medicina aviare subito dopo l’acquisto, per evitare sorprese.

Allevamento

In natura il merlo indiano nidifica nei cavi degli alberi e vive nella parte superiore della foresta pluviale, è bene ricordarsi di questa informazione tutte le volte che siamo chiamati a fare scelte per il benessere dell’animale. Come per tutti gli esseri viventi, per cui si è decisa la cattività, l’allevamento dovrebbe avvenire fornendogli un ambiente il più possibile vicino a quello naturale, per cui anche il maggior spazio possibile. Una voliera, quindi, sarebbe l’ambiente ottimale, scelta che diviene essenziale in caso si decida di riprodurli. Durante la stagione invernale è consigliabile, ove i climi siano più rigidi, ospitarli in casa. Qualora la maina venga tenuta in gabbia le dimensioni non devono essere inferiori a cm 100 (lunghezza) x 60 x 60 (altezza e profondità); meglio se la gabbia è di tipo inglese, cioè con la possibilità di applicare delle pareti, non trasparenti, su tre lati della gabbia. La gabbia inglese permette alla maina di avere una propria “privacy”, rendendola più tranquilla perché riesce a mantenere un completo controllo sull’ambiente circostante, o meglio su quella porzione di ambiente che le resta aperto alla vista. Inoltre questi schermi evitano che le abbondanti deiezioni di questi uccelli imbrattino la zona immediatamente circostante alla gabbia. Sconsigliabili, invece, sono le gabbie rotonde, per il cattivo sfruttamento dello spazio, e perché non permettono un’adeguata apertura alare per cui le ali vanno incontro a continui traumi e/o alla rottura delle penne. La gabbia dovrà contenere gli arredi convenzionali, ma è bene che i posatoi siano dei rami naturali, di 2-4 cm di diametro, lavati e disinfettati e, nel limite del possibile, completi di corteccia.

Le piante di cui si possono utilizzare i rami sono: salice e salice piangente, melo, melo selvatico, 0lmo, frassino, faggio, betulla, corniolo, sanguinella, pioppo bianco, pioppo nero, pioppo tremulo.

Questo accorgimento metterà in condizioni il merlo indiano (ma la regola vale per tutti gli uccelli in cattività), di fare un costante esercizio con i piedi, che così non si indeboliranno, finendo poi per lesionarsi. Potrebbe essere utile un’apertura sul fondo per asportare la lettiera senza dover aprire tutta la gabbia, rischiando la fuga dell’uccello.

I merli indiani hanno bisogno di sole e calore, per cui la parte aperta della gabbia non dovrebbe essere mai orientata verso nord. Ottima pratica è fornirgli, in inverno, una fonte di calore supplementare, anche se tenuti in casa; una lampada a raggi infrarossi è più che sufficiente. Le gracule sono abbastanza resistenti alle basse temperature, attitudine ancora maggiore se provenienti da zone con un clima molto variabile, come il Nord dell’India. Ciò non vuol dire che lo siano anche agli sbalzi di temperatura, specie se repentini. Questo non esclude la possibilità di ospitarli in voliera, a patto che vi restino tutto l’anno, che l’ambiente sia ben progettato e che vengano alimentati in maniera adeguata, soprattutto quando fa freddo. Anche l’umidità potrebbe essere un fattore stressante; in natura le maine vivono in habitat con tassi di umidità elevati, attorno al 70%.

Il miglior substrato per ricoprire il fondo della gabbia è dato dai giornali quotidiani; è economico reperirli e facilitano la sostituzione giornaliera, sono ottimi per assorbire le deiezioni e non sono tossici. I giornali, tra l’altro, spesso vengono utilizzati per costruire un riparo qualora la gabbia non sia fornita di ricovero. L’acqua deve essere fornita con un beverino esterno; la superficie dell’abbeverata deve essere minima (ma sufficiente all’introduzione del becco!) diminuendo così i rischi di inquinamenti fecali; per la stessa ragione anche i contenitori di cibo dovrebbero essere esterni alla gabbia. Il contenitore dell’acqua va lavato tutti i giorni e disinfettato una volta alla settimana per evitare lo sviluppo di batteri pericolosi, comePseudomonas spp., ed anche quello delle alghe. Le vaschette per gli alimenti dovrebbero essere due, una per il pastoncino ed una per i cibi freschi. Alla fine di ogni giornata vanno entrambe svuotate e ben lavate con detersivo per piatti e successivamente ben sciacquate, alfine di evitare la formazione di muffe o la crescita eccessiva di batteri; una volta alla settimana vanno disinfettate con uno dei tanti prodotti reperibili sul mercato oppure con candeggina diluita (un cucchiaio in due litri di acqua). Almeno una volta al giorno, soprattutto d’estate, bisognerebbe dare la possibilità al merlo indiano di fare il bagno, per questo si può introdurre sul fondo una vaschetta con acqua in cui sguazzerà contento. In inverno è possibile sostituire l’acqua con la sabbia.

