Sverminare gli ovini – Ivomec

1657872-caproneMi è capitato di notare un costante dimagrimento di alcuni soggetti presenti nel mio allevamento famigliare. Poichè hanno la possibilità di pascolare dall’alba al tramonto su un ricco prato inerbato da colture miste e siccome gli esami del sangue fatti dalla Asl erano tutti negativi, altro non può essere che una infestazione parassitaria da vermi. Ho cercato un prodotto specifico su google ma non ho trovato nulla. Su molti forum non sono gradite pubblicità ai prodotti mentre qui vi indicherò come fare.

Per sverminare le mie caprette ho usato l’IVOMEC che gentilmente mi ha passato la mia vet in una siringa.  Basta una sola iniezione per risolvere il problema.

Di seguito trovate la scheda del prodotto.

Spero di esservi stato utile! 😉

Se volete sapere di più sulle malattie degli ovini, SCARICATE QUESTA GUIDA

La soluzione iniettabile e’ indicata per il trattamento ed il controllo delle seguenti specie di nematodi gastrointestinali, vermi polmonari, altri nematodi, parassiti esterni, pidocchi ematofagi ed acari della rogna dei bovini. Nematodi gastrointestinali (adulti e larve di 4 stadio) Ostertagia ostertagi (incluse le larve inibite), Ostertagia lyrata, Haemonchus placei, Trichostrongylus axei, Trichostrongylus colubriformis, Cooperia oncophora, C. punctata, C. pectinata, Cooperia spp., Oesophagostomum radiatum, Bunostomum phlebotomum, Nematodirus helvetianus (adulti), N. spathiger (adulti), Strongyloides papillosus (adulti),Toxocara (Neoascaris) vitulorum (adulti). Vermi polmonari: (adulti elarve di 4 stadio) Dictyocaulus viviparus (incluse le larve inibite).Altri nematodi: Parafilaria bovicola e Thelazia spp. (adulti). Parassiti esterni: Hypoderma bovis, H. lineatum (stadi larvali). Pidocchi: Linognathus vituli, Haematopinus eurysternus, Solenopotes capillatus, come ausilio nel controllo dei mallofagi appartenenti alla specie Damalinia bovis. Acari: Psoroptes ovis (sin. P. communis var. bovis), Sarcoptes scabiei var. bovis, come ausilio nel controllo di Chorioptes bovis.

Il farmaco, somministrato alla dose raccomandata di 1 ml per 50 kg di peso corporeo controlla reinfestazioni sostenute da Haemonchus placei e Cooperia spp. che hanno luogo nei primi 14 giorni dal trattamento,da Ostertagia ostertagi ed Oesophagostomum radiatum che hanno luogo nei primi 21 giorni dal trattamento e da Dictyocaulus viviparus che hanno luogo nei primi 28 giorni dal trattamento.

SUINI: la soluzione iniettabile di IVOMEC e’ inoltre indicata per il trattamento ed il controllo dei seguenti parassiti dei suini: nematodi gastrointestinali (adulti e larve di 4 stadio) Ascaris suum, Hyostrongylus rubidus, Oesophagostomum spp., Strongyloides ransomi (adulti), come ausilio nel controlodei nematodi ematofagi appartenenti alla specie Trichuris suis (adulti). Il prodotto somministrato alle scrofe 7-14 giorni prima del parto controlla efficacemente la trasmissione transmammaria ai suinetti delleinfestazioni da Strongyloides ransomi. Vermi polmonari (adulti) Metastrongylus spp. Pidocchi: Haematopinus suis. Acari: Sarcoptes scabiei var. suis. Nota: si raccomanda di usare particolare attenzione per prevenire il trasferimento della parassitosi ad animali sani o luoghi noninfestati, dato che l’effetto dell’ivermectina sugli acari non e’ immediato. I suini non dovrebbero essere spostati in luoghi indenni od esposti a contatto con soggetti sani per almeno una settimana dopo il completamento del trattamento. Le scrofe dovrebbero essere trattate almeno una settimana prima del parto per minimizzare il trasferimento di acari ai suinetti. Nel caso di pediculosi, puo’ rendersi necessario ritrattare i soggetti poiche’ alle uova del parassita occorrono almeno 3 settimane per schiudere.

CONTROINDICAZIONI/EFFETTI SECONDARI:
Non usare per via intramuscolare ed endovenosa.

USO/VIA DI SOMMINISTRAZIONE:
Via sottocutanea.

POSOLOGIA:
BOVINI: il dosaggio raccomandato e’ di 200 mcg di ivermectina ogni chilogrammo di peso corporeo, corrispondente a 1 ml di soluzione ogni 50kg di peso corporeo, da somministrarsi unicamente per via sottocutanea. L’iniezione sottocutanea va effettuata in posizione craniale o caudale rispetto alla spalla. Si raccomanda l’uso di ago sterile calibro 16, da 15 a 20 mm. SUINI: il dosaggio raccomandato e’ di 300 mcg di ivermectina ogni chilogrammo di peso corporeo, corrispondente a 1 ml di soluzione ogni 33 kg di peso corporeo. La via di somministrazione raccomandata e’ quella sottocutanea nella parte dorsale del collo. La soluzione puo’ essere somministrata con qualsiasi apparecchiatura standard automatica o a dosaggio singolo, rispettando le normali condizioni di asepsi. Programmi consigliati di trattamento dei suini. Suini da riproduzione: all’inizio di qualsiasi programma di controllo antiparassitario e’ importante trattare tutti gli animali da riproduzione presenti nel gruppo. Dopo il trattamento iniziale, impiegare IVOMEC con regolarita’ come segue: scrofe e scrofette: trattare preferibilmente 7-14 giorni prima del parto per minimizzare l’infestazione dei suinetti. Trattare anche 7-14 giorni prima dell’accoppiamento. Verri: trattare almeno due volte all’anno a seconda della gravita’ dell’infestazione. Suini all’ingrasso: si raccomanda di trattare tutti i suini prima dell’immissione nei recinti da ingrasso non infestati e comunque qualora si dovessero riscontrare episodi di endo- ed ectoparassitosi.

CONSERVAZIONE:
Questo medicinale veterinario non richiede alcuna speciale condizionedi conservazione. Non congelare.Tenere fuori dalla portata dei bambini. Non usare dopo la data di scadenza riportata in etichetta. Periodo di validita’ dopo la prima apertura del flacone: 11 mesi

AVVERTENZE:
Suddividere dosi superiori a 10 ml in due punti di iniezione per ridurre i disturbi occasionali e le reazioni all’inoculo. Utilizzare puntidi inoculo differenti per altri prodotti ad uso parenterale.

