Scoiattoli grigi, perché è giusto eradicarli

scoiattolo grigio

La decisione di “deportare” gli scoiattoli grigi di Nervi continua a fare discutere.
Questi simpatici animaletti, inseriti tra le 100 specie più pericolose del pianeta per la capacità di espandersi a danno delle altre e in particolare dei loro cugini rossi, minacciano la biodiversità e gli equilibri degli ecosistemi a cui sono estranei.

Tuttavia sono in molti a chiedersi che male possono fare quelli che da anni vivono nei giardini sul lungomare e che ormai per i cittadini del capoluogo ligure sono parte integrante delle passeggiate al sole.

Chi è in grado di rispondere a questo interrogativo meglio di un genovese doc, prestato all’Australia per conseguire il Ph.D all’ARC Centre of Excellence for Environmental Decisions, presso la School of Botany, dell’università di Melbourne? Ecco l’articolo di Stefano Canessa, pubblicato sul suo blog, scritto sotto forma di domande e risposte per spiegare ai suoi concittadini e a tutti gli scettici che non esiste altra soluzione.

Cos’hanno fatto di male gli scoiattoli di Nervi?

grey-squirrelLo scoiattolo grigio e’ una specie americana, non presente naturalmente in Europa. In Europa e’ stato introdotto in Italia e in Inghilterra nel XX secolo: in Italia le introduzioni sono avvenute in Piemonte nel 1948 e 1994 e a Nervi (GE) nel 1966.
In Inghilterra lo scoiattolo grigio si e’ diffuso nella maggior parte del paese e i tentativi di eradicarlo (eliminare le sue popolazioni) sono falliti.

Da allora, sono stati osservati e documentati al di la’ di ogni possibile dubbio questi effetti:
Lo scoiattolo grigio compete con quello rosso (la specie originaria dell’Europa) e poco a poco lo rimpiazza. Questo avviene perche’ si appropria delle risorse disponibili, è più aggressivo, ha meno predatori e anche perché lo scoiattolo grigio è portatore di un virus che uccide lo scoiattolo rosso.
Nelle zone dove lo scoiattolo grigio non viene tenuto sotto controllo, caccia e uccide uova e nidiacei di molte specie di uccelli boschivi, causandone una drastica diminuzione. Quello rosso non causa questi problemi.
Lo scoiattolo grigio scorteccia e danneggia molte specie di alberi (faggi, querce, abeti), danneggiando sia le specie che vivono nelle foreste sia la qualità e il valore del legname a scopo commerciale.

In conclusione, lo scoiattolo grigio è chiaramente dannoso sia per molte altre specie animali, sia per interi ecosistemi, e puù causare anche danni puramente economici.
E’ stato dimostrato che in Inghiltera i soli danni causati dallo scoiattolo grigio all’industria del legname ammontano a circa 10 milioni di sterline, senza neanche calcolare i danni alle altre specie e al valore estetico e culturale dei boschi danneggiati.

Il problema fondamentale è che lo scoiattolo grigio è un animale con una “personalita’”, per cui diventa difficile vederlo come una minaccia.
Eppure questo rappresenta: una malattia.
Provate per un momento a vederlo come un batterio, un microbo: anche queste sono specie viventi, e proprio come lo scoiattolo grigio, hanno la capacità di diffondersi, passare da un “malato” a un altro (boschi) e causare danni fino ad uccidere il malato.
Ma qualcuno sarebbe disposto a difendere il parassita che causa la malaria, perfino nelle sue zone d’origine? E pensate se qualcuno provasse di proposito a creare una zona malarica in Italia, non vorremmo forse liberarcene prima possibile?

Alla fine, questo è quello che abbiamo fatto: creare un serbatoio di una malattia che puo’ creare danni certi. E’ logico cercare di riparare al danno fatto, soprattutto visto che chi ne risentirebbe non saremmo noi, almeno nel breve periodo, ma altre specie indifese.

A Nervi gli scoiattoli sono isolati e non fanno male a nessuno.

scoiattolo-grigioCome qualunque malattia (ciò che di fatto sono, anche se hanno un musetto simpatico) il pericolo sta nell’avere un serbatoio di infezione. Esistono studi molto accurati che mostrano come, se questi animali dovessero sfuggire dai parchi di Nervi e diffondersi altrove, si espanderebbero presto a grande velocita’, fino ad occupare nel giro di pochi anni gran parte del Nord Italia, dove causerebbero tutti i danni descritti sopra.

L’esperienza inglese con gli scoiattoli, e quella nel resto del mondo con decine e decine di altri casi simili, dimostra che e’ impossibile escludere che questi animali si possano diffondere al di fuori dei parchi di Nervi.
A quel punto qualunque azione diventerebbe impossibile: al contrario, agire mentre sono ancora circoscritti nel parco ha notevoli probabilita’ di riuscire completamente (come se il parco rappresentasse una specie di “quarantena” da cui eliminare l’infezione poco a poco).

Non si possono usare altri sistemi?
Non sono coinvolto in alcun modo nel programma di eradicazione e quindi posso solo fare delle ipotesi, che non riflettono necessariamente le argomentazioni dei responsabili ma solo il mio punto di vista professionale.
Bisogna come minimo assicurarsi che non possano riprodursi: semplicemente spostarli non risolverebbe nulla e anzi creerebbe ancora piu’ rischi.
Sterilizzarli e rimetterli dove sono renderebbe molto difficile capire quali sono stati gia’ sterilizzati (non e’ pensabile che vengano catturati tutti in una volta sola) e finirebbe per creare confusione e aumentare i costi riducendo l’efficienza del programma.
Reintrodurli nelle loro zone d’origine: ovviamente questa sarebbe una soluzione estremamente costosa, visto che questi animali vengono dal Nord America e anche solo il traferimento richiederebbe una serie infinita di controlli, permessi, procedure, per non parlare del biglietto aereo. Inoltre questi animali sono nati e cresciuti a Nervi, a contatto con il nostro ambiente, che e’ molto diverso da quello americano. Riportandoli laggiu’, non c’e’ modo di sapere se porteranno con se’ malattie o parassiti potenzialmente dannosi: in concreto, dubito che in America li rivogliano indietro.

