Tutti noi vorremmo che il nostro cane ricevesse una sana alimentazione e riscontrasse meno patologie possibili nella sua vita. Madre natura come ogni buona mamma ha insegnato al progenitore del cane (il lupo), che è un carnivoro, come alimentarsi in decine di migliaia di anni, ottenendo una struttura equilibrata tra massa grassa e massa magra e migliorando tutte le proprie difese immunitarie.
Questo tipo di alimentazione cruda che viene definita con il termine inglese B.A.R.F. (Bones And Raw Food Diet) non è stata scoperta dall’uomo ma inventata da madre natura ne corso di migliaia di anni e come dice la parola significa “carne e ossa”.
L’alimentazione cruda ha sicuramente dei vantaggi rispetto a quella cotta, perché in questa abbiamo la presenza di enzimi vitali, sopratutto la presenza di una carica vitaminica e minerale che invece con il calore viene distrutta.
Per questo motivo dove si usa un’alimentazione cotta è necessario integrare quelle sostanze che vengono appunto distrutte con il calore.
Questa dieta, se fatta bene con la giusta integrazione di aminoacidi nel caso in cui, a causa di intolleranze, alcuni cibi vengano cotti, porta sicuramente dei benefici al nostro cane. Molti di questi aminoacidi presenti nell’alimentazione a crudo vengono distrutti con la cottura come la Taurina che è fondamentale per mantenere una buona muscolatura del cuore e la sua mancanza può essere responsabile di cardiomiopatie ipertrofiche e dilatatorie che sono l’espressione proprio di un’insufficiente integrazione di aminoacidi.
Nei mangimi industriali per sopperire a questa mancanza vengono aggiunti gli aminoacidi come la Taurina, ma il problema è che spesso sono aminoacidi di bassa qualità e non certo paragonabili a quelli presenti nel dieta a crudo.
Chi vuole avvicinarsi a questo tipo di dieta BARF deve capire i motivi spiegati sopra per cui si dovrebbe eliminare tutto ciò che è industriale (additivi, conservanti, aromatizzanti) e prediligere un’alimentazione quanto meno cotta possibile (al massimo una leggera sbollentata per alcuni carni o pesce).
Alla carne si devono aggiungere verdure che sono fondamentali con l’apporto di antiossidanti e ove indicato anche l’integrazione di alcuni aminoacidi, antiossidanti, vitamine e anche alcuni funghi medicati della microterapia per la prevenzione di molte malattie.
A questo l’aggiunta di Omega-3/Omega-6 di altissima qualità. Nel caso la loro qualità sia dubbia è meglio non usarli in quanto l’azione sarebbe proinfiammatoria e non antinfiammatoria.
Ripeto devono essere di altissima qualità e devono essere sottoposti a ultrafiltrazione altrimenti rischiano di contenere molti metalli pesanti, sopratutto quelli derivati dal pesce.
I più utilizzati sono oli di pesce e oli di salmone ma attenzione sempre alla qualità del prodotto che deve essere ultrafiltrato. Si possono utilizzare anche Omega-3/Omega-6 di origine vegetale come l’olio di lino che è ricco di questi acidi.
Migliorando l’alimentazione, migliora il sistema immunitario. Soggetti malati con problemi neoplastici, insufficienza renale o epatica si giovano di un’alimentazione naturale, priva di additivi, che ha la funzione di migliorare la funzionalità renale/epatica e sopratutto quello di riequilibrare il sistema immunitario, migliora la terapia, si riduce il dosaggio di molti farmaci in quanto l’organismo migliora più velocemente.
Su questo sito troverete una lista di cibi per cani naturali secchi e disidratati. I cibi disidratati, una volta reidratati con l’acqua, tornano ad essere 100% pronti e sani per l’alimentazione dei vostri amici a 4 zampe.
In Italia 1 persona su 3 ha un animale in casa: il 63% possiede un cane, il 41% un gatto e a seguire pesci, tartarughe e uccellini. Lo rivela l’Osservatorio Quattrozampeinfiera, emanazione della omonima fiera, che si tiene da 5 anni in varie città d’Italia.
Gli italiani non amano nutrire il proprio gatto o cane con cibi casalinghi, ma utilizzano alimenti consigliati dai veterinari (oltre il 70%). Prediligono il cibo secco rispetto a quello umido (93%), non comprano integratori, ma snack (86%) e spendono meno di 100 euro al mese (76%).
I pet friendly si affidano, più di due volte l’anno (71%), alle parole del veterinario per il benessere psicofisico del proprio animale. In questo modo l’amico a quattro zampe vive una vita salutare senza allergie o intolleranze. Il 74% infatti non soffre di disturbi alimentari.
Se il padrone è “fashion addicted”, lo diventerà facilmente anche il suo animale: il 34% degli italiani spende fino a 70 euro l’anno per guinzagli all’ultimo grido, collari scintillanti, cappottini di pelliccia e strass e ossa personalizzate col nome rosa o azzurro. E’ boom anche per la pulizia: l’86% porta il proprio cane o gatto dal toelettatore una volta al mese.
Quattrozampeinfiera nel 2017 si presenta in 4 tappe: Padova, Milano, Napoli e per la prima volta, Roma. Sarà la capitale ad ospitare per prima l’evento, alla Fiera di Roma il 18 e 19 marzo. Alla due giorni romana seguiranno altre tre tappe: Milano, 10 e 11 giugno, Napoli, il 23 e 24 settembre e Padova, 11 e 12 novembre.
La novità prevista da un emendamento alla legge di bilancio, passato in Commissione, scatena le polemiche
di Marina Crisafi – Chi non sterilizza il proprio cane dovrà pagare una tassa annuale. È questa una delle ultime novità della legge di bilancio, che continua il suo iter parlamentare per arrivare all’approvazione definitiva entro fine dicembre. Se l’idea “velleitaria” del Pd di introdurre un’imposta unica immobiliare (Imi), comprensiva di Imu e Tasi, è durata appena due ore, a seguito della presentazione e del ritiro immediato dell’emendamento presentato dal Pd (a prima firma Maino Marchi, capogruppo Dem in commissione bilancio) quella dell’imposta comunale sui cani invece ha retto all’esame dell’ammissibilità della commissione, scatenando tuttavia un mare di polemiche.
La tassa
L’emendamento del Pd alla legge di bilancio prevede testualmente che “i proprietari o detentori di cani non sterilizzati sono tenuti al pagamento di una tassa comunale annuale, istituita da ciascun comune con propria delibera”.
A fissare l’importo della tassa, per chi sceglie di non sterilizzare il proprio animale, saranno dunque i sindaci che dovranno indicare anche le “esenzioni, riduzioni, detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti”.
Nell’emendamento presentato dai deputati Anzaldi, Cova e Preziosi, viene previsto inoltre che “la certificazione di sterilizzazione chirurgica definitiva è rilasciata da medici veterinari libero professionisti abilitati ad accedere all’anagrafe regionale degli animali d’affezione, i quali contestualmente provvedono alla registrazione della sterilizzazione dell’animale presso l’anagrafe”.
Ad essere esentati dall’imposta, si legge ancora nel testo, saranno in ogni caso: “i cani di proprietà di allevatori professionali, i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi e alla custodia degli edifici rurali e del gregge; i cani adibiti ai servizi dell’Esercito ed a quelli di pubblica sicurezza; i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni”.
La ratio della nuova tassa
Il fine della nuova gabella è quello di dare “un contributo alla lotta al randagismo” che oggi, secondo le proiezioni esistenti, conta oltre 750mila randagi sul territorio e costa alle casse dello Stato qualcosa come 5,25 miliardi all’anno.
La proposta, in sostanza, spiega il primo firmatario Michele Anzaldi, mira a promuovere la cultura della sterilizzazione al fine di evitare che migliaia di cani finiscano nei canili, “attraverso un contributo comunale richiesto a tutti coloro che preferiscono non sterilizzare il proprio cane. Se si procede con la sterilizzazione, certificata dai medici veterinari abilitati ad accedere all’anagrafe regionale degli animali d’affezione, non si sarà tenuti a pagare il contributo, di carattere comunale e modulato con la previsione di esenzioni, riduzioni, detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti”.
I fondi oggi spesi “nei canili per accudire i randagi – aggiunge Paolo Cova, cofirmatario dell’emendamento, ai microfoni di Radio24 – potranno essere utilizzati per gli scuolabus, il trasporto dei disabili o altri servizi di utilità sociale”.