TEMPI DI SOSPENSIONE:
Carni bovine: 42 giorni. Carni suine: 28 giorni. Da non usare in bovine in asciutta, in lattazione ed in riproduzione, al fine di evitare residui del farmaco nel latte destinato al consumo umano.

SPECIE DI DESTINAZIONE:
Bovini e suini.

INTERAZIONI:
Puo’ essere somministrato contemporaneamente al vaccino antiaftoso o ai vaccini per le clostridiosi,senza provocare reazioni indesiderate. Altri prodotti iniettabili devono essere somministrati in aree cutaneediverse.
DIAGNOSI E PRESCRIZIONEDa vendersi dietro presentazione di ricetta dedico-veterinaria in triplice copia non ripetibile.

EFFETTI INDESIDERATI:
Sono stati notati disturbi transitori in alcuni bovini dopo il trattamento sottocutaneo. Inoltre, nel punto di inoculo sono stati osservatidei transitori e leggeri gonfiori. Tali reazioni secondarie si sono risolte senza trattamenti.

GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO:
Da non usare in bovine in asciutta, in lattazione ed in riproduzione,al fine di evitare residui del farmaco nel latte destinato al consumo umano.

 

Ritrovamento cuccioli di animali selvatici, ecco cosa fare

cucciolo-caprioloDalla fine dell’inverno all’inizio dell’autunno è facile che vi imbattiate in animali selvatici che potrebbero sembrare abbandonati, o in difficoltà. In realtà sono solo dei giovani o piccoli in allattamento che attendono il ritorno dei genitori rimanendo nascosti e immobili, unica loro forma di difesa contro eventuali predatori.

I consigli su cosa fare giungono dal personale del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga:

 

“Comportamenti naturali per noi “umani” alcune volte si dimostrano dannosi nei confronti degli animali selvatici che vorremmo aiutare.

17_2_Grafica_PNALMDalla fine dell’inverno all’inizio dell’autunno è facile che vi imbattiate in animali selvatici che potrebbero sembrare abbandonati, o in difficoltà. In realtà sono solo dei giovani o piccoli in allattamento che attendono il ritorno dei genitori rimanendo nascosti e immobili, unica loro forma di difesa contro eventuali predatori.

Le madri di Cervo e Capriolo, ma anche quelle di molte altre specie animali, utilizzano i prati, il sottobosco o le siepi per nascondervi i cuccioli in allattamento e poi andare ad alimentarsi più lontano evitando, così, di richiamare, con la loro presenza, eventuali predatori che potrebbero catturare i cuccioli.

Quando scorgete un piccolo di qualsiasi specie, immobile e acquattato osservatelo e godete della sua bellezza e tenerezza, ma non toccatelo a meno che non sia gravemente ferito o posto in un sito pericoloso come, ad esempio, in mezzo ad una strada. Nel qual caso è opportuno spostarlo semplicemente di pochi metri facendo in modo che la madre lo possa ritrovare facilmente ed evitando al contempo eventuali incidenti.

Allontanandoti dal luogo del ritrovamento senza accarezzarlo, permetterai ai genitori che ti hanno scorto di ritornare dal loro piccolo, ma soprattutto eviterai che lo abbandonino definitivamente a se stesso, sentendo il tuo odore su di lui. Solo così eviterai la sua sicura morte.

LA MAMMA ASPETTA CHE TI ALLONTANI PER POTER RAGGIUNGERE IL SUO PICCOLO

Se lungo le strade, i sentieri o in mezzo ai prati, vi imbattete in piccoli di animali selvatici apparentemente bisognosi di cure, ecco cosa è importante sapere:

 

  • Per gli animali selvatici, il posto migliore in cui vivere ma anche in cui morire è il loro habitat naturale. Questo significa conoscerli e rispettarli.
  • I mammiferi come il cervo, il capriolo, il daino, e la lepre non hanno una tana in cui partorire i piccoli e non formano nuclei familiari in cui la prole è sempre a contatto con i genitori. La madre li accudisce e alimenta ad intervalli regolari, per allontanarsi subito dopo, in modo da non attirare i predatori sul luogo in cui è nascosto il proprio piccolo.
  • Alcuni uccelli abbandonano spontaneamente il nido (es, civette, allocchi, allodole, spioncelli…), quando ancora non sanno volare, pur essendo ancora seguiti ed alimentati dai genitori.
  • I nidiacei ed i cuccioli sani devono essere lasciati nel luogo di ritrovamento (senza toccarli ed accarezzarli), a meno che non si sia certi della morte dei genitori o di un pericolo incombente.
  • I nidiacei, se possibile, riposizionateli velocemente nel nido o su di un ramo. I genitori continueranno a nutrirli, di notte, quando ve ne sarete andati.
  • I cuccioli, solo se in grave pericolo, spostateli in un luogo protetto poco distante da dove l’avete trovati e possibilmente, senza toccarli con le mani nude.
  • Tenete il vostro cane al guinzaglio durante le passeggiate in natura, soprattutto da aprile a luglio.
  • Gli uccelli ed i mammiferi selvatici sono specie protette ed appartengono al patrimonio dello Stato (L 157/92, Direttive Internazionali)”.

I casi mediatici senza senso delle organizzazioni animaliste danneggiano gli animali. E chi li ama. Che merita di meglio

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Ho sempre pensato che bestemmiando si offendessero i cristiani.

Ho sempre pensato che avesse ragione mio nonno. Da ateo, non bestemmiava perché, semplicemente, oltre a ritenerla una pratica volgare,”“non puoi insultare qualcosa che non credi nemmeno che esista”.

Io sono molto più triviale di mio nonno, camallo del porto dall’animo nobile. Rispetto la Fede altrui ma mi capita di trascendere e usare la bestemmia come intercalare. Mea culpa.

Mai però avrei pensato che bestemmiando si potesse offendere un gregge di pecore.

Dello stesso avviso non è la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals), l’organizzazione animalista che in Australia ha denunciato tal Ken Turner, proprietario di un complesso agricolo perché un suo dipendente era stato ripreso mentre imprecava davanti alle pecore al pascolo.
Secondo l’accusa, il gregge si sarebbe potuto offendere. Secondo Turner, “Nessuna pecora mi ha denunciato. Non mi sono sembrate neppure offese quando le ho tosate”.

La vicenda, da un punto di vista legale, si è fortunatamente conclusa in un nulla di fatto (In Australia, come in Italia, l’illecito amministrativo, non contempla la presenza di animali, ma solo di esseri umani.