Non e’ assurdo dire di voler fare “conservazione” e uccidere degli animali?
Per capire le ragioni dei conservazionisti, bisogna allargare la propria visione. Lo scoiattolo grigio vive e prospera nel suo ambiente originario: eliminare gli esemplari in Italia non causerà alcun danno alla specie che non si estinguerà certo per questo.
Viceversa, se non vengono eliminati c’e’ il concreto rischio che lo scoiattolo rosso vada incontro all’estinzione totale, mentre se si riuscisse almeno a tenere sotto controllo i grigi, potrebbe sopravvivere almeno in parte.
Quindi: eliminando i grigi, 2 specie – non eliminando i grigi, 1 specie.
Il vantaggio per l’ambiente nel suo complesso è evidente, se solo ci si sforza di considerare il quadro generale. E tutto questo senza considerare le specie di uccelli che potrebbero andare perdute in seguito all’espansione del grigio in Europa.

In pratica, eliminare gli scoiattoli grigi rappresentebbe un “massacro” di pochi esemplari – non eliminarli rappresenterebbe un “massacro” di un’intera specie, piu’ notevoli quantita’ di altre. Il fatto che questo avverrebbe lontano dai nostri occhi, anzichè nei giardinetti sotto casa, non lo rende meno drammatico e cruento.

Se lo scoiattolo grigio e’ piu’ resistente di quello rosso, non sarebbe piu’ giusto lasciare che la natura faccia il suo corso?

scoiattolo rossoIl problema è che il corso della natura è stato alterato all’origine. In condizioni naturali, lo scoiattolo grigio non sarebbe mai giunto in Europa, o vi sarebbe arrivato (chissà) nel corso di milioni di anni, dando la possibilita’ ad altre specie di adattarsi.
Invece l’introduzione è stata effettuata dall’uomo e volontariamente, mettendo a rischio altre specie del tutto incolpevoli.

Il valore della diversità è proprio questo, avere piu’ specie ciascuna nel contesto che le compete: uno scoiattolo in America e uno in Europa, ciascuno con la sua storia e il suo valore, il suo ruolo nell’ecosistema.
Per consentire che la natura faccia il suo corso, è giusto riparare un danno che abbiamo fatto: il metodo scelto per la rimozione degli scoiattoli grigi è il piu’ efficace nel garantire che non vi siano effetti collaterali.

Perchè questa ossessione con le specie “alloctone”? Non sono comunque animali?

Un ecosistema è tanto più resistente e capace di adattarsi ai cambiamenti quanto più è “diverso” al suo interno, nel senso che ha più specie, alcune delle quali possono evolversi mentre altre spariranno.
Nel “corso della natura”, i cambiamenti, le estinzioni e le evoluzioni di nuove specie sono processi che impiegano milioni di anni: quando l’uomo elimina aree naturali intatte, o introduce specie esotiche, il cambiamento è immediato. Molte specie non hanno la possibilità di reagire e spariscono rapidamente. Il risultato è una perdita netta: dove prima c’era una varietà di forme e colori, adesso ce n’è solo uno, o nessuno.

Nel mondo, la sparizione di specie animali e vegetali ha raggiunto un ritmo senza precedenti: tutti gli studi compiuti fino ad oggi indicano come prima causa la distruzione degli habitat causata dall’uomo. Al secondo posto si trovano proprio le specie “alloctone”: in tutto il mondo i danni che queste causano sono spaventosi e solitamente irreparabili.
In questo senso, introdurre specie che non dovrebbero trovarsi in un certo ambiente è proprio come versare dei liquami inquinanti o abbattere delle foreste. Quando vogliamo disfarci delle tartarughine che sono cresciute troppo e le rilasciamo nel laghetto dietro casa, stiamo volontariamente condannando altre specie al declino e all’estinzione.

Nei paesi dove questo processo è chiaro, come l’Australia, non troverete nessuno disposto a difendere le specie alloctone: tutti sanno che permettere ad una volpe (animale che personalmente adoro) di sopravvivere significa condannare a morte migliaia di altri piccoli mammiferi, uccelli e altra fauna.
I governi hanno ben chiari i danni che questi invasori possono arrecare, sia in termini di biodiversità che economici, esistono accurati programmi di controllo e se possibile di eradicazione, e le comunità sostengono e partecipano attivamente a tali programmi, perché sanno di aggiungere valore all’ambiente, e non toglierlo.

E allora?
Cosa puo’ insegnarci la storia dello scoiattolo grigio?
Personalmente credo ci indichi come gli animali non sono a nostra disposizione per giocare, tenendoli in casa e poi rilasciarli dove ci pare quando ce ne stufiamo.
Credo ci dica anche che abbiamo grosse responsabilità nei confronti dell’ambiente, perché possiamo creare danni mostruosi anche senza volere: fortunatamente abbiamo la capacita’ di imparare e correggere i nostri errori.
Infine, che la difesa dell’ambiente non può essere egoistica (evitare sensi di colpa o voler a tutti i costi vedere gli scoiattoli nel parco di Nervi) ma deve necessariamente cercare di vedere il quadro generale delle cose, perché è quello in cui ci troviamo anche noi.

Stefano Canessa

Museruola e guinzaglio corto, le nuove regole

L’ordinanza sulla Gazzetta Ufficiale. I proprietari sono sempre responsabili della condotta e del benessere degli animali

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Novità in vista per chi ha un cane. Nella Gazzetta Ufficiale di venerdì 6 settembre è stata pubblicata un’ordinanza del ministero della Salute che impone ai proprietari degli amici a quattro zampe alcuni obblighi, ad esempio: utilizzare il guinzaglio «corto» (max 1,5 metri) e portare sempre con sé la museruola. A spingere il ministero a emanare questa ordinanza – che istituisce anche corsi ad hoc per i padroni – è il «verificarsi di incidenti, soprattutto in ambito domestico, legati alla non corretta gestione degli animali da parte dei proprietari». Questi ultimi, o chi detiene il cane, sono a qualsiasi titolo responsabili penalmente e civilmente dei danni provocati dall’animale. «Il proprietario di un cane – si legge nell’ordinanza, che avrà efficacia per 12 mesi – è sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell’animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali o cose provocati dall’animale stesso. Chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere un cane non di sua proprietà ne assume la responsabilità per il relativo periodo».

Per prevenire danni o lesioni a persone, animali o cose, l’ordinanza stabilisce che il proprietario e il detentore di un cane devono seguire determinate regole: «Utilizzare sempre il guinzaglio a una misura non superiore a mt. 1,50 durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni; portare con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio per l’incolumità di persone o animali o su richiesta delle autorità competenti».