Le polemiche
Contro la tassa si schiera però un nutrito fronte di no, a partire dalle opposizioni, sino ai veterinari e all’Enpa. “La proposta di istituire una tassa sui cani non sterilizzati denota una sconcertante misconoscenza delle cause alla base del randagismo. Una misconoscenza dietro la quale, a nostro avviso, si cela l’ennesimo tentativo di fare un favore ai soliti noti, cacciatori e allevatori” dichiara la presidente nazionale Enpa, Carla Rocchi, al Sole24Ore. Il problema di sovrappopolazione canina, spiega la presidente, “è causato non tanto dai proprietari di cani che vivono nei centri abitati, ma proprio da quegli allevatori, agricoltori e pastori che non sterilizzano i propri animali e li lasciano vagare liberamente sul territorio. Vale a dire proprio da chi si vorrebbe esentare dall’obbligo di sterilizzazione“. Per l’Ente la legge attuale (la 281/1991) è buona e ha permesso di debellare la piaga del randagismo, mentre la nuova tassa sui cani “in quanto strumento punitivo, potrebbe aggravare e non risolvere il problema; potrebbe cioè di incentivare gli abbandoni”, piuttosto, si dovrebbero incentivare – conclude la Rocchi – misure premiali e agevolazioni”.
Anche dal versante politico, sono in molti a chiedere che l’emendamento venga ritirato, giacché “la proposta, come formulata – non è ritenuta – adeguata a contrastare il drammatico e crudele fenomeno del randagismo”, andando invece a pesare “sulle significative spese che i proprietari di animali già affrontano per cure e farmaci veterinari”, rende noto la senatrice Silvana Amati (responsabile Pd Tutela e Salute Animali), che ha inviato apposita lettera, sottoscritta da vari senatrici (tra cui la Cirinnà) al primo firmatario dell’emendamento, Michele Anzaldi, al presidente del Gruppo Pd della Camera, Ettore Rosato, e al Presidente della Commissione Bilancio, Francesco Bocci.
Ennesimo no arriva dal fronte dei veterinari. Per l’Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari) infatti la proposta “è iniqua” e da ri-bocciare, giacché ricalca un emendamento presentato in passato e giudicato inammissibile, oltre al fatto che sterilizzare il proprio cane“per scampare una tassa non è un buon principio di possesso responsabile né di rispetto del benessere animale, dato che non tutti i soggetti presentano una anamnesi favorevole all’intervento chirurgico”, si legge nella nota diffusa.
Un sì inaspettato arriva, infine, dalla Lav, per la quale, l’emendamento è visto positivamente “perché quanto i Comuni spendono per i cani nei canili oggi non è nella stragrande maggioranza dei casi a favore dei cani ma di un perverso sistema che non risolve il randagismo, disincentiva le adozioni e aiuta solo i gestori di strutture utilizzate come discariche per rifiuti”. Un sì condizionato però alla eliminazione dalle categorie esenti “dei pastori e dei cacciatori” e al contestuale inserimento tra i paganti degli allevatori, trasformando così la misura in una “tassa sulla riproduzione” e vincolando i fondi raccolti alla prevenzione del randagismo.
dopo aver avuto a che fare con questi maledetti parassiti con la relativa perdita di capre e pecore adulte e non… ho deciso di pubblicare questo articolo sperando che possa essere di aiuto ad altri. Su internet c’è pochissimo, i veterinari dell’ASL sono INUTILI, spesso i veterinari specializzati in questi animali sono intovabili. La moria è inarrestabile. L’autopsia dei miei animali mi ha permesso di verificarne le cause. I miei animali erano TUTTI infestati da strongidi (nome azzeccatissimo) che porta al rapido deperimento degli animali, dissenteria e morte ta atroci dolori. Gli strongili, a seconda della specie possono colpire anche i cavalli.
Federico Lavanche
Gli Strongili sono dei vermi appartenenti ai nematodi, (nematelminti = vermi tondi).
Il corpo dei nematodi è cilindrico, affusolato all’estremità e lungo da qualche frazione di millimetro a circa 10 cm (anche fino a 26 cm per il bonostomum). La sua struttura è semplice: il tubo digerente e la parete muscolare esterna sono separati da una cavità piena di liquido chiamata pseudoceloma (le femmine sono più grandi dei maschi).
La malattia sostenuta da strongili gastro-intestinali è una malattia parassitaria sostenuta da nematodi di vari generi che si ritrovano a livello abosamale ed intestinale, a ciclo diretto, a decorso prevalentemente cronico che colpisce ruminanti domestici e selvatici. Il ciclo biologico per parassiti appartenenti alle superfamiglie Trichostrongyloidea e Strongyloidea è diretto quindi non presenta ospiti intermedi, mentre parassiti appartenenti alla superfamiglia Metastrongyloidea presentano un ciclo indiretto.
Il ciclo biologico in questo caso è composto da una fase esogena, influenzata da condizioni climatiche (temperatura, umidità, quantità di ossigeno),dal tempo di sviluppo delle larve, dalla sopravvivenza delle larve nel pascolo, dalla gestione del pascolo(carico n°animali/ha e orario di pascolo, cioè idro-foto-geotropismo delle L3) dalle caratteristiche pedologiche del pascolo (aerazione del terreno, acidità, copertura erbosa) e una fase endogena , influenzata dal parassita ( numero dei parassiti in uno stesso ospite, dalla prolificità degli elminti), dall’ospite (stato immunitario dell’ospite) e dall’ipobiosi (arrestato a livello della mucosa allo stato larvale per un periodo, per esempio Ostertagia, Haemonchus). Il PPR o periparturient rise, cioè l’aumento dell’emissione fecale di uova nel periodo peripartale, e legato a fattori endocrini, fattori nutrizionali, fattori immunitari, fattori climatici e genetici. Nell’ ambiente le larve uscite dalle uova presenti nelle feci, evolvono da L1 a L3 (7gg) per poi svolgere la loro azione patogena nel tratto gastro-enterico fino a L5, entrate per ingestione , per esempio con foraggio o acqua, o per via transcutanea (strongyloides e bunostomum).
Questi parassiti svolgono un’azione patogena di tipo traumatica (adulti e larve), anemizzante, disoressica, depauperativi, dismetabolizzante, tossica e favorente; è una malattia cosmopolita, che colpisce fino al 100% degli allevamenti e degli animali infetti, specie negli ovini .
SINTOMATOLOGIA
In genere si tratta di una malattia asintomatica ma nei giovani e/o animali senza immunità è possibile osservare diarrea, disappetenza, disidratazione, anemia, dimagramento, calo produzioni, edemi. Il genere Ostertagia provoca diarrea acquosa e profusa, sete intensa, arresto dell’accrescimento, >ph abomasale e pepsinogeno serico (1 tipo).
DIAGNOSI
La diagnosi intra-vitam prevede esami coprologici qualitativi e quantitativi (diagnosi generica, cioè coltura coprologica per ottenere le L3 ad eccezione di nematodirus, marshallagia, strongyloides), dosaggio del pepsinogeno per l’Ostertagia; il prelievo delle feci dev’essere fatto direttamente dal retto del 10-15% dei capi; la quantità prelevata verrà conservata in frigorifero a +5•6°C per poi essere portata al laboratorio al più presto (max 48 ore). La diagnosi post-mortem prevede il rilievo dei parassiti in situ e il riscontro di lesioni (abomasite da Ostertagia, enterite nodulosa da Oesophagostomum).
TERAPIA
La terapia prevede l’uso di benzimidazolici, imidazotiazolici, avermectine, farmaci da somministrare dopo i parti invernali (gennaio-metà marzo), prima del pascolo (per diminuire la carica infestante), alla fine del pascolo (dopo i parti autunnali, Ottobre-Novembre) e a primavera inoltrata (per rimonte a Maggio-Giugno)
PROFILASSI
La profilassi prevede un’azione sul pascolo (rotazione dei pascoli, pascolo alternato ovini/bovini, aratura profonda, drenaggio acque stagnanti, uso di fertilizzanti attivi contro le larve, oppure spostare per circa due mesi (prepotenza) sapendo che una L1 ci mette 7 giorni per diventare L3 e quindi infestante); un’azione sui ricoveri (igiene delle strutture, separazione giovani /adulti, in quanto è possibile la trasmissione vacca-vitello per via transamammaria, sistema di allontanamento delle deiezioni, maturazione dei liquami e dei foraggi), e un’azione sugli animali (terapia, rispettare modi e tempi di somministrazione per evitare chemioresistenza, introduzione dei giovani al pascolo possibilmente in aree non pascolate dagli adulti).
Ora affronteremo il trasporto degli animali in treno.