Le associazioni animaliste non suono nuove a tempeste nei bicchieri che rasentano la follia.
Avete presente la gallina del Mulino Bianco, quella degli spot conAntonio Banderas?
Per l’Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) “La gallina appare innaturale nei movimenti, potrebbe essere per le condizioni di forte stress dovuto alla legatura delle gambe”. Così tuonavano qualche mese fa. L’aspetto “innaturale” derivava da una ragione molto semplice: non si è mai trattato di una vera gallina, ma di un robot.

Altro caso surreale fu la battaglia, sempre dell’Aidaa, controCappuccetto rosso, fiaba colpevole di dipingere i lupi come animali cattivi. Il loro intento era quello di chiedere “a tutti i genitori di non leggere più ai propri figli la fiaba di Cappuccetto rosso, alle biblioteche di ritirarla dagli scaffali ed alle case editrici di smettere di pubblicare quell’orribile inno all’odio contro gli animali e a favore dei cacciatori assassini di animali”.

Lorenzo Croce, Presidente dell’associazione animalista, puntualizzava: “Dopo l’orrore di Peppa Pig che mostra i maialini felici quando invece sono sterminati nei mattatoi è ora di pensare alla distruzione di un altro falso mito alimentato da orribili fiabe, quello del lupo cattivo che viene tramandato da generazioni nei bambini con l’orribile fiaba di cappuccetto rosso dove il lupo viene presentato non solo come un animale cattivo, ma anche cinico e mangiatore di uomini”.
Chissà che ne pensano dei pinguini di Madagascar!

Al di là di ogni facile ironia, sforzandomi di mitigare le mie prese di posizione estetiche (trovo hippy e vegani impresentabili, non sopporto come si vestono o come parlano) la verità è che è perfettamente comprensibile il pensiero di chi ama gli animali e desidera non nuocere loro, si astiene dal mangiarli e si impegna per accudirli e tutelarli.

Nonostante i miei pregiudizi e la mia profonda convinzione che sia legittimo e sano nutrirsi di carne animale e distinguere in maniera netta l’importanza della vita degli esseri umani e l’importanza della vita degli altri esseri viventi (considero chi sostiene che “mangiare agnellini sia come mangiare neonati” pazzi ipocriti pericolosi) negli anni ho conosciuto diversi vegetariani, vegani e animalisti sani di mente e razionali.

Persone che hanno idee (condivisibili o meno) che portano avanti con serena passione e rispetto altrui.

Ogni volta che leggo notizie come quelle delle bestemmie, delle (cyber) galline e delle fiabe istigatrici di violenza penso a loro.

E a quanto sia profondamente ingiusto che debbano essere rappresentati da squinternati e piantagrane, furbastri esibizionisti sollevatori di polemiche inutili che magari non offenderanno pecore, lupi o maiali, ma immagino offendano l’intelligenza e il decoro di milioni di esseri umani che amano gli animali.

Marco Cubeddu

fonte: panorama.it

 

Foto: 20 gennaio 2015. Un gruppo di pecore della Fattoria Ambury al pascolo in un prato arso ad Auckland, in Nuova Zelanda. Nel Paese il livello di umidità del suolo è inferiori alla media a causa della perdurante siccità. – Credits: Phil Walter/Getty Images

Come fare il formaggio

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Il formaggio deriva dalla coagulazione del latte (vaccino, caprino o ovino) tramite caglio. Il caglio è il prodotto della macerazione di parti dello stomaco di vitello, di agnello o di capretto in un liquido appropriato. In commercio si trovano vari tipi di caglio. È meglio acquistarne uno di buona qualità con l’indicazione della sua forza coagulante. La più diffusa è 1:10.000, cioè circa 1,5 ml di caglio coagula in quaranta minuti 10 litri di latte con normale acidità a 35 °C. Va precisato che il latte coagula anche da solo dopo circa 12-18 ore che è mantenuto ad una temperatura di 30 °C, sotto l’azione dell’acido lattico che si forma. Vedi Termometri per alimenti. Si può aiutare la coagulazione naturale con del succo di limone oppure con una piccola quantità di siero di una precedente cagliata (la massa del latte coagulato). Più la temperatura è elevata e maggiore sarà la velocità di coagulazione. Per avere la cagliata in un tempo prestabilito si ricorre all’uso del caglio. Per chi non volesse ricorrere all’uso di caglio animale ci sono in commercio anche cagli interamente chimici ma anche, ancor meglio, il caglio di carciofo selvatico.

Il caglio va aggiunto al latte intiepidito ad una temperatura di 36°-39°C secondo il tipo di formaggio. Se ci sono problemi di cagliatura si può provare ad alzare la temperatura prima di provare ad aggiungere dell’altro caglio. Prima di essere aggiunto al latte è bene che il caglio sia diluito in poca acqua. Per piccole forme di formaggio casalingo è bene dosare il caglio con un contagocce. Il caglio teme la luce e il calore: tenerlo quindi in frigorifero in una bottiglia di vetro scuro. Un consiglio prezioso è quello di non rimestare il latte una volta che è iniziata la coagulazione né spostare i recipienti che la contengono perché la cagliatura è un processo molto delicato. Dopo la coagulazione del latte c’è la fase cosiddetta della rottura della cagliata e dello spurgo. Per una lavorazione casalinga si può rompere la cagliata con le mani sgretolandola molto lentamente. La rottura della cagliata favorisce lo spurgo.

Lo spurgo consiste nella successiva separazione della cagliata dal siero (la parte solida da quella liquida). Prima però di prelevare con un mestolo il siero per effettuare la separazione (o con altro sistema) si deve lasciar riposare la cagliata dopo la rottura per qualche minuto così che possa sedimentarsi bene sul fondo. Per alcuni tipi di formaggio (i cosiddetti formaggi cotti), la cagliata, una volta frantumata, viene cotta a una temperatura comunemente compresa tra i 44 e i 56 °C, secondo il tipo di formaggio che si vuole così ottenere. La cottura facilita un ulteriore spurgo e favorisce l’aggregazione dei grumi caseosi.

La filatura è un’altra operazione talvolta operata al fine di conseguire determinate qualità di formaggio. La cagliata viene lasciata per alcune ore nel siero caldo acido. In questo modo si ottiene la solubilizzazione dei sali di calcio e la demineralizzazione della pasta che diventa plastica. La pasta può venire allora lavorata e ridotta in filamenti da cui si ottengono le forme desiderate di formaggi a pasta filata. Dopo lo spurgo avviene la salatura che può essere di tue tipi: a secco o in salamoia. Quella a secco è riservata ai formaggi molli e consiste nel cospargere di sale grosso, secondo la misura richiesta e in più riprese su entrambe le facce, la forma di formaggio. Per quella in salamoia i formaggi vengono messi in vaschette di acqua e sale.