E ancora: «affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente; acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonché sulle norme in vigore; assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive». Tra gli obblighi, quello di raccogliere le feci, e quindi «avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle stesse». Vengono inoltre istituiti percorsi formativi per i proprietari di cani, con rilascio di un attestato di partecipazione denominato patentino.

«I percorsi formativi – si legge nell’ordinanza del ministero della Salute – sono organizzati dai Comuni congiuntamente ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, i quali possono avvalersi della collaborazione dei seguenti soggetti: ordini professionali dei medici veterinari, facoltá di medicina veterinaria, associazioni veterinarie e associazioni di protezione animale. Il Comune, su indicazione del servizio veterinario ufficiale, individua il responsabile scientifico del percorso formativo tra i medici veterinari esperti in comportamento animale o appositamente formati dal Centro di referenza nazionale per la formazione in sanitá pubblica veterinaria, istituito all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Le spese per i percorsi formativi sono a carico del proprietario del cane. (Fonte: Adnkronos)

fonte: corriere.it

Viterbo, Gufo aggressivo in libertà

A Canino è caccia al gufo predatore
Il sindaco Mauro Pucci: ”L’animale ha aggredito diverse persone. E’ pericoloso”
27/09/2013 – 04:00
di Stefano Mattei

bubo-buboVITERBO – Come alcune favole che si raccontano ai bambini per creare un po’ di mistero, dove strani animali aggrediscono gli uomini dei villaggi sul calare della sera, da qualche giorno a Canino un gufo predatore sta attaccando le persone creando seri disagi alla comunità.

A confermarlo è il sindaco Mauro Pucci che, con un tono tra il preoccupato e l’ironico, descrive questa vicenda nella quale la realtà supera davvero la fantasia.

“Sembra assurdo – racconta – ma è tutto vero. Questo animale, o questi animali, dato che potrebbero essere più di uno, vivono vicino ad una villetta nei pressi del paese e hanno creato serie difficoltà agli abitanti di questa casa. Sono arrivate prima notizie di 3-4 gatti spariti, poi in Comune hanno cominciato a farsi aventi le persone aggredite. Una signora che presentava dei tagli sul viso e un uomo che ci ha mostrato una camicia sulla quale erano evidenti le unghiate dell’animale”.

Mentre le segnalazioni di incidenti continuano ad arrivare, questa curiosa vicenda sta dividendo la popolazione. C’è preoccupazione per quello che potrebbe succedere se uno di questi animali cominciassero a causare ferite più serie ai cittadini, ma allo stesso tempo in molti non vogliono azioni di violenza sommaria.

In questi giorni infatti, a quanto sembra, alcuni hanno deciso di farsi giustizia provando ad uccidere “gli uccelli cattivi” a colpi di carabina.

“Dobbiamo essere equilibrati – predica invece il sindaco – ovviamente non dobbiamo sottovalutare la vicenda, perché se il gufo ad esempio decidesse di attaccare un bambino le conseguenze potrebbero essere gravi, ma bisogna anche pensare che questi animali sono protetti dalla legge. So che qualcuno ha tentato di sparargli, ma non è certo che l’animale sia morto. Abbiamo già parlato con la forestale e cercheremo di analizzare nuovamente la situazione. A quanto sembra infatti, un gufo tra le 19 e le 19 e 30 si apposta vicino il centro anziani. Voglio ricordare, inoltre, che questi predatori sono riusciti ad eliminare moltissimi piccioni facendoci un enorme favore”.

Ente Nazionale Protezione Animali – Enpa: fondi spesi in case e hotel

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Una casa nuova di zecca? Sì, ma sulle rive del Mar Rosso, a due passi dal paradiso di Sharm El Sheikh. E certo non per qualche cucciolo bisognoso di coccole. Un soggiorno omniconfort? Sì, ma in alberghi di lusso a Malta. E certo non in un canile che accoglie quattrozampe. Cure mediche in una clinica specializzata nella sostituzione dell’intera dentatura in tre giorni? Sì, ma certo non per consentire a Fido di sgranocchiare il suo osso preferito nonostante gli acciacchi dell’età. Dai conti di Enpa (l’associazione nazionale protezione animali che solo nel 2011 «raccoglieva» 11 milioni di euro tra gestione di canili, quote del 5 per mille, donazioni e lasciti) saltano fuori bonifici e pagamenti che fanno rabbrividire i veri volontari. Su tante cifre sospette è in corso un’inchiesta della procura di Genova, che ha in mano riscontri documentali. Parallelamente a una concreta attività animalista, portata avanti senza sosta da tanti uomini e donne disinteressati e di grande cuore, sta emergendo una gestione imbarazzante. Insomma, non tutti i soldi che arrivano ad Enpa servono al benessere degli animali.
L’inchiesta è riservatissima, ma da palazzo di giustizia qualcosa trapela. E i primi elementi su cui lavora la Guardia di Finanza riguardano bonifici e assegni con causali a dir poco incredibili. Decine di migliaia di euro sarebbero stati girati, in molte riprese, per pagare le rate di una casa esclusiva sul Mar Rosso. Oppure per saldare il conto in alberghi di Malta o in cliniche lombarde di alta chirurgia odontoiatrica, specializzate nel reimpianto dell’intera dentatura – umana, non animale – in tre giorni. Non solo. Tra i riscontri delle spese sospette ci sarebbero anche scooter, ristrutturazioni di interni, prelievi in contanti effettuati con regolare frequenza. A partire, almeno, dal 2007.
Soldi che quasi sempre non uscivano direttamente dalle casse di Enpa, ma transitavano prima da altre associazioni animaliste e a Fondazioni, sui cui conti Enpa non aveva più motivo di esercitare controlli. Quindi formalmente certi assegni non comparivano nei bilanci di quella che resta una delle più grandi onlus italiane del settore. Il fatto è che già nella relazione dei revisori dei conti Enpa a fine 2011 veniva segnalata la presenza di «crediti» dell’ente per somme versate alla Fondazione Ligure Diritti Animali (775mila euro) e alla Fondazione Diritti Animali (300mila euro), nei cui consigli direttivi figuravano peraltro come amministratori alcuni dirigenti della stessa Enpa. Proprio come avveniva in varie associazioni alle quali venivano girate altre cifre consistenti.
A seguito delle segnalazioni sempre più pressanti di Massimiliano Suprani, uno dei tre revisori dei conti, nell’Enpa si sono verificate dimissioni e commissariamenti. La presidenza nazionale era già passata da Paolo Manzi, condannato per appropriazione indebita nel 2010 per essersi intascato 115mila euro dell’associazione, a Carla Rocchi, già sottosegretaria di Amato e D’Alema. Ma la linea di continuità all’interno dell’Enpa sembrava comunque evidente. Lo stesso Manzi ha continuato a far parte del consiglio nazionale durante tutta la durata del processo. Così pure Gildo Russo, il suo avvocato che lo difendeva contro Enpa, è rimasto il legale dell’ente. Il tesoriere, Piermario Villa, ex esponente dei Verdi ed ex assessore al Traffico del Comune di Genova, ha resistito al suo posto. Nel corso del 2012, invece, l’insistenza del revisore dei conti, ha portato un vero terremoto. Dimissioni del tesoriere nazionale. Dimissioni della presidentessa di Genova (sua compagna anche nella vita). Dimissioni del presidente della sezione di Torino. Numerose accuse reciproche tra i dirigenti, con il revisore Suprani che si trova impossibilitato a proseguire il lavoro con una serie di ostacoli alle verifiche e accuse diffamanti.
L’inchiesta della procura di Genova è l’inevitabile conclusione. Perché Suprani presenta un esposto dettagliatissimo in procura, con i riscontri dei soldi destinati alla casa in Egitto e a tutto il resto. Il pm Nicola Piacente affida le indagini alla Finanza che sta ricostruendo sei anni di movimenti bancari sospetti per centinaia di migliaia di euro. Poi arrivano le querele: lo stesso revisore è costretto ad affidarsi a un legale, Roberta Marallo, per tutelarsi dal fango che gli viene scaricato addosso. E potrebbe essere solo l’inizio.