I merli indiani sono animali curiosi ed amano esplorare, per questo mettere dentro la gabbia alcuni oggetti, anche colorati, giochi per bambini piccoli (anche sonagli capaci di far rumore) o per pappagalli, tubi di cartone, catenelle di corda naturale, ne migliora le condizioni di vita.

Alimentazionemaina1

La maina è un uccello onnivoro; volando sopra gli alberi trova i suoi alimenti preferiti, come frutta, nettare dei fiori, insetti e anche nidiacei compresi quelli della sua stessa specie. Come sappiamo, la salute di ogni animale è dipendente in buona misura da un’alimentazione ben bilanciata, infatti più della metà delle malattie riscontrate negli uccelli esotici trae origine da una cattiva alimentazione.

Le maine hanno una particolarità fisiologica che le caratterizza: sono particolarmente predisposte all’accumulo nel fegato del ferro contenuto nell’alimento, che causa una grave patologia che le porta alla morte. Per mantenersi in salute richiedono dunque una dieta con una quantità di ferro piuttosto limitata. La maggior parte degli alimenti confezionati per le maine vengono preparati senza attenzione a questo particolare e contengono spesso livelli di ferro eccessivi. Volendo scegliere cibi confezionati è quindi indispensabile verificare sulla confezione la percentuale di ferro che vi è contenuta, che deve essere inferiore a 150 ppm (parti per milione), o preferibilmente più bassa. Se l’indicazione sul contenuto di ferro non è riportata sulla confezione, il prodotto va senz’altro scartato. Se non si riesce a reperire un alimento idoneo, si può ripiegare su un mangime pellettato (formulato in granuli) per pappagalli di piccola taglia, integrato con frutta fresca a pezzetti.

Indipendentemente dal tipo di preparazione (miscelatura, estrusione, pellettatura, ecc.), gli alimenti commerciali ben formulati contengono tutto il necessario alla vita in buona salute dei nostri uccelli. I principali vantaggi di questo tipo di alimentazione sono di facile comprensione: gli alimenti sono prodotti con una scelta obiettiva delle materie prime; il processo produttivo permette l’eliminazione di eventuali batteri, funghi e muffe e inoltre permette l’integrazione, durante la lavorazione, di vitamine, minerali e altri oligoelementi. L’alimento è perfettamente bilanciato così si possono formulare alimenti differenziati per i diversi momenti fisiologici della vita degli uccelli (crescita, allevamento, mantenimento). Inoltre non contengono gusci o bucce, per cui il maggiore costo è compensato dall’assenza di scarti, perciò si osserva una netta diminuzione di sporco attorno alla gabbia ed è più facile esercitare una verifica obiettiva della quantità di alimento effettivamente consumata. Ciò permette un certo controllo anche del costo dell’alimentazione.

Tale alimentazione pre-formulata ha anche alcuni aspetti negativi: l’alimento è un po’ monotono, la dieta ha un’umidità più bassa delle necessità del merlo indiano, per cui diviene fondamentale la presenza di acqua fresca.

Per una migliore conservazione del cibo bisogna trovare un luogo fresco ed asciutto e non sempre è possibile tenerne grosse quantità in frigorifero. Per fortuna oggi è possibile rifornirsi di questi alimenti, perché meglio distribuiti di qualche tempo fa. Questo tipo di alimento può essere lasciato a disposizione a volontà, avendo cura di tenere il peso dell’animale sempre sotto controllo per evitare l’obesità.

Alcune marche di mangimi per maine ben formulati sono: Pretty Bird Softbill Select, Kaytee Exact Original Softbill Food, Mazuri ZuLiFe Soft-Bill Diet.

Si possono offrire anche riso integrale bollito, patate lesse, mais, mele, banane, pere, papaya, meloni, anguria. Si deve evitare di offrire la frutta più ricca di vitamina C (agrumi e kiwi), perché la vitamina C favorisce l’assorbimento del ferro, e gli alimenti ricchi di ferro come uva, verdure a foglia e verdure di colore verde scuro. Per comodità, si può anche usare la frutta in scatola, purché non zuccherata.

Ovviamente qualora si decida un cambio di alimentazione la maina deve essere educata ad accettare gli alimenti nuovi e/o diversi e di conseguenza anche i proprietari devono imparare a fornirgli l’alimento in modo corretto. Questo è utile per controllare lo stato di salute dei propri animali (anoressia) e contemporaneamente evitare inutili sprechi.