La salatura aumenta anch’essa lo spurgo, preserva dallo sviluppo di microorganismi o muffe nocive, aumenta il gusto del formaggio, determina la costituzione della crosta e solubilizza le proteine.

La stagionatura, ultima fase del processo caseario, è il processo di maturazione dei formaggi. È un aspetto fondamentale di tutta la lavorazione e serve a far assumere al formaggio la consistenza e l’aspetto dovuti. La stagionatura evidenzia sapori e aromi mediante un complicato processo chimico-enzimatico. Essa viene attuata in ambienti che cambiano a seconda del tipo di formaggio, ma che in linea di massima hanno condizioni di temperatura attorno ai 3-8 °C e umidità dell’85-90%.

Ricetta base per un formaggio di latte vaccino con caglio

Se si può utilizzare il latte vaccino di qualche allevamento che si ha nelle vicinanze sarebbe meraviglioso e il risultato sicuramente più corrispondente alle aspettative. In caso contrario ci si serva almeno del latte intero fresco perché quello a lunga conservazione ha subito trattamenti tali per cui è impossibile qualsiasi sua altra trasformazione. Gli strumenti che possono servire per realizzare del buon formaggio casalingo sono pochi e semplici. A parte una buona pentola di acciaio servirà senz’altro un apposito termometro per i formaggi con il quale misurare la temperatura nella varie fasi della lavorazione e le fascere (in acciaio o plastica), sorta di stampi forati in cui mettere la cagliata a spurgare e a prender forma. E poi alcune garze, un colino e delle vaschette di plastica se si vuole produrre del formaggio stagionato in salamoia. Per il discorso sulla qualità di un alimento prodotto in casa valgono le stesse considerazioni fatte per il pane. Se si può avere il controllo su quello che si mangia lo si avrà anche sulla salute. La ricetta che segue può essere variata in quantità rispettando debite proporzioni per gli ingredienti.

Procedimento

formaggio-casalingoPrendere 10 litri di latte, metterli in una pentola di acciaio e intiepidire sul fuoco a 27-28 °C. Quindi spegnere e aggiungere 1,5 ml di caglio (forza 1:10.000) mescolando bene. Infine coprire. Il tempo di cagliata varia a seconda della temperatura dell’ambiente. La cagliata è comunque pronta quando inserendo uno stuzzicadenti nel centro della stessa esso rimane diritto. A quel punto, rompere la cagliata con le mani, o con il mestolo, agendo molto lentamente e fino in fondo. Un siero verde chiaro o bianco trasparente è segno dell’ottima riuscita della cagliata. Quest’ultima, dopo esser stata frantumata va lasciata depositare sul fondo per qualche tempo finché la parte liquida in superficie si è separata in modo netto dalla parte solida. Togliere quindi con un mestolo il siero (la parte liquida) sovrastante la cagliata. Il siero va poi messo da parte perché con esso si può fare la ricotta (vedi oltre). Ora: per ottenere un formaggio stagionato che si conserva a lungo mettere la pentola con la cagliata sul fuoco e portare il tutto a 37 °C, facendo attenzione che non si attacchi sul fondo. Poi spegnere. Se invece si vuole preparare un formaggio fresco non necessita scaldare ulteriormente la cagliata e si prosegue direttamente con le fasi successive. Con la cagliata separata dal siero, riscaldata o meno secondo il tipo di formaggio, si proceda quindi come segue: con un colino pescare la cagliata all’interno della pentola e metterla nelle fascere previamente ricoperte da una garza. Schiacciare con le dita il formaggio affinché il siero rimanente possa uscire.

filtrare-formaggio-garzaRicoprire poi con il risvolto della garza ogni forma di formaggio che va schiacciata ancora sulla cima. Capovolgere le fascere, estrarre i formaggi e togliere le garze che li avvolgono. Rimetterli quindi nelle fascere per 24 ore coprendole con un telo di cotone.

Dopo questo tempo, se si tratta di formaggio fresco si può mettere in frigorifero o consumare immediatamente, mentre se si tratta di preparare quello stagionato bisogna passare alla fase della salamoia che consiste nel far bollire dell’acqua con un’aggiunta di 150 grammi di sale fino per ogni litro della stessa. Lasciare poi raffreddare e mettere l’acqua salata in una vaschetta di plastica.

Si prendono quindi i formaggi e si immergono nella salamoia in cui si lasciano per 24 ore, rigirandoli sottosopra una volta al giorno (i formaggi devono galleggiare). Passato questo termine, togliere le forme di formaggio e depositarle su teli di cotone, rigirandole sottosopra per i primi due o tre giorni in modo che si asciughino. Per farle stagionare, mettere poi le forme su assi di legno non trattato (il legno di pioppo è il più indicato) in luogo fresco.

Come fare la ricotta in casa

Si prende il siero che si era ottenuto dalla prima coagulazione del latte e si scalda sin quasi a ebollizione (85 °C). Quindi si spegne e si aggiunge una tazza di acqua fredda per far calare la temperatura. Questo procedimento va ripetuto di seguito per quattro volte. L’ultima volta aggiungere insieme alla tazza d’acqua anche quattro gocce d’aceto bianco che facilitano la lavorazione. Dopo aver spento definitivamente la fiamma raccogliere con una schiumarola i grumi caseosi che vengono a galla (cioè la ricotta) e riporli in una fascera. A scolatura e raffreddamento terminato la ricotta è pronta da consumare. Se la lavorazione ha prodotto un buon risultato il siero che è rimasto nella pentola dovrebbe essere giallino o verde trasparente. Questo siero potrebbe poi essere ancora utilizzato come cibo per animali da cortile o maiali.

Come fare un formaggio fresco usando il limone come caglio

Si può avere una buona formaggella fresca anche usando il limone come coagulante. Per ogni litro di latte intero ci vuole il succo di un limone. Portare quindi la quantità voluta di latte a ebollizione. Versarvi il succo del limone necessario e mescolare velocemente con un cucchiaio di legno. Si formerà quasi subito la cagliata e la fiamma andrà immediatamente abbassata per qualche minuto e poi spenta. Filtrare con un colino la massa coagulata e riporre in un piatto il formaggio così ottenuto. Aggiungere sale a piacere. Si conserva a temperatura ambiente ed è immediatamente consumabile. Attenzione: Alimentipedia non si assume nessun tipo di responsabilità per possibili intossicazioni derivanti da formaggi fatti in casa.