Fonte: ilgiornale.it

 

Cacciatore uccide poiana, 1000 euro di taglia

poiana uccisa2SAN CATALDO – Prima settimana di cosiddetta “pre-apertura” della caccia in Sicilia, prima vittima dei cacciatori di frodo: sabato pomeriggio, dopo appena sei giorni dall’avvio anticipato della caccia, le Guardie Giurate venatorie e zoofile del WWF hanno rinvenuto nelle campagne di San Cataldo (CL) un esemplare adulto di Poiana (Buteo buteo), specie particolarmente protetta, uccisa a colpi di fucile caricato a pallini.

“Secondo il calendario venatorio, in questo periodo possono essere uccisi solo conigli selvatici in caccia vagante e tortore e colombacci, ma da appostamento temporaneo. Invece – dichiara Ennio Bonfanti, coordinatore regionale delle Guardie WWF – quando la stagione venatoria si apre, si spara a tutto ciò che si muove! La Poiana ha un’apertura alare di oltre un metro e mai può essere confusa con un colombaccio o una tortora, men che meno con un coniglio! Quindi chi le ha sparato – in una giornata di caccia “regolare” – lo ha fatto con la piena consapevolezza e volontà di violare e sfidare la legge, con il solo scopo di uccidere un predatore. Sicuro di restare impunito, vista la cronica assenza di controlli e l’anarchia venatoria della nostra Regione…”.

poiana uccisaIl WWF ha già presentato una denuncia contro ignoti alla Procura della Repubblica per il reato di “uccisione di specie particolarmente protetta” ai sensi della legge 157 del 1992, che prevede sanzioni penali quali l’arresto fino ad 8 mesi; “Mentre recuperavamo il povero rapace impallinato – racconta Bonfanti – sentivamo i colpi delle fucilate dei cacciatori nelle colline intorno… E questo la dice lunga sulla favola del cacciatore buono e del bracconiere cattivo, come se fossero due entità estranee l’una all’altra, due mondi diversi”.

Ma il WWF è convinto che qualcuno abbia visto chi ha sparato alla Poiana: “l’abbiamo trovata a terra lungo una strada provinciale in contrada Gabbara, dove tutt’intorno vi sono decine di villette, case agricole, abitazioni. Un luogo densamente abitato – e perciò di per sé vietato alla caccia! – in cui sicuramente qualcuno avrà visto il vigliacco sparatore”. Per questo il WWF Caltanissetta ha istituito una taglia: mille euro a chi consentirà, con la propria testimonianza o con altre prove certe, di incastrare il colpevole di un simile odioso reato contro il patrimonio faunistico dello Stato.

Per il WWF questo atto di bracconaggio è gravissimo, vergognoso ed intollerabile, costituendo l’ennesimo esempio di quel malcostume venatorio che, con inaudita spregiudicatezza, si ripete in ogni stagione di caccia nel territorio del Nisseno. “Simili fatti dovrebbero far indignare, per prime, le stesse Associazioni venatorie spingendole a provvedimenti severi nei confronti di questi cacciatori illegali. E invece – rileva amaramente Bonfanti – prevalgono omertà, difesa corporativa “ad oltranza” della categoria e odio verso chi, come il WWF e le sue Guardie volontarie, vuol far rispettare le leggi anche in materia faunistica ed ambientale”.

fonte: giornalesicano.it

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La tenia nel cane e nell’uomo

La tenia nel Cane:

La tenia è il parassita più comune che può infestare l’intestino del cane, provocando la perdita di peso. Questo organismo può anche colpire l’uomo. Esistono vari metodi per capire se il nostro amico a quattro zampe ha contratto questo parassita e la terapia da seguire è molto semplice ed efficace. Come per tutte le malattie e parassiti, la prevenzione e controlli regolari dal veterinario sono fondamentali.

tenia

La tenia, il cui nome scientifico è Dipylidium caninum, è un parassita dalla lunghezza media di 50 cm di forma appiattita, simile ad un nastro, che abita e prolifera all’interno dell’intestino di cani e dei gatti. Al contrario di ciò che accade quando viene colpito l’uomo, nelle specie animali come cane e gatti la presenza della tenia nel loro organismo raramente provoca seri problemi di salute.

tenia2Nella maggioranza dei casi viene diagnosticata fortuitamente in animali che versano in condizioni normali. Una delle conseguenze che provoca la tenia che infetta l’intestino di un cane è la perdita di peso, nel caso in cui si riscontra una massiccia presenza di parassiti.
Il Dipylidium caninum ha un particolare ciclo vitale, particolarmente connesso a quello della pulce. Le tenie, infatti, vanno ad agganciarsi nel vero senso della parola alla parete intestinale dell’animale che parassitano, attraverso una serie di uncini situati ad un’estremità corrispondente alla testa. Il corpo della tenia è suddiviso in numerosi segmenti, chiamati proglottidi, i quali sono ripieni di uova e che gradualmente si staccano dalla parte terminale del parassita ed fuoriescono all’esterno. Essi hanno le dimensioni simili ad un chicco di riso e nel momento in cui li si osserva danno l’impressione di essere in presenza dei piccoli vermi, poiché si muovono, anche se in realtà, si limitano a contrarsi, al fine di espellere le uova che contengono.