Alcune strategie per modificare il comportamento alimentare dei merli indiani sono le seguenti.

  • Non sostituite improvvisamente la vecchia dieta con la nuova; ciò, oltre ad essere controproducente, è spesso anche pericoloso.

  • Le maine scelgono l’alimento in base alle sue caratteristiche fisiche (forma, dimensione, colore e consistenza), più che chimiche (odore e sapore), per cui spesso l’alimento nuovo non viene accettato in quanto “strano a vedersi”: all’inizio offrite una razione normale, di alimento convenzionale, nascosto da un leggero strato di cibo pre-formulato, in modo che i vostri merli indiani siano obbligati a prendere nel becco il nuovo cibo, per arrivare a quello vecchio.

  • Procedete in modo progressivo alla sostituzione, fino ad arrivare alla completa eliminazione del cibo vecchio.

  • Una volta insegnato ai vostri uccelli ad alimentarsi con il cibo pre-formulato, riducetene la quantità fino ad arrivare a determinare il consumo medio giornaliero; aumentate quindi tale valore del 10-15%: questa sarà la razione quotidiana dei vostri animali.

  • Oltre al cibo pre-formulato va offerta sempre una buona scelta di frutta e verdura fresche di stagione, tagliate a pezzetti.

Alimenti tossici: non offrire mai avocado e cioccolata, oltre naturalmente a tutto ciò che può essere tossico per l’uomo e per gli altri animali.

Il rapporto maina-uomo

La gracula è un ottimo pet e raggiunge un alto livello di confidenza con l’uomo, solo inferiore a quello che si può osservare con alcuni pappagalli. Per questo motivo è bene scegliere una maina solo se si può assicurarle, nell’arco della giornata, diverse ore di compagnia, altrimenti è bene prendere una coppia. Il proprietario ideale per il merlo indiano è una persona che lavora in casa, oppure che può ospitare l’uccello dove svolge la sua attività.

Come prima accennato, infatti, le gracule hanno bisogno di avere un po’ di attività nei loro pressi, altrimenti si annoiano. Oppure possono tenere altri uccelli, in differenti voliere, ma nella stessa stanza. Le straordinarie doti di parlatore risultano migliori nelle maine allevate a mano sin dalla più giovane età.

Riproduzione

La riproduzione in cattività delle maine è piuttosto difficile.

Le maine sono uccelli monomorfici, vale a dire che maschi e femmine sono esternamente identici e non è possibile distinguere i due sessi dall’aspetto. Se si vuole determinare il sesso si deve procedere a un test genetico (eseguito in laboratorio dal sangue o da alcune penne) oppure con un intervento di endoscopia eseguito in anestesia generale.

Una volta in possesso di una coppia “certa”, la riproduzione va necessariamente tentata in una voliera esterna: finora non è mai successo che una coppia di questi uccelli si riproducesse in casa. La coppia va quindi alloggiata in un’ampia voliera di almeno m 1,5 x 2 x 2 d’altezza, ed è necessario che siano gli unici animali presenti nella gabbia. Nonostante sia un animale sociale nel periodo della cova la coppia ha esigenza di quiete. La presenza continua dell’allevatore o l’eccessiva frequenza dei suoi controlli possono far desistere la coppia dalla cova. In natura le gracule covano tra aprile e agosto. Nella voliera verranno posti a dimora alcuni cespugli e, al limite, anche qualche piccolo albero. Inoltre si disporranno fra le fronde almeno due o tre nidi a cassetta (20 cm per 20 cm e 30 cm di altezza, con un’apertura rotondeggiante di almeno 8 cm), oppure si metteranno un paio di tronchi scavati delle medesime dimensioni. All’interno le maine costruiscono la “coppa” deputata a contenere le uova, per questo è meglio lasciarle a disposizione diversi tipi di materiale: fieno, fili di lana, muschio, foglie secche, bastoncini, fronde. A nido pronto depongono due o tre uova verde pallido, con piccole macchie bruno-rossastre, di 26 mm per 36 mm. La cova dura 13 – 15 giorni ed inizia dopo la deposizione del secondo uovo. I piccoli vengono accuditi da entrambi i genitori finché si rendono indipendenti, cioè a 30 – 35 giorni, ma già attorno al 22° giorno sono completamente piumati. Le caruncole occipitali, generalmente di colore giallo, negli individui giovani sono rosa, così come le zampe, per la mancanza di pigmento.

La maturità sessuale viene raggiunta a un anno di età.

fonte: http://www.aaeweb.net