Treni Nazionali
Puoi trasportare gratuitamente cani di piccola taglia, gatti ed altri piccoli animali domestici da compagnia, alle seguenti condizioni: Il trasporto è ammesso nella prima e nella seconda classe di tutte le categorie di treni e nei livelli di servizio Executive, Business, Premium e Standard. Gli animali devono essere custoditi nell’apposito contenitore di dimensioni non superiori a 70x30x50 e tale da escludere lesioni o danni sia ai viaggiatori che alle vetture.
Nel caso di treni effettuati con materiale ETR 450 il contenitore va tenuto sulle ginocchia. E’ consentito un solo contenitore per ciascun viaggiatore.
A bordo delle carrozze a cuccette, vagoni letto, e vetture Excelsior, devi acquistare il compartimento per intero (escluso il cane guida per i viaggiatori non vedenti).
Nelle carrozze ristorante/bar non è consentito l’accesso agli animali (fatta eccezione solo per il cane guida dei non vedenti)
Puoi trasportare un cane di qualsiasi taglia alle seguenti condizioni:
Puoi portare un cane di qualsiasi taglia su tutte le categorie di treni nazionali, in prima e seconda classe e nei livelli di servizio Business e Standard. Sono esclusi il livello di servizio Executive, Premium, l’Area del silenzio, i salottini e le carrozze ristorante/bar. Per il trasporto del cane devi acquistare presso le Biglietterie di stazione, le Agenzie di viaggio abilitate o chiamando il Call Center, contestualmente al tuo biglietto (di qualsiasi tipologia), un biglietto di seconda classe o livello Standard al prezzo Base previsto per il treno utilizzato ridotto del 50%, anche per i viaggi in prima classe e nel livello di servizio Business.
Devi sempre tenere il cane al guinzaglio e munito di museruola. A bordo delle carrozze a cuccette, vagoni letto e vetture Excelsior, devi acquistare un biglietto alla tariffa di seconda classe ridotta del 50%. E’ inoltre sempre richiesto l’acquisto dell’intero compartimento. Fuori dal compartimento devi tenere il cane al guinzaglio e munito di museruola.
Il cane guida per viaggiatorinon vedenti è ammesso gratuitamente su tutte le categorie di treni, classi o livelli di servizio e nelle carrozze ristorante/bar. Per tali cani non è, inoltre, previsto l’obbligo dell’acquisto dell’intero compartimento cuccette, VL o Excelsior. In tutti i casi, per il trasporto del cane di qualsiasi taglia devi sempre avere il certificato d’iscrizione all’anagrafe canina e il libretto sanitario (o, per i cittadini stranieri, il passaporto in sostituzione di entrambi i documenti). Tale obbligo non è previsto per il cane guida per viaggiatori non vedenti.
Il cane guida per i non vedenti può viaggiare su tutti i treni gratuitamente senza alcun obbligo.
Cambio della prenotazione e del biglietto Puoi effettuare il cambio della prenotazione e il cambio del biglietto per il trasporto del cane solo se:
previsti per il tuo biglietto e nei limiti temporali dello stesso;
li richiedi insieme al tuo titolo di viaggio e per treni che ammettono il trasporto del cane.
Rimborso
Puoi ottenere il rimborso del biglietto per il trasporto del cane solo se:
previsto per il tuo biglietto e nei limiti temporali dello stesso;
lo richiedi insieme al tuo titolo di viaggio.
L’importo minimo non rimborsabile (10 euro) è calcolato sull’importo complessivo.
Treni Regionali
Puoi trasportare gratuitamente cani di piccola taglia, gatti ed altri piccoli animali domestici da compagnia, nella prima e nella seconda classe di tutte le categorie di treni Regionali, salvo particolari eccezioni, custoditi nell’apposito contenitore di dimensioni non superiori a cm.70x30x50 e tale da escludere lesioni o danni sia ai viaggiatori sia alle vetture.
Puoi inoltre trasportare, salvo diversa disposizione regionale, un cane di qualsiasi taglia, provvisto di museruola e guinzaglio, sulla piattaforma o vestibolo dell’ultima carrozza, con la sola esclusione dell’orario dalle 7 alle 9 del mattino dei giorni feriali dal lunedì al venerdì, acquistando un biglietto di seconda classe alla tariffa prevista per il percorso effettuato ridotta del 50%.
E’ ammesso il trasporto a titolo gratuito del cane guida delle persone non vedenti, anche se accompagnate, su tutte le categorie di treni, senza vincoli. Per trasportare i cani, con eccezione del cane guida per non vedenti, è necessario il certificato di iscrizione all’anagrafe canina ed il libretto sanitario, (o, per i cani dei cittadini stranieri, il “passaporto del cane” in sostituzione di entrambi i documenti), da esibire al momento dell’acquisto del biglietto dell’animale, ove previsto, e durante il viaggio ad ogni richiesta del personale.
Irregolarità
Puoi accedere con il tuo cane a un treno diverso da quello prenotato, se consentito dal tuo biglietto e nei limiti temporali dello stesso, avvisando il personale di bordo e, nel caso di un cane di qualsiasi taglia, pagando l’eventuale differenza di prezzo e il sovrapprezzo di 8 euro.
Se a bordo treno risulti sprovvisto del biglietto per l’animale (se richiesto) vieni regolarizzato con il pagamento dell prezzo Base intero previsto maggiorato di una penalità (nel caso di viaggio in vetture letto, il compartimento deve essere acquistato per intero). La stessa regolarizzazione è prevista se l’animale non è ammesso al trasporto e, in tal caso, devi anche scendere con il cane alla prima stazione in cui il treno effettua fermata.
Se invece non presenti la prescritta iscrizione all’anagrafe canina e il libretto sanitario (o il “passaporto del cane” per i cani dei viaggiatori stranieri) devi corrispondere una penalità di 25 euro.
Se il trasporto dell’animale non rispetta le condizioni previste (per esempio se il cane è sprovvisto di museruola o guinzaglio) o le dimensioni del contenitore superano quelle ammesse, devi pagare, salvo diversa disposizione tariffaria, una penalità di 8 euro.
In tutti questi casi dovrai comunque scendere con il cane alla prima stazione in cui il treno effettua fermata, senza diritto al rimborso di quanto pagato.
Se l’irregolarità riguarda sia il biglietto che il rispetto delle condizioni di trasporto dell’animale oppure nel caso di utilizzazione di più treni di categoria diversa, le penalità dovute si applicano una sola volta.
Durante il trasporto in treno devi sorvegliare il tuo animale e sei responsabile di tutti i danni eventualmente arrecati. In nessun caso l’animale può occupare posti destinati ai viaggiatori e qualora rechi disturbo, su indicazione del personale del treno, dovrai spostarti in un altro posto eventualmente disponibile o scendere alla prima stazione in cui il treno effettua fermata.
L’attuale classificazione dei vaccini, e il loro utilizzo, è particolarmente lunga. Soprattutto relativamente alle diverse caratteristiche e al diverso tipo di immunità che possono stimolare.
Dott. Sante Roperto
Dipartimento di Patologia e Sanità Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria Università di Napoli “Federico II”
L’attuale classificazione dei vaccini, ed il loro utilizzo, è particolarmente lunga. Soprattutto relativamente alle diverse caratteristiche e al diverso tipo di immunità che possono stimolare: più solida e duratura nel caso dei vaccini vivi per cui non si richiedono richiami frequenti, non necessitano di adiuvanti e stimolano intensamente l’immunità cellulo-mediata, rispetto all’immunità più breve e alla necessità di richiami frequenti dei vaccini spenti.
La persistenza variabile degli anticorpi materni e di conseguenza la loro interferenza sulla risposta vaccinale rende difficoltosa l’individuazione del momento più opportuno per praticare la prima vaccinazione. Infatti un intervento vaccinale troppo precoce, comporta il rischio di non indurre uno stato immunitario valido a causa della neutralizzazione totale o parziale del virus vaccinale ad opera degli anticorpi di origine materna. Alcuni veterinari raccomandano una somministrazione dei vaccini separata se possibile, per diminuire i danni al sistema immunitario, inoltre consigliano di evitare la somministrazione in alcune condizioni fisiologiche quali l’estro, la gravidanza o la lattazione. Ma è ormai numerosa la varietà di nuovi e più specifici protocolli vaccinali, anche se non sempre di facile attuazione, che alcune università hanno recentemente sviluppato.