Per sapere se il nostro amico a quattro zampe è infettato dalle proglottidi, si può semplicemente osservare le sue feci appena deposte ed anche intorno all’ano, una zona dalla quale sono in grado di fuoriuscire in maniera attiva. Le uova della tenia, in quest’ultimo caso, si depositano per terra, molto spesso nella cuccia così come accade anche alle uova delle pulci.
Esiste una certa simbiosi tra le pulci e la tenia. Infatti, accade che le larve di pulce, una volta uscite dall’uovo, alimentandosi con i detriti cutanei e le feci delle pulci adulte, possono ingerire casualmente anche le uova di tenia per poi ospitarle nel loro interno, dove si riescono a conservare fino al momento in cui la larva diventa a sua volta una pulce adulta, la quale ritorna sul corpo dell’animale da cui era caduta sotto forma di uovo.

Anche durante le pulizie il cane può accidentalmente ingerire una pulce, la quale venendo digerita libera l’uovo di tenia, che in seguito si sviluppa nell’intestino dell’animale ricominciando il ciclo vitale che abbiamo sopra descritto.
Ciò che abbiamo appena raccontato è l’unica maniera in cui cani e gatti possono contrarre la tenia, quindi si può dedurre che abbiamo anche le pulci.
Un proprietario molto scrupoloso può rendersi conto della presenza della tenia se osserva le proglottidi mentre escono dall’ano o sulle feci deposte da poco. Le proglottidi, dopo essersi svuotate e seccate, rassomigliano ad un chicco di sesamo e si possono riscontrare nei luoghi dove l’animale riposa o intorno alla regione anale.
L’esame a vista delle feci non sempre consente di rilevare la presenza di uova di tenia, quindi non si può escludere l’infestazione. In questo caso le uova possono essere viste con un esame delle feci solo se sono uscite dalla proglottide per la sua rottura accidentale. Pertanto, se si riscontrano le proglottidi è fondamentale riferirlo al veterinario di fiducia, il quale adotterà la profilassi necessaria per debellare il parassita. Nel caso in cui si avessero dubbi in proposito, si dovrebbero raccogliere campioni di feci e portarle in ambulatorio.

La tenia è un parassita che può facilmente essere debellato attraverso uno specifico prodotto, il praziquantel, il quale viene somministrato con una compressa, attraverso una iniezione o per applicazione topica (ossia applicato sulla cute). Questo farmaco discioglie direttamente il parassita all’interno dell’intestino. Per sopprimere completamente la tenia, però, è indispensabile eseguire in contemporanea dei trattamenti contro le pulci, che devono interessare tutti gli animali in contatto.
Le persone, in particolar modo i bambini, possono contrarre la tenia con una ingestione accidentale di una pulce che contiene al suo interno un uovo di tenia (un evento considerato comunque raro), anche se il trattamento è molto semplice.
Ovviamente, come per tutte le malattie e parassiti, occorre una prevenzione e dei controlli regolari nel tempo, al fine di scongiurare una infestazione troppo grande ed abbreviare i tempi di guarigione. Per quanto riguarda l’uomo, è importante lavarsi le mani dopo aver giocato con il cane o gatto per eliminare ogni possibilità di contrarre questo fastidioso parassita.

La tenia nell’Uomo:

tenia4Malattia parassitaria dovuta all’infestazione da parte di un verme adulto, la tenia, comunemente denominato “verme solitario”. Le tenie sono parassiti piatti (cestodi) di lunghezza variabile da qualche millimetro a vari metri. La loro estremità anteriore, detta scolice, è munita di ventose e di un rostrello uncinato, e funge da organo di fissazione sulla mucosa dell’intestino tenue. Il corpo è formato da segmenti più o meno rettangolari contenenti gli organi genitali maschili e femminili (i vermi sono ermafroditi). Il numero dei segmenti è variabile a seconda del tipo di tenia.

Se ne distinguono quattro, a seconda della specie di tenia responsabile dell’infestazione:

  •   Taenia saginata, il tipo più diffuso in Italia, trasmessa mediante ingestione di carne bovina;
  •   Taenia solium, trasmessa attraverso l’ingestione di carne di maiale;
  •   Diphyllobothrium latum, agente della botriocefalosi, trasmessa mediante ingestione di pesci d’acqua dolce;
  •  Hymenolepis nana, responsabile dell’imenolepiasi, parassitosi frequente nei bambini: è una piccola tenia   trasmessa mediante l’ingestione di insetti (pulci, vermi della farina) e, soprattutto, delle uova del verme nei Paesi tropicali.

Le tenie, a eccezione dell’Hymenolepis nana, si trasmettono all’uomo attraverso alimenti contenenti larve e non sufficientemente cotti.

La teniasi si manifesta con stanchezza, inappetenza (o al contrario, in alcuni casi, grande appetito), dolori addominali, talvolta diarrea e prurito. Gli esami del sangue rivelano un aumento del numero dei globuli bianchi eosinofili. Una persona infestata dalla tenia bovina elimina spontaneamente attraverso l’ano frammenti di verme, che hanno l’aspetto di tagliatelle, rosee o biancastre, mobili.

L’assunzione di un purgante, per stimolare l’evacuazione intestinale del parassita, è assolutamente inutile; risulta invece efficace la somministrazione orale di una o due dosi di un farmaco antiparassitario attivo contro la tenia. Due sono i principi attivi utilizzati: la niclosamide e il praziquantel; il parassita muore subito e viene eliminato in frammenti digeriti. La prevenzione si basa sulla cottura della carne e del pesce.

Tenia

La tenia è un verme piatto e segmentato appartenente all’ordine dei cestodi. La testa delle tenie, o scolice, è munita di organi di fissazione (ventose, uncini) che permettono al verme di attaccarsi sulla parete intestinale dell’ospite parassitario.