Tratto da: alimentipedia.it

Preparare il formaggio di capra

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Che soddisfazione! Abbiamo acquistato le caprette l’anno scorso, in primavera è nata Felicity e, finalmente, abbiamo il latte di capra per fare i nostri formaggi fatti in casa.

11069685_10204134922718191_8764195241808947592_nTutte le mattine Linda (la nostra capretta da latte di razza Camosciata delle Alpi), ci aspetta in attesa di essere munta. Felicity assiste alla mungitura dal suo box che la divide dalla mamma per la notte, se no….non avremmo latte anche per noi! Portiamo loro mezzo secchio di fiocchetto misto: un po’ per Rey (il becco) che ci attende fuori dal box, un po’ per Felicity e il rimanente a Linda. Mentre lei mangia, procediamo con la mungitura. 11150225_10204134923398208_7777284366711998128_nEssendo primipara, ogni mattina ci regala solo… 850 gr di latte profumato e schiumoso. Terminata la mungitura che dura pochi minuti, le caprette possono uscire fuori dal box per pascolare fino a sera. Tutto fila perfettamente, ogni giorno riviviamo un ciclo antico di millenni tra capra e uomo.

Il latte appena munto viene filtrato con un colino al cui interno vi è una garza per filtrarlo ulteriormente dopo di chè viene riposto in frigo. Ottenuti 4 litri di latte, lo scaldiamo leggermente a fuoco basso per portarlo sui 30 -35 gradi. Il caglio lo compriamo in farmacia ed è pratico gestirlo perchè viene venduto in un contenitore con conta gocce. Una volta che il latte è a temperatura, si può prendere una tazzina del caffe, metterci un paio di cucchiaini di acqua e poi il caglio (per tre litri bastano 15 gocce). Si gira il tutto per poi rovesciarlo direttamente nel latte. 11255480_10204288842726095_7665370650842134848_nMescolate bene in modo che il caglio sia ben distribuito nel latte. Fate riposare per 12 ore fuori frigo ad almeno 20 gradi con un coperchio. Trascorso questo periodo noterete che il siero è al di sopra della parte solida dall’aspetto compatto e gelatinoso. E’ il momento di rompere la cagliata. Potete usare una frusta da cucina dall’alto al basso e poi da sinistra a destra come a formare dei quadrati. Prendete un’altro contenitore, al di sopra ponete un grosso colino(deve contenere tutta la parte densa)con all’interno la garza in modo da dividere bene la parte solida da quella liquida). Delicatamente, con un mestolo, passate la cagliata nel colino. Il siero, NON BUTTATELO! Vi servirà per fare la ricotta di capra! 😉

Delicatamente, con le nocchie delle mani, pressate la materia grassa rimasta nel colino in modo che il siero esca. Mantenete la cagliata a scolare nel colino con al di sotto un piatto per raccogliere il siero e lasciate riposare per 6-12 ore, non oltre se no si guasta. Passate le ore per la sgocciolatura, salate e mettete il tutto in uno stampo che più vi piace. lasciare riposare per la notte e il gioco è fatto! Potete insaporire il formaggio con un mix di erbe oppure servendolo così com’è su un piattino con oli extravergine di oliva, sale e pepe.. 😉

Ricapitolando:

  1. 1
    In una pentola, o in un bollitore per il bagnomaria, versa i 4 litri di latte.Riscaldalo per raggiungere la temperatura di 30°C.
  2. 2
    Aggiungi il caglio liquido miscelato con un paio di cucchiaini di acqua e mescola con cura utilizzando una schiumarola, lo strumento ideale per amalgamare i due ingredienti fondamentali del formaggio di capra.
  3. 3
    Copri la pentola con il coperchio. Mettila da parte, a temperatura ambiente, e lasciala riposare per 12 ore. La temperatura della stanza dovrebbe essere di almeno 22°C. In questo modo, creerai le condizioni ideali perché si formi la cagliata.
  4. 4
    Procurati un colino dalle dimensioni adeguate, foderalo con della garza per formaggi, o con del tessuto di mussola, e mettilo nel lavandino della cucina.Con un mestolo, trasferisci la cagliata ed il suo liquido dalla pentola al colino.
  5. 5
    Quando tutta la cagliata sarà all’interno del colino, impugna le estremità della garza da formaggio o della mussola, e legale. Lascia scolare tutto il liquido dalla cagliata conservandola nel colino per le successive 6-12 ore, senza però superare questo limite di tempo. Al termine, rimuovi la cagliata dal tessuto.
  6. 6
    Versa la cagliata in una zuppiera di acciaio inox sufficientemente capiente.Condiscila con del sale marino integrale per accentuare il naturale sapore del formaggio di capra.
  7. 7
    Modella il formaggio per fargli assumere la forma che preferisci: cilindrica e classica del caprino fresco, rotonda o a spicchi. Avvolgi il formaggio nella carta da forno o nella pellicola per alimenti e conservala a temperatura ambiente per l’intera la notte, così che possa sviluppare una consistenza soffice. In alternativa, se preferisci una consistenza friabile, simile a quella della feta, lascia risposare il formaggio per qualche ora in più.

    • Insaporisci il tuo formaggio ‘impanandolo’ con un mix di erbe aromatiche a tuo gusto (basilico, timo, erba cipollina, aglio). Ovviamente questo passaggio è solo facoltativo e da evitare se preferisci il sapore naturale del caprino fresco. Avvolgi il tuo formaggio con della pellicola per alimenti o con della carta forno e conservalo in frigorifero.

    La prossima volta vi descriverò come facciamo la ricotta di capra fatta in casa utilizzando il siero ottenuto dalla lavorazione del formaggi di cui sopra.

Ciao, Federico Lavanche

Filariosi nel cane

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come-proteggere-il-cane-dalle-zanzare_47f295b77b6c7216c517dc2dc8718b90La Filariosi cardio-polmonare è una malattia che colpiscegli animali domestici distinta in due specie di Dirofilaria: immitis e repens, la prima delle due è la più importante.

La malattia è causata da nematodi (vermi) appartenenti alla Superfamiglia Filariodea ,dei parassiti che possono essere lunghi fino a 30 cm, Trasmessi da diverse specie di zanzare (Culex,Aedes, Anophele e tigre), quindi il periodo di maggior rischio va dalla primavera all’autunno, ossia il periodo di riproduzione delle zanzare.

La filaria è distribuita in tutte le aree temperate e tropicali del mondo, incluso Europa e bacino mediterraneo, Canada, USA, Giappone,Australia e Sud America.
Nel nostro paese benché prima fosse diffusa soprattutto in zone pianeggianti e paludose con elevato tasso di umidità come la Pianura Padana e l’Emilia Romagna, Recentemente a causa dei cambiamenti climatici si è ormai diffusa anche in altre regioni.

filiaria
Zanzara Tigre

Come si trasmette:
I parassiti adulti, detti Macrofilerie, si localizzano nelle arterie polmonari e più raramente nelle camere cardiache destre e vena cava caudale.