La stimolazione delle difese dell’organismo verso alcune malattie specifiche è il principio su cui si basa la vaccinazione. La difesa immunitaria è sostenuta da numerose cellule e molecole, come gli anticorpi, oltre che da una lunga serie di barriere fisico-meccaniche presenti nell’organismo animale. I cuccioli sono protetti contro molte malattie infettive grazie agli anticorpi contenuti nel colostro, tuttavia tale protezione di origine materna dura meno di tre mesi. Per questo, si consiglia di iniziare i programmi vaccinali attorno ai due mesi d’età con la prima vaccinazione e completarli al terzo mese, quando gli anticorpi materni diminuiscono.
Nel colostro la massima concentrazione di anticorpi neutralizzanti si ha 48 ore dopo il parto, anche se il loro titolo corrisponde a meno del 50% del titolo sierico. L’escrezione diminuisce rapidamente e si annulla entro il 35o-40o giorno dopo il parto. Nel cucciolo neonato il sistema immunitario diviene indipendente dopo il 21 giorno di vita. In ogni caso, comunque, nessun vaccino, sia vivo modificato che inattivato, induce una valida immunità in presenza di un tasso anticorpale materno tale da neutralizzare, anche parzialmente, l’agente patogeno corrispondente. Per questo è importante individuare il momento più adatto per praticare la vaccinazione.
L’attuale classificazione dei vaccini è molto lunga, si distinguono vaccini spenti e vivi attenuati. I vaccini spenti sono sia batterici che virali; in essi l’agente patogeno viene inattivato fisicamente o chimicamente. I vantaggi sono dati dall’impossibilità di ritorno alla virulenza originaria dei ceppi e dalla mancanza di rischi se utilizzati durante la gestazione. Gli svantaggi sono, invece, la necessità di richiami frequenti e la richiesta di un adiuvante per rafforzare l’immunità nonché il raggiungimento di un’immunità più breve rispetto ai vaccini vivi. I vaccini vivi attenuati sono solo virali; il potere patogeno del virus è stato attenuato o annullato del tutto. In questo caso avremo un’immunità più solida e duratura per cui non si richiedono richiami frequenti, non necessitano di adjuvanti e stimolano intensamente l’immunità cellulo-mediata. A fronte di ciò si potrà avere un potere patogeno residuo dell’agente, piuttosto che l’eventualità di infezioni persistenti soprattutto in soggetti immunodepressi e non sono consigliabili in gravidanza perchè in alcuni casi sono causa di aborto e/o encefalite.
La persistenza variabile degli anticorpi materni e di conseguenza la loro interferenza sulla risposta vaccinale rende difficoltosa l’individuazione del momento più opportuno per praticare la prima vaccinazione. Infatti un intervento vaccinale troppo precoce, comporta il rischio di non indurre uno stato immunitario valido a causa della neutralizzazione totale o parziale del virus vaccinale ad opera degli anticorpi di origine materna. Situazione ideale sarebbe riuscire a determinare con precisione il periodo favorevole per la vaccinazione mediante un test sierologico da effettuare sul cucciolo e/o sulla madre. Questa tecnica risulta però costosa e complicata, per cui si preferisce far riferimento ad una età media del cucciolo che corrisponde ad un basso livello di anticorpi ricevuti dalla madre. I maggiori problemi sono quelli riguardanti gli anticorpi materni contro Cimurro e Parvovirosi presentando questi ampie variazioni di persistenza in circolo. La prima vaccinazione si ritiene che debba essere praticata tra l’8a e la 9a settimana di vita, al limite minimo alla 6a settimana. Prima di questo momento, infatti, non avremo nessun tipo di risposta da parte del cucciolo.
Nella Rabbia gli anticorpi materni possono persistere fino a 11 settimane. Per questo motivo la vaccinazione può essere praticata a partire dal terzo mese di vita. Per quanto riguarda la Leptospirosi, poiché nella madre il tasso anticorpale indotto dal vaccino è relativamente basso, gli anticorpi assunti con il colostro si esauriscono piuttosto presto (verso la 6a-7a settimana). Per quanto concerne i richiami invece la prima iniezione determina una sensibilizzazione del sistema immunitario, mentre la seconda, praticata almeno 15 giorni dopo la prima (da 4 a 6 settimane) determina un effetto di richiamo (effetto booster), inteso come la possibilità dell’organismo già immunizzato di aumentare rapidamente il livello anticorpale. La seconda inoculazione dello stesso vaccino, infatti, stimola la produzione di un titolo anticorpale maggiore di quello indotto dalla prima inoculazione ed in tempi più brevi (2-3 giorni). Inoltre detto titolo tende a mantenersi elevato per un periodo più lungo rispetto a quello che si ottiene con un unico intervento. L’animale è protetto entro un periodo di due settimane. Successivamente al primo anno, nella maggior parte dei casi i richiami vengono effettuati a distanza di 12 mesi.
Non bisogna infine dimenticare gli effetti secondari alla vaccinazione. In seguito alla somministrazione del vaccino infatti si possono verificare delle reazioni avverse quali: reazioni locali nel punto di inoculo, fenomeni allergici generalizzati, problemi legati alla sfera riproduttiva. Le reazioni generalizzate invece, associate alla formazione ed al deposito di immunocomplessi, sono manifestazioni sistemiche anche gravi, generalmente si sviluppano contro l’Adenovirus di tipo 1 (Epatite virale) e possono causare glomerulonefrite ed edema corneale (occhio blu). Alcuni vaccini per il Cimurro possono provocare encefaliti post-vaccinali però dal momento che il rischio di contrarre il Cimurro è di gran lunga superiore a quella dell’encefalite da vaccino, si procede abitualmente alla vaccinazione. I problemi legati alla sfera riproduttiva comprendono aborto e infertilità.
Protocolli vaccinali nel cane
Cimurro, epatite infettiva, leptospirosi, parvovirosi, parainfluenza, rabbia sono obbligatorie in alcune zone d’Italia e per l’estero, da effettuarsi almeno un mese prima della partenza. Per tutte queste malattie esistono i cosiddetti vaccini polivalenti che possono essere somministrati all’animale adulto, una volta l’anno. La leptospirosi, compresa nel vaccino polivalente, viene in genere richiamata da sola dopo 6 mesi. Alcuni dei tra i protocolli più diffusi prevedono due incontri annuali: uno per il vaccino polivalente ed uno per il richiamo della leptospirosi, a distanza di 6 mesi dal precedente.
Altra cosa è per il cucciolo o il cane adulto, mai vaccinato o vaccinato in modo irregolare.
A seconda dell’età del cucciolo, infatti, si eseguono uno o più richiami vaccinali, a distanza di due- tre settimane uno dall’altro. E’ molto importante eseguire i richiami nei tempi prestabiliti, perché solo così si può ottenere una copertura efficace.
Esistono poi vaccinazioni particolari che si possono effettuare in particolari condizioni (esposizione a specifiche malattie) o che si debbono effettuare prima di viaggi all’estero, o in particolari zone d’Italia (es. Sardegna). I protocolli vaccinali possono variare a seconda, non solo dell’età del cane, ma anche della presenza e distribuzione delle malattie sul territorio. Sarà il veterinario a scegliere che tipo di vaccinazioni eseguire, a seconda dei rischi a cui è esposto il cane.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni studi scientifici che hanno introdotto diverse novità in campo vaccinale. Anche se rispetto ai collaudati protocolli conosciuti, mancano ancora dei dati definitivi che possano modificare la frequenza delle vaccinazioni dei cani adulti.
Nuovo approccio alla vaccinazione nel cane
Per anni si è creduto che le vaccinazioni annuali fossero necessarie a tenere lontane alcune malattie virali. Ma recentemente si è arrivati ad una svolta: se infatti da un lato è riconosciuta l’efficacia dei vaccini per proteggere verso diverse malattie, come cimurro e parvovirosi, dall’altro c’è una sempre più forte convinzione che il vaccino non abbia sempre effetti benefici. Nel 1996 Duval et al suggerivano che esistesse un’associazione tra vaccinazione e malattie autoimmuni, quali l’anemia emolitica immuno-mediata (IMHA) nel cane e nell’uomo. In particolare sarebbero coinvolti i vaccini per cimurro, adenovirus type 2, leptospirosi, parainfluenza e parvovirus.
Discorso identico nel gatto dove, sul finire del secolo scorso, l’American Association of Feline Practitioners sottolineò l’aumentata incidenza di fibrosarcomi vaccino-indotti. Iniziava a sorgere quindi il dubbio se si fosse fatto un uso eccessivo della vaccinazione e se i protocolli in uso fossero realmente efficaci. Recenti studi hanno dimostrato che, una volta pienamente immunizzati, più del 90% di cani mantiene per oltre sette anni l’immunità a parvovirus-2 ed adenovirus-2. L’immunizzazione al cimurro può durare fino a 15 anni e al coronavirus probabilmente per tutta la vita. L’immunizzazione alla rabbia ed alla parainfluenza dura circa 3 anni in circa 80-85% dei cani. Chiaramente la durata dell’immunità è in relazione al tipo di vaccino usato: il parvovirus vivo-attenuato mostra una più duratura immunità rispetto al vaccino spento. Così come i nuovi vaccini ricombinanti possono essere più efficaci e producono un’immunità più durevole.