Specie di tenia

tenia (1)Le specie di tenie che possono parassitare l’uomo, determinando teniasi, sono diverse. Le più importanti sono la tenia saginata, la tenia solium e l’hymenolepis nana, la tenia echinococco. Tenia saginata o tenia del bue. Detta verme solitario, perché è sempre unica, la tenia saginata adulta misura parecchi metri di lunghezza (fino a 10-12 metri); ha una testa (o scolice) piriforme di 1-2 mm di diametro, dotata di quattro ventose, ma non di uncini (tenia inerme) ed un corpo nastriforme composto da un gran numero (1.500/2.000) di segmenti giustapposti chiamati proglottidi. La testa di questa tenia si fissa sulla parete della porzione iniziale dell’intestino tenue. Dal corpo formato da proglottidi, che man mano che si avvicina all’estremità distale del verme sono sempre più lunghe che larghe, si distaccano ad una ad una le proglottidi mature (5-20 mm di lunghezza per 5-7 mm di larghezza) e, forzando attivamente l’ano, lasciano l’intestino dell’ospite. Nell’ambiente esterno tali proglottidi assumono un aspetto ambrato, si essiccano e si schiudono liberando le uova contenute.

A questo punto è necessario che un ospite intermedio, un bovino, ingerisca l’uovo perché il ciclo evolutivo della tenia prosegua. Nell’intestino del bue, l’embrione, o cisticerco, lascerà, quindi, l’uovo e raggiungerà i tessuti muscolari dove completerà il suo sviluppo. Se l’uomo ingerisce carne di bue mal cotta, infestata da cisticerchi, in due o tre mesi nel suo intestino si svilupperà una tenia adulta. Tenia solium o tenia del tenia3maiale. Il verme adulto misura dai due agli otto metri di lunghezza e ha una particolarità: la sua testa è provvista di uncini (tenia armata) e le sue proglottidi si distaccano a gruppi di sei-otto contemporaneamente e vengono evacuate passivamente con le feci. L’ospite intermedio è il maiale, nel quale l’infestazione di cisticerchi è denominata panicatura. L’uomo si infesta mangiando carne di maiale malcotta. Hymenolepis nana. Questo tipo di tenia è più frequente nei climi tropicali. Tenia echinococco.

L’Echinococcus granulosus è in grado di parassitare l’uomo allo stadio larvale, provocando una malattia grave chiamata echinococcosi che determina la formazione della cosiddetta cisti itatidea nel fegato o nel polmone. Tenia del cane. Il Dipylidium canium, allo stato adulto, può casualmente parassitare l’uomo.

Infestazione da tenia

La tenia determina una affezione detta appunto teniasi. Spesso, la presenza di una tenia nell’intestino non provoca notevoli disturbi, perciò attira l’attenzione solo la scoperta di proglottidi nei vestiti o nelle feci. Tuttavia, la teniasi può determinare alcuni sintomi quali la nausea, eruttazione, vomito biliare, dolori addominali, digestione difficile. Nei bambini possono inoltre comparire disturbi nervosi quali ansietà, irritabilità, eccezionalmente anche convulsioni.

Prevenzione della tenia

La prevenzione si basa unicamente sulla corretta cottura delle carni e sulle basilari norme igieniche come il corretto lavaggio di ortaggi e frutta; è importante evitare di portare alla bocca le mani che possono essersi contaminate toccando la pelle di animali imbrattati di fango e quindi di uova di tenia (es. maiali), o contaminate da feci di ammalati di tenia.

Terapia e cura della tenia

Teniasi – Farmaci per la cura dell’infezione da Tenia

L’infezione da tenia viene eradicata, generalmente, con un semplice trattamento farmacologico; solo nei casi più severi, la teniasi può essere debellata soltanto tramite un piccolo intervento chirurgico. Il problema più difficile consiste nella diagnosi: spesso, infatti, si fatica a trovare una risposta al quadro sintomatologico. La presenza della tenia nell’intestino può essere accertata esclusivamente tramite l’esame obiettivo delle feci. Da queste parole si comprende come l’immediata visita medica, a partire dai primissimi sintomi sospetti, sia indispensabile per allontanare il parassita nel più breve tempo possibile.
La teniasi può essere prevenuta attraverso il consumo di carni ben cotte, soprattutto quelle sospette e di dubbia provenienza; anche la congelazione della carne prima della cottura può essere una valida opzione preventiva alla teniasi.
La terapia farmacologica, nella stragrande maggioranza dei casi, si pone l’obiettivo primario di eradicare la tenia dall’intestino e, quando necessario, dai tessuti attigui contaminati: il farmaco, staccando la testa del parassita dalla parete dell’intestino dell’ospite, favorisce l’allontanamento dello stesso tramite l’evacuazione. Non a caso, la terapia farmacologica con questi farmaci (di seguito elencati nel dettaglio) è spesso associata alla somministrazione di lassativi, utilissimi per favorire l’evacuazione, dunque anche l’espulsione della tenia.

 

Di seguito sono riportate le classi di farmaci maggiormente impiegate nella terapia per la teniasi, ed alcuni esempi di specialità farmacologiche; spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato ed alla sua risposta alla cura:

  • Praziquantel  (es. Droncit, Tremazol): si tratta di uno dei farmaci antielmintici più utilizzati in assoluto per la cura della teniasi; il principio attivo agisce aumentando la permeabilità di membrana del parassita, provocandone la paralisi. Per il trattamento di Taenia saginata e Taenia solium, si consiglia di assumere il farmaco alla dose di 5-10 mg/kg per via orale, in singola dose. In passato, la dose raccomandata era di 20mg/kg, da assumere in un’unica dose. Il farmaco non è commercializzato in Italia.
  • Paromomicina (es. Humatin). Il farmaco appartiene alla classe degli amebiacei-aminoglicosidi, ed è attivo contro la tenia. Indicativamente, si raccomanda di somministrare il farmaco alla dose di 1 grammo, per via orale, ogni 15 minuti per 4 dosi. La paromomicina non è il trattamento di scelta per la cura della teniasi, mentre è utilizzato normalmente in terapia per la cura della leishmaniosi.
  • Albendazolo (es. Zentel): indicato per il trattamento dell’Echinoccus granulosus, una piccola tenia che non supera i 7 mm di lunghezza. In tal caso, assumere il farmaco alla dose di 400 mg per via orale, due volte al giorno per 1-6 mesi.
  • Niclosamide (es. Yomesan, Niclocide): il farmaco è attivo contro le infezioni da cestodi; tuttavia, NON agisce sugli stadi larvali. Il farmaco agisce probabilmente inibendo la fosforilazione ossidativa o stimolando l’attività dell’ATPasi. Prima del trattamento con questo farmaco si consiglia di assumere un antielmintico, mentre dopo il trattamento con la niclosamide si raccomanda di assumere un lassativo per velocizzare l’evacuazione della tenia. Anche questo farmaco non è privo di effetti collaterali; tra i più noti, ricordiamo: disturbi gastrointestinali, prurito, vertigini. Si raccomanda di assumere il farmaco in un’unica dose da 2 grammi, da somministrare al mattino, a digiuno; il farmaco è reperibile sottoforma di compresse masticabili, da deglutire successivamente con acqua.
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Sacrofano, 47 enne ruba un falco e chiede 650 euro di riscatto