Gli adulti liberano nel torrente circolatorio gli esemplari più giovani, detti microfilarie L1 mentre le zanzare femmine (che rappresentano l’ospite intermedio) ingeriscono durante un pasto di sangue le microfilarie le quali all’interno dell’apparato buccale dell’insetto compiono un ciclo biologico mutando sino ad L3.
Durante un successivo pasto di sangue vengono poi trasmesse a un nuovo ospite e dopo aver subito una successiva mutazione raggiungono la loro definitiva localizzazione.

Nell’animale infestato da filaria (detto ospite definitivo) i parassiti possono sopravvivere producendo microfilarie per circa 5 anni.

NON ESISTE NESSUN VACCINO CONTRO LA FILARIA QUINDI LA COSA MIGLIORE RIMANE LA PREVENZIONE!

I farmaci contro le larve della filaria

dimmitisLa terapia non può essere somministrata nei cuccioli. Occorre che gli amici pelosetti abbiano compiuto almeno le 6-8 settimane di vita, ma nessun problema nel procedere dopo: i farmaci in questione hanno un’efficacia retroattiva anche fino a 30-50 giorni, è comunque necessaria una visita iniziale del veterinario che escluda la presenza della filaria adulta nel cane.
Tra i prodotti più comuni in commercio troviamo:
Interceptor ®Flavor e Milbemax®Cani (Milbemicina ossima): si somministrano per via orale 1 volta al mese a partire dalla comparsa delle prime zanzare fino ad un mese dopo la loro scomparsa, ovvero date le nostre temperature e l’attuale diffusione degli insetti dall’inizio dellaprimavera all’autunno. Interceptor ®Flavor è in compresse ed una confezione da 8 (giusta per tutto il periodo necessario) ha un costo di circa 30 euro. Leggermente più caro Milbemax®Cani.
In formulazione spot on (ovvero gocce da applicare localmente sulla cute dell’animale, alla base del collo) Stronghold (Selamectina) e Advocate® (Moxidectina): da usare anch’essi mensilmente. La Moxidectina si può trovare anche sotto forma di compresse orali nelGuardian®.
Questo farmaco è anche in soluzione iniettabile Guardian®SR. E’ la soluzione più recente e pratica visto che consta di un’unica iniezione (fatta dal veterinario) valevole per tutto l’anno.
In ulteriore alternativa, con applicazione a cadenza mensile anche le tavolette masticabili diIvermectina (Cardotek 30® e Cardotek 30®Plus).
Benefici ed effetti collaterali

Tutti questi prodotti vanno soministrati solo dopo la consulenza di un medico veterinario. Si tratta di medicinali e come sempre accade in questi casi possono avere effetti collaterali più o meno gravi. La maggior parte di loro è in uso anche per trattare altre forme parassitarie. Appartengono alla categoria defli antielmintici

La Sintomatologia:
La presenza di poche macrofilarie è ben tollerata dall’animale, differentemente infestazioni massive provocano alterazioni a carico di:

-Apparato circolatorio:
si può verificare una endoarterite proliferativa (infiammazione della tunica interna di un’arteria con fenomeni proliferativi) a carico dell’arteria polmonare (sede preferenziale delle macrofilarie). Ne consegue uno stato di ipertensione polmonare che porta ad una progressiva insufficienza cardiaca di destra con i seguenti segni clinici: abbattimento, ascite(versamento di liquido in cavità peritoneale) e lipotimia(svenimento).

-Apparato respiratorio:
Per le secrezioni di cataboliti da parte dei parassiti si verificano stati infiammatori a carico del polmone il cui segno clinico più caratteristico è la tosse.
Inoltre la presenza di Macrofilarie nelle camere cardiache destre può provocare la così detta “sindrome della vena cava” caratterizzata da emolisi intravasale spontanea che ostacola il ritorno venoso al cuore di destra.
Ancora le Microfilarie circolanti possono precipitare come immunocomplessi e dare danni renali.

Diagnosi:

Sintomatologia clinica:
i cani colpiti da filiarosi cardio-polmonare hanno un’età raramente inferiore ad un anno e di norma superiore a due anni. Sintomi rilevabili dal padrone e con visita clinica sono affaticamento, abbattimento, tosse e negli stadi più avanzati lipotimie sotto sforzo; ascite ed edemi degli arti nella fase terminale della malattia.

-Esame microscopico del sangue: evidenzia la presenza delle microfilarie circolanti (il prelievo deve essere effettuato preferibilmente al mattino o alla sera)
-Esame radiografico del torace
-Esame ecografico

Trattamento:
In primis si inizia una terapia contro gli esemplari adulti di Filarie con farmaci quali arsenicali, melarsomina e tiacetersamide. La melarsomina è preferibile perchè è il farmaco con minor tossicità. Tuttavia bisogna prestare molta attenzione perché la morte delle Macrofilarie può provocare tromboembolismo quindi si deve adottare una buona terapia collaterale.
Completata la terapia contro gli adulti si deve intraprendere una terapia contro le Microfilarie circolanti. I farmaci più usati sono: avermectine e milbemicina ossima.
Nel caso di sindrome della vena cava è consigliabile la rimozione chirurgica delle macrofilarie dall’atrio destro del cuore.

Profilassi:
Somministrazione mensile di avermectina o milbemicina ossima durante tutto il periodo di vita delle zanzare.

E l’uomo creò il Cane – Video

Bellissimo documentario della National Geographic incentrato sulla creazione del cane e la sua evoluzione insieme all’uomo. Da vedere!

Milano, nei cimiteri le ceneri degli animali saranno deposte accanto ai resti dei loro padroni

I recipienti con le ceneri degli animali d’affezione devono essere metallici o in materiale lapideo, stabilisce Palazzo Marino, completamente chiusi con coperchio inamovibile.

cimiteroSavona

Nei cimiteri di Milano sarà possibile ‘riposare’ con accanto le ceneri del proprio animale domestico. Il provvedimento è stato proposto dagli uffici comunali alla giunta, dopo una serie di verifiche tecniche, che ha dato il suo avvallo.

cani-cimitero“Visto che non sono stare riscontrate, nelle normative vigenti in materia, prescrizioni che impediscano la collocazione delle ceneri di animali d’affezione nella immediate vicinanze della sepoltura del padrone defunto – spiega Rosaria Iardino (Pd), presidente della commissone consiliare Benessere, che ha lavorato alla soluzione assieme ai tecnici – questa pratica è ora possibile anche a Milano”.