Nel gennaio 2001 l’associazione Veterinary Clinics of North America (Small Animal Practice) ha discusso sull’esigenza di riesaminare i protocolli vaccinali tradizionali, prevedendo programmi vaccinali di tre o più anni per i gatti e oltre quattro per i cani. Con il chiaro di intento di vaccinare più animali, ma meno spesso. Sempre nel 2001, furono approvati e pubblicati i nuovi ‘principi di vaccinazione’ secondo i quali ‘un inutile stimolo del sistema immune non provoca un’aumentata resistenza alla malattia, ma può aumentare il rischio di eventi avversi di post-vaccinali’. Per questo motivo si raccomandava al veterinario di creare programmi di vaccinazione ad alta o bassa priorità detti: “core” e “non-core”, rispettivamente. E di adeguare i programmi vaccinali alle specifiche esigenze di ogni animale.
Vaccini alta priorità (“Core”)
Vaccini che proteggono contro le malattie a più alto rischio per gli animali e per l’uomo. Tra questi, i vaccini che possono essere inclusi in molti programmi ‘core’ sarebbero:
All’elenco va aggiunta la vaccinazione per la parainfluenza (PI), visto che molti prodotti per la vaccinazione CAV-2 , includono la parainfluenza.
Vaccini a bassa priorità (non-core) I vaccini spenti sono più rischiosi nel breve periodo, ad esempio possono possibilmente provocare immediate reazioni avverse (anafilassi/shock anafilattico) rispetto ai vaccini vivi-attenuati, così come i vaccini batterici sono più rischiosi di quelli virali.
Quanto detto denoterebbe il vaccino per la Leptospira (batterico spento) come il più comunemente vaccino usato per causare anafilassi, seguito dal vaccino per Borrelia/malattia di Lyme (spento/batterico ricombinante) e per la rabbia (spento virale), Bordetella e Corona. Per quest’ultimo è disponibile come vivo-attenuato, ma più spesso usato il vaccino spento.
Controversa è la situazione del vaccino per la leptospirosi. Recentemente, il vaccino copriva due sierovarianti ed era efficace in circa il 50-75% di cani vaccinati. Due nuove sierovarianti sono state da poco aggiunte e la leptospirosi è divenuta endemica in alcune aree. Il valore del vaccino per Canine Coronavirus è altrettanto controversa. Per alcuni autori non è necessaria, ma la decisione di vaccinare i cuccioli dipende da quanto siano esposti a cani che vivono all’esterno e non in casa.. Il Coronavirus è altamente contagioso, ma raramente causa morte nei cani adulti, mentre può essere fatale per i cuccioli.
La vaccinazione per Borrelia/malattia di Lyme e Giardia non sono generalmente necessari, se non in aree endemiche. Il vaccino per la Bordetella bronchiseptica è spesso somministrato a cani che vengono a contatto più probabilmente con altri cani. Sfortunatamente il vaccino per Bordetella non è uno dei più efficaci, avendo una breve durata e circa il 70% di protezione.
Nuovi protocolli
Alcuni veterinari raccomandano una somministrazione dei vaccini separata se possibile, per diminuire i danni al sistema immunitario, inoltre consigliano di evitare la somministrazione in alcune condizioni fisiologiche quali l’estro, la gravidanza o la lattazione. Attualmente tale protocollo risulta di difficile attuazione, in quanto molti vaccini sono polivalenti, o addirittura eptavalenti. Ma alcuni sono disponibili in combinazioni più semplici, come di seguito:
– 9 settimane vaccino vivo-attenuato solo cimurro/parvovirus;
– 12 settimane solo cimurro/parvovirus;
– 16/20 settimane solo cimurro/parvovirus;
– 24 e più settimane, laddove previsto dalla legge, vaccino spento per la rabbia;
– 1 anno richiamo per cimurro/parvovirus;
– 3 anni vaccino spento per la rabbia.
A partire dall’anno successivo, con cadenza annuale si misura, il titolo anticorpale nel siero contro specifici agenti infettivi per cimurro e parvovirus.
Per bordetella, coronavirus, leptospirosi o Lyme solo se endemica in quella area.
Sample Core Protocols: 1998 Colorado State University Protocol Alcune università hanno sviluppato nuovi programmi vaccinali. Tra queste la Colorado State University (Sample Core Protocols) che raccomanda tre serie standard ad 8, 12 e 16 settimane d’età, incluso parvovirus, adenovirus 2, parainfluenza, cimurro. Il vaccino per la rabbia è raccomandato dopo le 16 settimane di vita. Successivamente i cani potrebbero essere richiamati dopo un anno e, quindi con cadenza triennale.
Il protocollo prevede:
– a 8, 12 e 16 settimane: parvo, adeno, parainfluenza, cimurro, rispettivamente;
– dopo 16 settimane: rabbia;
– a 68 settimane e ogni 3 anni da allora in poi: parvo, adeno, parainfluenza, cimurro, rabbia. Bordetella, laddove richiesto.
Protocolli vaccinali nel gatto
Le malattie contro le quali si vaccina di solito, con un vaccino trivalente, sono la panleucopenia felina: malattie respiratorie (Herpes e Calicivirus)
Esistono poi altri vaccini supplementari per la clamidiosi – leucemia felina (FeLV) – rabbia.
I protocolli vaccinali nel gatto possono essere molto più variabili rispetto a quelli del cane, per la diversità di risposta immunitaria delle due specie, nonché per le differenti condizioni di vita, della risposta al farmaco.
I protocolli vaccinali vanno stabiliti dal veterinario, a seconda dell’ambiente nel quale il gatto vive e, quindi, della possibilità che ha di venire a contatto con agenti infettivi; ad esempio, per quanto riguarda la vaccinazione per leucemia, essendo una malattia che si contrae venendo in contatto ripetutamente con gatti infetti (anche asintomatici), essa ha un significato solo nei gatti che vengono frequentemente a contatto con altri gatti. Il ‘rischio leucemia’ per un gatto che vive esclusivamente in casa è infatti del tutto assente. Anche per le comuni vaccinazioni potranno essere consigliati richiami vaccinali più o meno frequenti.
In generale, si effettua una vaccinazione annuale (trivalente o quadrivalente, comprendente anche il vaccino per la clamidiosi); la prima volta il vaccino va richiamato a distanza di 2-3 settimane.
Nel dicembre del 2000 l’American Association of Feline Practitioners and the Academy of Feline Medicine Advisory Panel on Feline Vaccines pubblicò la seconda versione delle linee guida nella vaccinazione per gatti. Un gruppo di esperti e luminari nel campo dell’immunologia, medicina felina e polizia veterinaria contribuì a redigere questo documento. In particolare si raccomandava ai veterinari di estendere l’intervallo per la vaccinazione di richiamo fino a 3 anni per panleucopenia felina, herpesvirus-1 e calicivirus nei gatti adulti. Il principale obiettivo rimane quello di vaccinare il più alto numero possibile di animali nelle popolazione a rischio, vaccinarli meno frequentemente e solo verso gli agenti patogeni per i quali esiste un reale rischio di esposizione e successivo sviluppo della malattia. I gattini di età inferiore alle 16 settimane sono generalmente più suscettibili all’infezione rispetto ai gatti adulti. Pertanto rappresentano il principale target da vaccinare. L’interferenza degli anticorpi materni è la più comune ragione per la quale gli animali non si immunizzano dopo la vaccinazione ed il motivo per il quale una serie di vaccinazioni è necessaria per gattini con meno di 12 settimane di età.
Panleucopenia felina
La panleucopenia felina è sostenuta dal feline parvovirus (FPV) e la vaccinazione per FPV è altamente raccomandata. Dalla dodicesima settimana gli anticorpi materni diminuiscono per permettere l’immunizzazione. L’immunità conferita è eccellente, e molti animali vaccinati risultano completamente protetti dall’infezione e dalla malattia clinica. Dopo l’iniziale vaccinazione e successivo richiamo ad un anno, i gatti possono essere vaccinati ogni tre anni.