falco-sacrofano_fullHa sfruttato le sue abilità di addestratore di uccelli per impossessarsi di un falco. Poi per restituire Spyke, questo il nome del volatile, ha minacciato il proprietario e chiesto 650 euro di riscatto. E’ stato arrestato ieri mattina, per estorsione, un 47enne italiano, dai Carabinieri di Sacrofano e dell’aliquota radiomobile della compagnia Roma Cassia. L’arrestato, già conosciuto alle forze dell’ordine, collaborava con una società che gestisce l’allevamento di falchi per l’impiego in ambito civile (ecologico e protezione ambientale), e approfittando dell’assenza del titolare, si è recato presso l’allevamento e sfruttando le proprie capacità è riuscito ad impossessarsi di un falco, Spyke.

L’ESTORSIONE – Il 47enne, per restituire il volatile,  ha minacciato il titolare dell’allevamento chiedendo in cambio 650 in contanti. La vittima a quel punto ha deciso di rivolgersi ai Carabinieri della Stazione di Sacrofano. L’estorsore e la vittima hanno fissato l’incontro per lo scambio ma oltre a loro due, all’appuntamento si sono presentati anche i militari dell’Arma, osservando la scena a distanza, e a scambio avvenuto sono usciti allo scoperto ammanettando il 47enne e recuperando sia il denaro sia il falco che, in buone condizioni, è stato poi restituito al suo padrone. L’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. L’uomo è stato sottoposto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

fonte: ansa

Abbandonare gli animali

cane abbandonatoOgni anno, a fine estate, il bollettino degli animali abbandonati conferma la triste realtà di un fenomeno che non cessa di verificarsi. Al di là di inciviltà e disaffezione, quali sono i motivi che spingono all’abbandono degli animali?

Sono più di 100.000 gli animali che ogni anno vengono abbandonati in seguito alle vacanze estive. Perché, malgrado gli appelli delle associazioni, questo fenomeno incivile continua a verificarsi?

 

Anche se non si possono stabilire tutte le ragioni che inducono i padroni e  i “genitori di animali” a compiere gesti così atroci, proviamo a individuarne qualcuna. In alcuni casi può senz’altro trattarsi di persone ammalate o molto anziane che in qualche modo sono costrette a rivolgersi all’ENPA (Ente Protezione Animali) per dare i loro cani o gatti o canarini in affidamento. In questi casi è l’impotenza del padrone che induce ad abbandonare gli animali, confidando nella disponibilità della gente ad accogliere cani e gatto, a patto che appaiano gradevoli.

abbandono_caniMeno fortunati sono gli animali molto grandi e “poco gradevoli” che magari appaiono malati o che invece sono soltanto sporchi.

 

Avvilente e disumano, oltre che incivile, è il caso in cui l’abbandono non nasce da una necessità, ma solo dalla scomodità di prendersi cura dell’animale o di scegliere vacanze adeguate che annoverino il cane come parte della famiglia.

 

Così ad un certo punto il padrone smette di essere amorevole per trasformarsi in un individuo meschino che improvvisamente fa scendere dall’auto il proprio cane, magari in un posto di campagna, e scappa velocemente senza guardarsi indietro.

 

Ma l’abbandono degli animali non induce un senso di colpa nei padroni non più amorevoli?

Secondo Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna non è il senso di colpa il punto centrale della questione. “Penso che alcune di queste persone abbiano un’immagine di se stessi che riecheggia in loro un senso di indegnità. Evidentemente, qualche ragione antica ha creato in loro un senso di vuoto, di squallore, di inconsistenza ecc. Forse non sono stati visti e considerati adeguatamente, non hanno sentito lo spessore della propria identità, si sono sempre percepiti anonimi. Pertanto la colpa che deriva dall’abbandonare un animale domestico al quale sono affezionati è superata dal bisogno inconscio di negare gli affetti, i sentimenti e le emozioni, perché è questo che si sono raccontati per tanto tempo”.

Gli affetti, per queste persone, sono segno di debolezza e di dipendenza. Siccome gli animali domestici evocano fortemente affetti ed emozioni (che hanno in particolare l’accezione della tenerezza), abbandonandoli, oltre che per le ragioni contingenti di scomodità nel tenerli, fanno trionfare in se stessi l’indifferenza e la superioritànell’apparente dominio delle emozioni e degli affetti.

“E’ come se dicessero inconsciamente – prosegue Pani – non sono debole o dipendente, ma sono capace di abbandonare il mio cane e quindi di esorcizzare l’angoscia del contare poco; se sono stato poco visibile o poco considerato a suo tempo, se mi sento una persona da poco…ecco ora che dimostro a me stesso che posso farcela lo stesso…il cane è sempre un cane, se non sopravvive pazienza”.

A queste riflessioni di natura psicologica, concorre un certo retaggio storico. Non dimentichiamo infatti che fino a 60 anni fa, in Italia la gente di campagna sopprimeva animali domestici quando si riproducevano in eccesso. Questa è la cultura storica dalla quale proveniamo, anche se oggi fortunatamente sappiamo ascoltare un po’ meglio i nostri sentimenti per gli animali. L’evoluzione fortunatamente è anche questo.

Chi abbandona un animale commette un reato e in base alla Legge 189/04 e può essere punito con l’arresto fino a un anno o con un’ammenda sino a 10.000 euro.

Se assisti a un caso di abbandono fai sentire la tua voce, e denuncia alle autorità giudiziarie (Carabinieri/Polizia di Stato/Corpo Forestale/Polizie locali) i colpevoli di tali atti e raccogli tutti gli elementi necessari ad inviduare i responsabili (numero di targa etc..): contribuirai a far applicare le sanzioni previste dalla legge e a fermare gli abbandoni.

di Alessandra Montelli

Cosa fare se trovate un cane vagante?