Non sarà però possibile collocare le ceneri dell’animale d’affezione all’interno dello spazio per il feretro. Quindi, per esempio, in caso di tomba su campo, il contenitore delle ceneri dell’animale potrà essere fissato al terreno sottostante, con accorgimenti che ne impediscano l’asportazione accidentale. O ancora, per le cellette ossario e il colombaro l’urna potrà essere fissata alla lapide di copertura.

“Voglio ringraziare l’assessore Franco D’Alfonso e i suoi uffici – conclude Iardino – per aver varato questo provvedimento, che avvicina ulteriormente Milano ai più importanti capoluoghi internazionali”.

fonte: Repubblica.it

Brambilla chiede il carcere per chi mangia conigli: ‘Diventino animali da compagnia’

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La proposta di legge della deputata forzista prevede da 4 mesi a 2 anni di condanna e multe da mille a 5mila euro per chiunque “allevi, esporti, importi, sfrutti economicamente i conigli a fine di macellazione e commercializzazione della carne”

Michela Vittoria Brambilla ha proposto una legge per riconoscere al coniglio lo status di animale da affezione. Niente più coniglio in padella, o al forno con le patate, ma in casa con i padroni: le statistiche rivelano infatti che l’animaletto è al terzo posto dopo cani e gatti, come animale domestico scelto dagli italiani. “I conigli – ha dichiarato la Brambilla -meritano le stesse tutele di tutti gli altri animali che vivono nelle nostre case o che comunque sono inseriti nel contesto familiare”. Di conseguenza la carne e la pelliccia dell’animale non potranno più essere commercializzati. La proposta della deputata forzista si affianca alla petizione promossa dalla Federazione italiana diritti degli animali e l’Associazione Aaeconigli, che ha raccolto più di 10mila firme, e introduce un regime sanzionatorio da quattro mesi a due anni di carcere, e una multa da 1.000 a 5.000 euro per animale, per chiunque “allevi, esporti, importi, sfrutti economicamente o detenga, trasporti, ceda o riceva a qualunque titolo conigli al fine della macellazione, o commercializzi le loro carni”.

Si introdurrebbe anche il controllo demografico sulla popolazione attraverso il microchip e l’istituzione di un’anagrafe tenuta dalle aziende sanitarie locali, in cui far confluire la sigla di riconoscimento di ogni coniglio domestico. Le infrazioni, in questo caso, verranno sanzionate con 75 euro per chi non iscrive il proprio coniglio all’anagrafe e 50 per chi lo iscrive senza dotarlo di microchip. Bisognerà anche garantire un habitat adeguato alla creatura, che necessita di una gabbia di almeno un metro per 70 o un metro e 20 per 50, con un nascondiglio, del cibo, il beverino, una cassetta igienica e dei tubi in cui entrare. Per almeno tre o quattro ore al giorno, poi, il coniglio deve poter andare in giro, camminare, esplorare, avere compagnia. Se ha una stanza tutta per sé è senza dubbio una buona cosa, ma non può rimanervi rinchiuso, dicono gli esperti, perché ha bisogno di comunicare con gli altri esseri viventi.