Rinotracheite virale felina e calicivirus felino
La rinotracheite virale felina sostenuta dal feline herpesvirus-1 (FHV-1) e l’infezione da calicivirus felino (FCV) rappresentano oltre il 90% di tutte le infezioni delle alte vie respiratorie nei gatti. La vaccinazione per FHV-1 e FCV è altamente raccomandata in tutti i gatti. Gli anticorpi materni interferiscono con la risposta immunitaria, ma dalla dodicesima settimana di età il titolo diminuisce favorendo l’immunizzazione. Una somministrazione parenterale del vaccino FHV-1 e FCV induce protezione per almeno tre anni. Quindi dopo l’iniziale vaccinazione e successivo richiamo ad un anno, i gatti possono essere vaccinati ogni tre anni.
Virus Leucemia Felina
Il Virus leucemia felina (FeLV) colpisce soprattutto gatti in giovane età, con l’età aumenta la resistenza all’infezione. Dati sperimentali dimostrano che gattini di meno di 16 settimane di età sono più suscettibili all’infezione. Gatti a più alto rischio sono quelli che vivono all’aperto, pertanto la decisione di vaccinare verso tale patologia deve basarsi sull’età e sul rischio di esposizione.
Clamidiosi
Chlamydophila psittaci è un batterio intracellulare della congiuntiva e del tratto respiratorio dei gatti. La frequenza di reazioni avverse associate al vaccino per la C. psittaci è più alto di quella con altri vaccini comunemente usati. Poichè l’infezione da C. psittaci non è caratterizzata da segni clinici gravi e risponde positivamente al trattamento, la vaccinazione non è raccomandata.
Peritonite Infettiva FelinaAttualmente non è sempre dimostrata una rilevante protezione all’infezione con il vaccino, per cui la vaccinazione non è raccomandata.
Dermatofitosi La Dermatofitosi nei gatti è sostenuta dal Microsporum canis. Non è stato dimostrato che la vaccinazione prevenga l’infezione, per cui non è raccomandata.
Bordetella bronchiseptica
La Bordetella bronchiseptica è un coccobacillo gram-negativo aerobio che colonizza il tratto respiratorio di diversi animali. Recentemente un vaccino per prevenire l’infezione da B. bronchiseptica è stato prodotto, ma anche in questo caso non è raccomandato.
Fibrosarcoma Alcuni vaccini spenti contengono adjuvanti finalizzati ad aumentare la risposta immunitaria, ed la somministrazione di tali vaccini è stato dimostrato indurre nei gatti granulomi infiammatori. Alcuni di questi granulomi progrediscono in sarcomi (Hendrick et al., 1992).
Nota la stretta correlazione tra vaccinazione e sviluppo di sarcomi, diventa ancor più evidente la relazione tra vaccinazione per la FeLV e sviluppo di sarcoma. Mentre è senza dubbio meno importante l’associazione tra sarcoma e vaccinazione per altre malattie infettive nei gatti così come tra sarcoma e somministrazione di prodotti non vaccinali. In risposta al problema nacque nel 1996 la Vaccine-Associated Feline Sarcoma Task Force (VAFSTF) il cui obiettivo era di pianificare ed eseguire una risposta coordinata ad un problema di animali, proprietari, professione medica veterinaria e case farmaceutiche.
I sarcomi vaccino-associati nei gatti sono frequentemente fibrosarcomi, solitamente caratterizzati da pleomorfismo, elevata attività mitotica e larghe zone centrali di necrosi. I macrofagi in questi sarcomi spesso contengono materiale grigio-bluastro che, mediante microanalisi a raggi X, è stato identificato come alluminio ed ossigeno. Probabilmente l’idrossido di alluminio è uno degli adiuvanti correntemente usati nei vaccini per gatti. Del resto reazioni infiammatorie verso sostanze estranee sono state descritte in gatti, cani e uomini nei siti di vaccinazione. Inoltre, l’osservazione di zone di transizione da granuloma infiammatorio a sarcoma suggerirebbe che la risposta infiammatoria alla vaccinazione sia antecedente allo sviluppo del sarcoma. È ben noto inoltre come l’infiammazione preceda lo sviluppo di altri tipi di tumori nei piccoli animali ed in molte altre specie.
Come con la maggior parte delle funzioni di pratica medica, ci sono benefici e rischi nella vaccinazione. Di conseguenza, i protocolli di vaccinazione dovrebbero:
– essere specifici per il paziente;
– tener conto del potenziale zoonosico dell’agente patogeno;
– tener conto del rischio di esposizione del paziente.
Non si conoscono del tutto i meccanismi patogenetici che rendono i gatti suscettibili al VAFS, tuttavia dobbiamo continuare a vaccinare i gatti contro alcune malattie contagiose. La vaccinazione una volta era considerata una procedura medica sistematica essenziale con rischio minimo. Nella decade passata, si è visto invece che i protocolli di vaccinazione devono includere la valutazione del rischio di sviluppo del sarcoma.
Il futuro
Il futuro è sicuramente rappresentato dallo studio e dalla sperimentazione di vaccini più efficaci, sostenuto magari da un più largo approccio alle nuove tecnologie. Anziché virus vivi-attenuati, saranno sempre a più disposizione vaccini da DNA ricombinante e, ancora di più, le nuove frontiere sono rappresentate da un uso sempre più largo di vaccini nasali, che probabilmente possono causare meno reazioni avverse. È inevitabile uno studio più approfondito sulla correlazione dei titoli anticorpali con immunizzazione alla malattia clinica e/o la valutazione della prevalenza della malattia autoimmuni fra i gruppi di piccoli animali annualmente vaccinati e quelli vaccinati meno frequentemente secondo i nuovi protocolli. E naturalmente, maggiori studi dovranno incentrarsi sulla durata effettiva dell’immunità dopo la vaccinazione.
Bibliografia Bertani L. – New approach to vaccination of the canine. http://www.cavaliersonline.com/
Duval D, Giger U. Vaccine-induced immune-mediated hemolytic anemia in the dog. J Vet Intern Med 1996; 10(5):290-5.
Ford R.B. – Feline Vaccination Protocols
Guidi G. – Vaccinazioni nei piccoli animali
Hendrick MJ, Goldschmidt MH, Shofer FS, et al. Postvaccinal sarcomas in the cat: epidemiology and electron probe microanalytical identification of aluminum. Cancer Res 1992;52:5391–5394.
Schultz RD, Ford RB, Olsen J, Scott F. Titer testing and vaccination: a new look at traditional practices.Vet Med, March 2002, pp 1-13.
Richards J, Rodan I; American Association of Feline Practitioners and Academy of Feline Medicine Advisory Panel on Feline Vaccines. Feline vaccination guidelines. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2001 May;31(3):455-72.
2000 Report of American Association of Feline Practitioners and Academy of Feline Medicine Advisory Panel on Feline Vaccines, pg. 15-16.
MILANO – A Tashtagol, cittadina siberiana a 3.500 chilometri da Mosca, ne sono certi: gli yeti esistono e vivono proprio in questa zona. Secondo Igor Burtsev, a capo dell’International Center of Hominology, in Siberia si troverebbero circa una trentina di cosiddetti uomini delle nevi (che i russi chiamano uomini della foresta) e le prove sarebbero rappresentate in particolare da un pelo bianco della lunghezza di sette centimetri e dalle impronte trovate nei boschi vicino a Tashtagol. Il segnale più emblematico dell’esistenza dell’abominevole uomo scimmia, sottolinea ancora Burtsev, sarebbe rappresentato dalle orme, poiché le impronte delle dita sono molto larghe e con capillari in rilievo, prova certa dell’appartenenza a un ominide.
L’EQUIPE DI ESPERTI – Dunque lo yeti esiste veramente: lo ipotizza un team di esperti cinesi, americani, mongoli, canadesi ed europei che è stato incaricato dal governo di Kemerovo di studiare il caso yeti, dopo che alcuni anni fa nei pressi di una stazione sciistica erano stati ritrovati indizi sospetti. Il meeting di Tashtagol si è concluso con una certezza al 95 per cento dell’esistenza dell’abominevole uomo delle nevi, dopo una spedizione nella caverna di Azasskaya nel corso della quale sono stati ritrovati marcatori del territorio, un capello, alcune impronte e una sorta di tana che dimostrerebbero, il condizionale è sempre d’obbligo, che le montagne Shoria sono abitate dallo yeti.