E’ necessario avvicinarlo con estrema prudenza e calma per non spaventarlo, mai in maniera troppo diretta e rapida, e controllare se è provvisto di medaglietta e/o tatuaggio sulla coscia destra o nell’orecchio destro (potrebbe avere anche solo il microchip ma questo si può capire solo con un lettore in dotazione a Servizio Veterinario Azienda Usl e, talvolta, a veterinari liberi professionisti, Polizie locali).

 

In assenza di medaglietta recante un numero di telefono o di altra informazione per risalire al proprietario, ai sensi delle leggi regionali che hanno recepito la legge nazionale n. 281/91 sulla tutela degli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo, è obbligatorio denunciarne il ritrovamento presso una forza di Polizia oppure al Servizio Veterinario della Azienda Usl.

La denuncia certificherà peraltro la condizione di cane vagante ritrovato e servirà a perseguire il responsabile dell’eventuale abbandono.

Il cane vagante sarà consegnato, unitamente al verbale della Pubblica Autorità, alla struttura di accoglienza – pubblica o privata convenzionata – competente per territorio ovvero al canile municipale o al canile convenzionato con il Comune sul cui territorio è stato ritrovato il cane.

Chi consegna il cane a una struttura pubblica non accompagnato da regolare denuncia ne diventa automaticamente il nuovo proprietario e sarà tenuto a pagare tutte le spese sanitarie e di mantenimento presso la struttura stessa.

Potrà essere la struttura, in assenza di posto o prendendo atto dell’esplicita volontà della persona che l’ha trovato, a predisporre un affidamento provvisorio in attesa delle indagini sul ritrovamento frutto di un abbandono o uno smarrimento.

Se il cane si trova su una sede stradale o nei pressi e può essere un pericolo per sé e per gli altri chiamate immediatamente per evitare un possibile incidente automobilistico la Polizia Stradale presso la Polizia di Stato n.113 o per le strade urbane la Polizia locale presso il centralino del Comune o della Provincia.

Trovare un uccellino a terra

rondoneAvete trovato un piccolo uccellino in difficoltà e non sapete come comportarvi? Con qualche piccolo accorgimento potrete dargli tutte le cure necessarie senza sbagliare, in attesa di consegnarlo a un centro di recupero specializzato.

E’  fondamentale sapere che la detenzione di tutta la fauna selvatica è vietata dalla legge dello Stato n. 157/92 e che entro 24 ore l’animale deve essere consegnato ad un ente autorizzato e competente.

Ma raccogliere un nidiaceo (un piccolo di uccello) può non essere sempre utile per la sua salute. Infatti la maggior parte di loro abbandona il nido quando ancora non sono provetti volatori. Trovarne uno per terra, che sia in un bosco o su di un marciapiede, non vuol dire essersi imbattuti in un uccellino abbandonato: al contrario, i genitori li accompagnano volata dopo volata verso l’autonomia e raccoglierlo in questa fase vorrebbe dire strapparlo alle loro cure. Inoltre l’uccellino potrebbe sviluppare il fenomeno dell’imprinting nei confronti dell’umano, pregiudicandone così il futuro.

E’ necessario quindi fare una prima distinzione:

– Nidiacei sani. Devono essere lasciati nel luogo di ritrovamento, a meno che non vi sia un rischio immediato (passaggio di auto o presenza di  predatori, come cani e gatti, o di elementi di particolare disturbo)

– Nidiacei in stato di pericolo. Il pericolo può consistere nella presenza di cani, gatti, automobili e così via. L’ideale è allontanare l’uccellino dalla condizione di rischio (ad esempio, allontanarlo dalla strada o dalla minaccia del cane o del gatto) e vigilare su di lui da lontano in attesa che i genitori lo accudiscano.

– Nidiacei feriti. E’ necessario recuperarli e dar loro le cure necessarie a sopravvivere, in attesa di consegnarli a un centro specializzato.

Se questo è il vostro caso, ecco alcune accortezze da seguire:

– Procuratevi una scatola di cartone poco più grande dell’uccello e praticate dei fori sulla parte alta per permettere l’aerazione. Non usate mai una gabbietta o un trasportino: insofferente alla cattività, l’uccello potrebbe agitarsi e procurarsi ulteriori lesioni. Non inserite con lui né cibo né acqua perché potrebbe sporcarsi infettando le eventuali ferite e non ponetelo sopra a una fonte di calore quale un termosifone acceso o una stufa: piuttosto, usate una borsa dell’acqua calda.

– Non somministrate mai mollica di pane, latte o derivati del latte a nessun uccello, che sia giovane o adulto.

– Ricordate però che, in questa situazione di primo soccorso, durante il giorno un pulcino ha bisogno di mangiare e bere ad intervalli diversi a seconda dello stadio di sviluppo: circa ogni mezz’ora per i nidiacei implumi e ogni 2-3 ore per i nidiacei impiumati. Come alimenti universali di emergenza potete somministrare omogeneizzato di carne, pezzettini di carne cruda o camole (larve della farina o del miele) e acqua con un contagocce o una siringa senza ago.

Se il vostro uccellino in difficoltà è un rondone, vi sono ulteriori accorgimenti da seguire. Infatti questi uccelli appartengono all’ordine degli apodiformi (dal greco “senza piedi”) e, una volta atterrati per errore o incidente al suolo, non sono più in grado di darsi lo slancio necessario a spiccare di nuovo il volo. L’intervento dell’uomo, in questo caso, può salvare loro la vita.

– Se si tratta di un rondone adulto, lo potete riconoscere perché le ali, incrociate sul dorso, superano la fine della coda di circa 2-3 cm. In assenza di ferite, spesso tornerà a volare grazie a una semplice operazione di lancio e non sarà necessario il ricovero. Ad ogni modo vi consigliamo di portarlo in un centro di recupero poiché l’operazione di lancio deve essere eseguita da personale esperto. Qualora fosse necessario alimentarlo, si potrà somministrargli omogeneizzato di carne, camole della farina o del miele e acqua con un contagocce o una siringa senza ago.

– Se si tratta di un rondone giovane, anche senza ferite non sarà in grado né di volare né di alimentarsi e quindi va consegnato immediatamente a un centro di recupero per il soccorso.

Fonte: youanimal.it