fonte: ilfattoquotidiano.it

Per capire il nostro cane dobbiamo pensare ai lupi

113908384-d0e748d0-3acd-4f6a-a626-98ed2c3d5821Se non si conosce niente del branco e si sente questa parola, la prima immagine che viene alla mente è probabilmente quella di un gruppo di animali: alcuni animali che “stanno insieme”. E’ vero: un animale che vive “in branco” vive insieme ai suoi simili. Ma il branco non è un insieme caotico o soltanto numerico di individui, è invece una struttura organizzata e, soprattutto, basata su una precisa gerarchia che determina una serie di comportamenti sociali stabiliti.
Le più moderne ricerche riguardanti l’origine del cane, basate su analisi genetiche e studi di paleontologia, hanno stabilito che il cane discende solo dal lupo (Canis lupus). Il cane domestico è una sua sottospecie (anche se avete un Bassotto, sappiate che avete in casa un “Canis Lupus Familiaris”… Ma non iniziate ad averne paura, perché lui è un lupo “addomesticato” e poi, sì e no, si sbranerà una pantofola!).
animali-lupi1007L’ipotesi più accreditata sull’origine della coevoluzione tra lupo ed uomo è quella che la spiega come un graduale avvicinamento di alcuni lupi, probabilmente meno abili nel cacciare e meno spaventati dai gruppi umani, ai nostri avi. Da qui ebbe in inizio la simbiosi tra noi e i cani. Questa convivenza portava dei vantaggi ad entrambi: i lupi mangiavano i resti dei pranzetti umani e in cambio fungevano da guardiani degli accampamenti e delle risorse e eliminavano eventuali piccoli predatori in cerca di cibo.
I nostri cani discendono – in un periodo che va da 8000 a 12000 anni fa- con ogni probabilità dal lupo asiatico, fisicamente più piccolo del lupo “nordico” che è quello più comunemente consociuto. La somiglianza tra il vivere in branco dei lupi e quella dei nostri avi, fece sì che i primi lupi che ci avvicinarono, vedessero in noi degli appartenenti al loro branco.
lupoVisualizzare il funzionamento di un branco di lupi servirà a capire il “modo di pensare” del nostro cane. Premettiamo che il lupo è un animale intelligentissimo, estremamente organizzato socialmente, capace di una fruttuosa collaborazione con gli altri membri del branco ed anche di grandi sacrifici per il loro bene.
1. Un branco ha una struttura sociale gerarchica dominata da una coppia detta “alfa”. Soltanto uno dei componenti la coppia alfa può essere il “capobranco” ed è quasi sempre il maschio. La coppia alfa è seguita da un individuo o da una coppia “beta”, che ha la funzione di “vice-capo”. Poi seguono degli individui di medio rango e, infine, degli individui di basso rango, detti “omega”. (Nota: “alfa” è la prima lettera dell’alfabeto greco, “beta” è la seconda, “omega” è invece l’ultima. Da qui tali definizioni).
lupi,-neve-1827912: La gerarchia fa sì che il capobranco sia il primo ad accedere al cibo: seguono poi tutti gli altri. L’ultimo è l’individuo omega. Il capobranco non è capo in quanto dà degli ordini, ma è capo in quanto decide cosa si deve fare: decide quando ci si deve muovere, quando ci si deve fermare, quando si deve cacciare, quando si deve giocare. E l’autorità, nel branco di lupi, più che dipendere dalla forza fisica, dipende dalla forza psicologica. Infatti i lupi preferiscono manifestare la loro dominanza (e anche la loro ostilità) più tramite atteggiamenti psichici che con aggressioni fisiche.
3. Il capobranco cammina davanti a tutti ed è il primo a passare attraverso qualsiasi tipo di passaggio. Dorme, poi, in una posizione più alta degli altri, per poter controllare meglio il territorio. Insomma, essere un capobranco, tra i lupi, è un ruolo di grande responsabilità, volta alla protezione e alla sopravvivenza degli altri, non il frutto di velleità e tentazioni di “potere”.
4. I lupi hanno un forte senso della famiglia (il branco è una famiglia -generalmente, ma non sempre “allargata”): la proteggono, si prendono cura dei loro malati, si aiutano reciprocamente e sono generalmente felici di appartenervi. Perciò, nella maggior parte dei casi, accettano di essere anche degli individui omega, piuttosto che andarsene.
5. Nel branco i cuccioli vengono allevati da tutti i componenti del branco, che provvedono alla loro alimentazione nella loro totalità. Anche i cuccioli hanno accesso al cibo prima degli altri, insieme alla coppia alfa. Una volta diventati adulti, i nuovi lupi possono scegliere se fare parte del branco o allontanarsi.
6. Un nuovo branco nasce quando un lupo solitario rivendica un suo territorio. Questa ricerca può durare anche a lungo e il lupo che vive solo dovrà fare molta attenzione a non invadere territori di altri lupi. La vita di un lupo che vive solo è durissima, perché anche cacciare diventa più difficile. Anche per questo, in genere i lupi preferiscono restare nel branco, anche se ultimi nella scala gerarchica.
7. Il gradino più alto della scala sociale, la coppia alfa, e quello più basso, cioè l’individuo omega, sono fissi. Negli altri livelli della gerarchia, invece, il grado sociale può anche mutare, soprattutto nei branchi molto numerosi (il numero di individui di un branco va da 2 a 30). Può anche instaurarsi una struttura gerarchica di tipo circolare: sempre utilizzando la successione alfabetica delle lettere greche, l’individuo “gamma” domina su “delta”, “delta” su “epsilon” e questo, a sua volta, su “gamma”.
8. Mutamenti nella gerarchia possono avvenire in modo pacifico e senza aggressioni, come accade, per esempio, nel caso di lupi vecchi che vogliano lasciare il “posto” a lupi più giovani o, invece, possono verificarsi della sfide, anche violente. Chi perde viene spesso allontanato dal branco e, in rarissimi casi, anche ucciso. Gli scontri più violenti e cruenti sono più frequenti durante la stagione degli accoppiamenti.
9. Gli accoppiamenti avvengono all’interno del branco. La coppia alfa è generalmente monogama, ma ci possono essere delle eccezioni. Un elemento della coppia può decidere infatti di accoppiarsi con individui inferiori il quali, però, sono per lo più sempre suoi parenti. Se decide di farlo, ed è maschio, ha accesso alle femmine prima degli altri individui.
10. La collaborazione è essenziale soprattutto nella caccia. Il numero di individui che formano un branco dipende principalmente dalle caratteristiche del territorio in cui vive. Se vi sono prede di grandi dimensioni, il branco sarà più numeroso. La caccia può avvenire in forma di repentini attacchi o di lunghissimi inseguimenti. Soprattutto nelle fasi della caccia la collaborazione deve essere massima, pena il fallimento della caccia stessa e, quindi, il digiuno. Poiché non sempre la caccia ha successo, i lupi mangiano molto per avere a disposizione delle riserve. Un lupo può arrivare a mangiare anche nove chili di carne in una volta sola.

LA STRAORDINARIA AVVENTURA di SHAUN ELLIS

Ormai è chiamato “The Wolfman”, l’Uomo Lupo. Il suo esperimento ha stupito il mondo intero, tanto che alcuni lo considerano un pazzo e altri un genio, cosa che capita spesso a chi fa qualcosa di veramente straordinario. Shaun Ellis, uno studioso di 49 anni che lavora da 7 anni nel parco naturale di Combe Martin (Devon) ha infatti vissuto per 18 mesi con un branco di lupi.
e9ad43dfefC’era solo un modo per farsi accettare da un branco: diventare un lupo. Shaon Ellis, infatti, dormiva all’aperto con i lupi, non si lavava per settimane, mangiava carcasse di animali crude come loro e ha imparato a mordere, a ringhiare e ad ululare. Ellis ha dovuto fare tutto molto “sul serio”: gli animali, si sa, sono molto seri. (Ci viene da osservare che sono seri quanto lo sono gli umani fin quando sono cuccioli…). Ha allevato un branco di tre cuccioli di lupo ed è diventato il loro capo branco. Ha dovuto fare molta attenzione a non sbagliare nei suoi atteggiamenti e nel manifestare la propria autorità, pena l’alto rischio di essere attaccato da loro, se la sua autorevolezza non fosse stata realmente riconosciuta pari a quella di un vero lupo-leader.
Ma le attenzioni che ha dovuto avere non finiscono qui. Ha spiegato lui stesso: “I lupi sono estremamente sensibili e riescono anche a capire se uno cambia la propria dieta, quindi bisogna stare molto attenti a non ricadere nei comportamenti umani. L’unica cosa che non riuscivo fisicamente a fare era mangiare organi interni crudi e allora mi facevo segretamente cuocere il fegato del cervo che ci davano. Il fegato è la leccornia numero uno per i lupi, chi mangia quello è il capo.”
Ellis ha dovuto necessariamente costituirsi come maschio alfa ed è riuscito a sottomettere gli altri membri del branco con morsi e vari atteggiamenti aggressivi dominanti, ma sempre ben dosati. I lupi, alla fine, lo hanno riconosciuto come proprio capobranco.
E’ uno straordinario esperimento che ha richiesto una rara forma di coraggio, che può essere stata determinata solo da un desiderio purissimo di comprendere, oltre ogni limite, la vita di questi magnifici animali. Gli è stato necessario scavalcare fisicamente i confini della propria specie.

Il NOSTRO CANE

Anche il nostro cane deve riconoscerci come suo capobranco, per il suo ed il nostro bene. Lui è per molti aspetti ancora un lupo, soprattutto nel suo funzionamento da “branco”: in un certo senso, ha le idee molto più chiare di noi su “come vivere”. Dà ai nostri segnali e ai nostri comportamenti un preciso significato e ne trae le conseguenze per stabilire il suo comportamento. Non bisogna confonderlo né ingannarlo in proposito.