QUELLA COSA LA’ – I primi avvistamenti dell’abominevole uomo delle nevi (la definizione deriva dal nepalese Metoh Kangmi, uomo-orso) risalgono al 1407 e fu il tedesco Johann Schiltberger a imbattersi casualmente nella strana creatura mentre si trovava sulla catena degli Altai, presso i confini occidentali della Mongolia. “Quella cosa là”, dicevano gli sherpa per identificare questa strana creatura leggendaria che presenta inquietanti analogie sia con le scimmie che con gli umani. E il solo aspetto della mitica creatura che vivrebbe nell’Himalaya contribuirebbe ad alimentare i racconti fiabeschi. Ora, dopo che l’Università di Kemerovo aveva momentaneamente rinviato l’apertura di un centro di studi sullo yeti, arriverebbero delle prove definite per il momento inconfutabili e rimetterebbero in discussione l’idea di un centro di studi dedicato all’abominevole creatura. Anche se a onor del vero le prove ancora non sono state sottoposte alle analisi scientifiche previste e la trafila per dimostrare che lo yeti esiste davvero è ancora lunghissima. Tutti i materiali raccolti saranno infatti studiati attentamente a Mosca e a Pietroburgo e solo se le prime analisi daranno risultati confortanti i reperti saranno esaminati dagli scienziati di Novosibirsk per lo studio del DNA.
IL BUSINESS DELLO YETI –Per il momento insomma, nonostante le notizie riprese da più parti e il clamore mediatico, tutto è ancora da dimostrare e nessuno ha mai fotografato, anche se lo stesso Messner, nel 1986, ipotizzò di averne visto uno. Il sospetto malizioso che l’amministrazione di Kemerovo abbia però un suo ritorno turistico dall’affaire-yeti non è da escludere. La regione russa della Siberia sud-occidentale sta valutando infatti di ripescare il vecchio progetto dell’osservatorio dedicato, abbinandolo addirittura a un giornale dedicato alle ultime news sullo yeti. Tutti gli anni inoltre viene celebrato lo Yeti-day ed esiste anche un bar a tema.
Emanuela Di Pasqua
fonte: “Corriere della sera” LONDRA — I primi segni dello Yeti nella storia risalgono al 19esimo secolo. Nei monasteri buddisti appaiono dei dipinti che raffigurano “la creatura che abita l’Himalaya” simile a una scimmia, con una pietra in mano e mentre fa un fischio. All’inizio del ventesimo secolo, quando turisti e occidentali iniziano a viaggiare nella regione himalayana, cresce l’interesse popolare verso questa creatura.
Nel 1921 nasce il termine “Abominevole uomo delle nevi”, grazie al libro di Charles Howard-Bury “Mount Everest The Reconnaissance”. E iniziano i ritrovamenti di orme, peli e prove dell’esistenza dello Yeti. Nel 1954 viene organizzata una spedizione per trovare lo Yeti: è la “the Snowman Expedition” organizzata dal quotidiano inglese Daily Mail. Il capospedizione John Angelo Jackson torna in patria con foto di enormi impronte nella neve e di dipinti locali che raffigurano la creatura.
Uno degli ultimi avvistamenti dello Yeti è del 1970 sull’Annapurna. L’alpinista Don Whillans ha raccontato di aver sentito alcuni versi sinistri mentre cercava il luogo per un campo alto. La sua guida locale avrebbe assicurato che si trattava del richiamo dello Yeti, e proprio quella notte Whillans racconta di aver visto una strana creatura scura aggirarsi intorno alle tende.
Oggi lo Yeti è ancora oggetto di teorie controverse. C’è chi crede sia un essere paranormale, chi una specie sconosciuta di scimmia, chi un essere umano affetto da ipertricosi e cresciuto allo stato selvaggio. E chi crede sia un orso. Oltre alle recenti analisi del Dna, anche Reinhold Messner – uno dei protagonisti degli avvistamenti – ha ipotizzato che lo yeti non sia altro che l’orso delle nevi o orso azzurro tibetano, una specie rarissima di orso. Di fatto, anche se la scienza ci lavora da decenni, è ancora un mistero.
Ecco un interessante riepilogo dei principali avvistamenti dello Yeti nella storia.
1921: Il tenente colonnello C. K. Howard-Bury, salendo al Lhapka-La, nella regione dell’Everest, a circa 7000 metri, vede una figura scura dalle sembianze vagamente umane e trova enormi impronte nella neve.
1925: Il fotografo N.A Tombazi, dice di aver visto in Himalaya una creatura simile agli umani, scura e senza vestiti sul ghiacciaio dello Zemu a 4500 metri
1948: Peter Byrne trova un’impronta di yeti in india.
1951: Eric Shipton fotografa impronte di Yeti a 5500 metri sul Menlunq Glacier, regione dell’Everest
1953: Sir Edmund Hillary dice di aver visto queste enormi impronte mentre scalava l’Everest.
1954: L’americano John Jackson fotografa dipinti dello Yeti in Nepal e molti calchi di impronte non identificabili.
1959: Ipotetiche feci dello Yeti vengono raccolte, analizzate e risultano contenere parassiti sconosciuti.
1959: L’attore James Stewart, dopo una visita in India, porta di nascosto dei reperti di Yeti a Londra.
1960: Sir Edmund Hillary organizza una spedizione per trovare lo Yeti ma non conclude niente.
1970: L’alpinista inglese Don Whillans dice di aver visto una creatura strana scalando l’Annapurna.
1983: Daniel Taylor e Robert Fleming Jr, in una spedizione alla ricerca dello Yeti, trovano impronte nella Barun Valley
1986: Reinhold Messner avvistò, in una regione del Tibet orientale, uno Yeti, che descrisse come un enorme essere, ritto sulle zampe posteriori, in posizione bipede, che guardava nella sua direzione e che iniziò a fischiare per minacciarlo. Nello stesso anno l’esploratore Anthony Wooldridge avvistò e fotografò un presunto Yeti nell’India settentrionale a una distanza di 150 metri.
1991: Ladri rubano dal monastero di Pangboche i resti della cosiddetta “mano” dello yeti. L’anno successivo escono i risultati di alcune analisi condotte su quella mano rubata dall’antropologo George Agogino dell’Universita di California: risultarono simili all’epidermide umana, ma non appartenenti a esseri umani.
1996: Durante lo spettacolo “Paranormal Borderland” della Paramount viene presentato il video “The Snow Walker Film” che risulta essere creato dai produttori.
2003: sulle montagne siberiane dell’Altai viene ritrovato un arto appartenente a un animale sconosciuto.
2007: il presentatore ed esploratore statunitense Josh Gates trova tre orme considerate compatibili con quelle dello “Yeti”, sulla sponda del fiume Manju, a 2.850 metri di altezza
2008: Alcuni giapponesi fotografano impronte di presunti Yeti sul Dhaulagiri, 4800 metri di quota.
2011: In Russia alcuni scienziati durante un convegno dicono di avere le prove dell’esistenza dello Yeti, ma risulterà essere una mossa pubblicitaria.
2011: Un cacciatore, in Russia, dice di aver trovato una creatura simile a un orso che tentava di uccidere una delle sue pecore.
2013: Lo scalatore inglese Mike Rees fotografa impronte di Yeti.
2014: Circola sul web un video di una creatura pelosa che si aggira in una foresta russa.
In Toscana sono venti le razze animali a rischio estinzione tra mucche, pecore, capre, cavalli e maiali. C’è il cavallo monterufolino, il suino nero macchiola maremmama, la mucca pontremolese, quella garfagnina, quella pisana e quella della calvana. Ed ancora i suini di Cinta senese, la pecora zerasca, quella dell’Amiata ed altri. Lo dice la Coldiretti Toscana sulla base dei dati forniti dall’associazione regionale allevatori dopo l’allarme lanciato dalla Fao.
La Toscana degli allevatori sta lavorando per salvare sei razze di bovini, sei di ovini,due di caprino, uno di suino, quattro di cavalli ed uno di avicoli, si legge in una nota di Coldiretti. “E’ il risultato del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere – spiega Tulio Marcelli, presidente Coldiretti Toscana – la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari”.
Tra i bovini ‘salvati’, figura la maremmana, un risultato che ha permesso alla Toscana di guadagnare una seconda posizione nella graduatoria nazionale: con 2.221 capi iscritti al libro genealogico. In crescita anche la mucca pontremolese e garfagnina. Ancora in fase di lieve erosione, ma in consolidamento, invece, la presenza della mucca pisana e la calvana passata dai 487 ai 454 capi.
Sull”Arca di Noè’ toscana sono saliti anche i suini di Cinta senese e la macchiaiola maremmana. E’ la volta poi delle razze ovine: la pecora zerasca, quella massese e quella appenninica. Meno importanti i numeri, pur se in crescita, della pecora dell’Amiata, e della pomarancina. Tra gli equini una considerazione a parte la merita il celebre cavallo monterufolino della Contessa Wrangler, moglie di Ugolino della Gherardesca.
Le azioni erano state rivendicate attraverso alcune locandine appese sui pali della luce a Riolo e Imola. Sono stati proprio i disegni a portare gli inquirenti nella giusta direzione
Preso il ‘nemico dei cani’: bocconi con chiodi uncinati e vignette contro Edoardo Stoppa
E’ accusato di aver sparso i numerosi bocconi di prosciutto farcito di chiodi uncinati a Riolo Terme. Un incensurato cinquantenne disoccupato è stato denunciato dai Carabinieri, al termine di un’attività investigativa seguita dal pubblico ministero Daniele Barberini e dal procuratore capo Alessandro Mancini, con l’accusa di maltrattamento di animali. Un odio verso gli animali motivato per la scarsa attenzione dell’opinione pubblica verso la famiglia.
LE INDAGINI – L’attività degli uomini dell’Arma della stazione di Riolo Terme e della Compagnia di Faenza ha mosso i primi passi lo scorso novembre, quando alcuni cittadini hanno segnalato i bocconi avvelenati nei quartieri residenziali del comune montano, ma anche in un’area dedicata alla sgambatura dei cani. Le azioni erano state rivendicate attraverso alcuni volantini appesi sui pali della luce a Riolo e Imola.
Tra questi un disegno di una ragazza che decapita un cane, a dimostrazione dell’odio verso gli animali a quattro zampe. Sono state proprio le vignette a portare gli inquirenti nella giusta direzione. I militari hanno acquisito gli elenchi di persone con formazione di studi artistici. Quindi sono arrivati al blog del sospettato dove, tra l’altro, sono pubblicate vignette contro noti animalisti.
ODIO ANCHE CONTRO EDOARDO STOPPA DI “STRISCIA” – La perquisizione domiciliare effettuata mercoledì mattina, sollecitata dal procuratore Mancini, ha permesso di trovare nascosti in un armadio chiodi del tipo di quelli usati per i bocconi, ma anche volantini (anche contro l’inviato di Striscia la Notizia, Edoardo Stoppa) e petardi da modificare con pallini d’acciaio che però non ha utilizzato. Sequestrate anche delle pinzette usate presumibilmente per rendere i chiodi uncinati. Ulteriore fonte di prova alcune immagini fotografiche che il 50enne aveva scattato e che immortalavano le aree dove erano stati sparsi i bocconi. Sono diversi gli animali colpiti, ma fortunatamente salvati dai veterinari.
IL COMMENTO DEL SINDACO – Il sindaco Alfonso Nicolardi ha ringraziato pubblicamente il comando provinciale, la Compagnia di Faenza ed in particolare il comando di Riolo Terme dell’Arma dei Carabinieri, “per il successo conseguito con le indagini che hanno portato ad identificare e sottoporre a fermo l’autore delle polpette chiodate distribuite nel nostro territorio comunale. A nome dell’Amministrazione, dei cittadini e di tutti i proprietari di animali domestici, va la gratitudine agli uomini dell’Arma che dimostrano, anche in questo caso, come il loro lavoro e la loro presenza sia un importante strumento di potenziamento del senso di sicurezza collettiva. Un intervento così tempestivo ha, infatti, evitato un ulteriore innalzamento della tensione sociale”.
“La velocità con cui si sono chiuse le indagini – ha aggiunto Nicolardi – sono testimonianza di efficienza ed efficacia nella quotidiana azione degli uomini dell’Arma. Abbiamo ancora in mente gli straordinari risultati ottenuti in recenti operazioni d’indagine ed interventi su episodi criminosi risolti in tempi strettissimi. Una presenza, quella dei Carabinieri, svolta con dedizione, costanza e prossimità ai cittadini che, come abbiamo visto anche in questo caso, porta a risultati straordinariamente importanti”.
Emerge però anche un velo di rammarico per l’accaduto. “Dispiacere e quindi rammarico – ha concluso Nicolardi – rimane soprattutto in riferimento alla persona che ha compiuto questi atti. Chi compie azioni di questo tipo è evidente, purtroppo, che non ha piena consapevolezza delle gravi implicazioni e delle conseguenze negative che comportano. Un disagio, per quanto importante, non può giustificare azioni delittuose di questo tipo”.
L’ENPA – “Ancora una volta l’Arma dei Carabinieri e la Procura di Ravenna si sono distinti nell’attività di prevenzione e repressione dei crimini contro gli animali – afferma la presidente Nazionale di Enpa, Carla Rocchi -. Tali indagini, condotte a tempo di record con estrema efficienza, hanno consentito, dove vi fossero conferme circa l’identità dell’autore, di salvare le vite di molti animali e di risparmiare ai loro proprietari lo strazio di una dolorosissima perdita”.
Aggiunge Maria Teresa Ravaioli, presidente dell’Enpa di Faenza: “Ci sentiamo tutti più al sicuro. Il nostro grande timore era non solo che l’aguzzino potesse colpire altri Comuni della provincia ma che egli potesse altresì trovare degli emuli. Essere riusciti a risalire al presunto autore degli “avvelenamenti” ha un grande potere di deterrenza nei confronti di chi delinque contro gli animali sperando in na qualche forma di impunità. Per questo desidero ringraziare, in particolare, oltre alla Procura di Ravenna, il comandante dei Carabinieri di Faenza, Cristiano Marella”.
Oggi gli animali di affezione sono divenuti beni impignorabili essendo stati introdotti nell’elenco delle cose mobili assolutamente impignorabili (come le cose sacre, gli anelli nuziali, le decorazioni al valore, le lettere di famiglia).
A tal fine il legislatore, sul modello, ad esempio del codice di procedura civile tedesco, ha inserito due ipotesi a quelle già previste dall’art. 514 c.p.c.. In primo luogo ha previsto al n. 6-bis) l’impignorabilità degli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali.
In secondo luogo, al numero 6-ter) ha previsto l’impignorabilità degli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli.
Restano, quindi, esclusi dal regime di impignorabilità tutti quegli animali che il debitore tiene con sé per fini produttivi, alimentari e commerciali.
Per quest’ultimi non esiste, quindi, nessuna norma diversa da quel che è previsto dalle norme del codice di procedura civile per tutte le (altre) cose mobili. In altri e più chiari termini, il legislatore non ha inteso seguire né l’esempio tedesco prima richiamato né le proposte di legge che erano state formulate.
E così, ad esempio, il codice tedesco prevede che il giudice dell’esecuzione possa autorizzare il pignoramento dell’animale dall’elevato valore quanto l’impignorabilità comporterebbe una compressione del diritto del creditore che non potrebbe essere giustificata neppure in considerazione delle esigenze di tutela degli animali.
Ed ancora, non è stato dato seguito all’articolato progetto di legge a suo tempo presentato dall’on. Brambilla che, nell’introdurre un nuovo art. 2911 bis cod. civ., avrebbe voluto subordinare il pignoramento degli animali non domestici alla presentazione di una documentazione da parte del creditore procedente.
Si tratta, quindi, dell’ultimo (in ordine di tempo) intervento normativo che ha ad oggetto il trattamento giuridico degli animali: dalle norme sull’obbligo del soccorso agli animali feriti a seguito di incidente stradale, alla norma sugli animali in condominio per restare ai più noti.
Un tema, la sorte degli animali, che è sempre stato oggetto di attenzione talvolta anche in modo singolare come il caso che aveva deciso il Tribunale di Firenze nel marzo 2009 quando decise che “in caso di abitazione goduta in compossesso da due condomini, il fatto che uno dei due vi introduca, contro il consenso dell’altro, un animale domestico (gatto) costituisce turbativa del possesso, con conseguente ordine di allontanamento dell’animale”. Ma anche situazioni complesse come quelle che si verificano e che hanno protagonisti (loro malgrado) proprio gli animali: è capitato assai di frequente che animali venissero lasciati su fondi oggetto di provvedimenti di rilascio con non poche difficoltà nell’esecuzione (ora forse risolta dalla modifica dell’art. 609 c.p.c.).
Occorre prendere atto, infine, che – sebbene la questione sia molto discussa e particolarmente avvertita, anche alla luce delle novità più recenti a tutela degli animali – la nuova previsione, da un punto di vista tecnico giuridico, conferma l’equiparazione tra animale e cosa: ed infatti, gli animali compaiono proprio nell’elenco delle “cose”.
Siamo, quindi, sulla strada dell’attuazione degli impegni internazionalmente assunti non poco tempo fa, ma ancora lontani dalla piena esecuzione della valorizzazione del principio della “importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società” e della concezione dell’animale come essere senziente.
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