Scoiattolo grigio: 2 milioni di euro per sterminare il «clandestino»

Per salvare quello rosso europeo. Gli esperti: «Così restano i più forti: combattere importazione e commercio»

MILANO – Gli converrebbe tingersi il manto di rosso. In caso contrario, lo scoiattolo grigio farà una brutta fine. È stato approvato pochi giorni fa un piano che prevede lo sterminio dello Sciurus carolinensis, lo scoiattolo grigio. I metodi previsti per l’eliminazione sono da film horror: avvelenamento con topicidi, inalazione di gas, rottura del collo.

Piano contro lo scoiattolo grigio

Piano contro lo scoiattolo grigio    Piano contro lo scoiattolo grigio    Piano contro lo scoiattolo grigio    Piano contro lo scoiattolo grigio    Piano contro lo scoiattolo grigio

DIFESA – Gli animalisti sono insorti a difesa di Cip: «L’eradicazione dello scoiattolo grigio com’è prospettata da Unione europea, ministero dell’Ambiente e dalle Regioni Lombardia, Piemonte e Liguria è mortificante dal punto di vista etico e clamorosamente errata dal punto di vista scientifico. Si spendono quasi 2 milioni di euro per lo sterminio ma non si vieta la commercializzazione di una delle tante specie arrivata in Europa perché qualcuno l’ha comprata in negozio e rilasciata sul territorio», tuona il presidente di Gaia Animali & Ambiente, Edgar Meyer. Mettiamo che l’opinione di un animalista puro penda dalla parte degli animali. Ecco allora il parere dell’etologo Roberto Marchesini, autore di un’infinità di libri sulla relazione tra l’uomo e le altre specie: «Ho già visto la gassificazione di nutrie e colombi: sono state campagne fallimentari. Fatte per ridurre il numero di soggetti, hanno ottenuto il risultato opposto perché si è operata una selezione della specie: sono sopravvissuti i soggetti più forti, che si sono moltiplicati. Più si seleziona una specie, più aumenta di numero. Sarebbe molto più interessante investire in un piano per il controllo demografico e in uno studio utile per capire se il declino dello scoiattolo rosso, attribuito alla presenza di quello grigio, sia da attribuire davvero a quest’ultimo. Non si conosce la causa della decimazione di molte specie, penso agli anfibi, in particolare a tante varietà di raganelle ormai quasi scomparse».

SPECIE ALIENE – Le specie aliene come vengono chiamati gli animali alloctoni che minacciano il nostro ecosistema è lunga: si va dal pesce siluro allo scoiattolo grigio americano, dalla tartaruga azzannatrice a quella dalle guance rosse, dai gamberi killer della Louisiana ai pappagalli, dalle cozze zebrate ai visoni, dalle nutrie ai procioni. Nell’ambiente europeo sono state rilevate oltre 11 mila specie esotiche (vegetali e animali). Janez Potočnik, commissario Ue per l’Ambiente, ha dichiarato: «Il costo dei danni causati da specie invasive al nostro patrimonio naturale è valutato a 12 miliardi di euro ogni anno».

COMMISSIONE UE – La Commissione sta cercando di arginare il problema lavorando in tre direzioni: prevenzione, rilevamento precoce e reazione rapida e, infine, eradicazione di specie invasive al fine di ridurne gli effetti negativi. In quest’ultimo step rientra l’azione rivolta allo scoiattolo grigio. Ma come arrivano in Italia gli animali esotici o alloctoni? Il trasporto globale può aver prodotto l’involontario import di insetti e larve: il punteruolo rosso della palma (Rhynchophorus ferrugineus) è arrivato così.

COMMERCIO – Ma è l’uomo che rilascia nell’ambiente gli animali. «Molte specie sono state introdotte dai commercianti, che dovrebbero farsi carico delle vendite sconsiderate di animali esotici nei loro negozi: non spiegano che una tartaruga in poco tempo diventerà grande come un foglio A4 e tu dovrai condividere con lei la vasca da bagno. Non dicono quale sofferenza l’animaletto che compri al bambino patirà nel monolocale cittadino, prima che lo rilasci in un bosco o in mare», spiega Marchesini. Che aggiunge: «Le nutrie da dove arrivano se non da quegli allevamenti per fare pellicce di castorino così in voga negli anni Settanta? Le pratiche venatorie sono un altro problema: vengono immesse specie nell’ambiente su richiesta dei cacciatori, e quando quella specie si è ambientata e riprodotta fuori misura, si chiamano i cacciatori, che sono l’origine del problema, per risolvere il problema: è successo per i cinghiali in molte zone d’Italia. I pesci siluro? Li hanno voluti i pescatori. Tutto ruota attorno all’uomo, ma chi ne fa le spese sono sempre gli animali».

MINACCE – Cosa succede quando una specie aliena, tartaruga o scoiattolo che sia, è introdotta nell’ambiente di fianco a una specie autoctona? «La nostra tartaruga (Testudo hermanni) si è trovata in difficoltà perché quelle dalle orecchie rosse, più voraci, hanno sottratto cibo: la catena alimentare è la stessa. Un altro rischio è che accoppiandosi con la Testudo graeca, ad esempio, generi ibridi sterili. Le minacce sono di vario tipo: possono arrivare soggetti con maggiori capacità di acquisizione delle risorse e che si riproducono». Il responsabile è sempre l’uomo. Lo scoiattolo grigio fu portato in Italia da un diplomatico americano nel 1948, e rilasciato in un parco di Torino. La cozza zebrata pare sia arrivata attaccata alle chiglie delle imbarcazioni. I pappagalli sono scappati o sono stati liberati da qualche gabbia. Le tartarughe davano fastidio nella vasca da bagno. E ora 1.930.000 euro verranno investiti in nome della salvaguardia della biodiversità per gasare gli scoiattoli grigi. È la logica umana.

Anna Tagliacarne

fonte: corrieredellasera.it

Cesar Millan dog Whisperer

Cesar Millan, noto esperto di comportamento canino oltre che autore di diversi best-seller, è uno degli specialisti più ricercati nel campo della riabilitazione dei cani[1]. Sfruttando il suo grande talento per la comunicazione con gli animali, Cesar lavora per recuperare, e riportare a una vita normale e serena cani problematici di ogni razza e dimensione. La metodologia applicata da Cesar si basa su una profonda comprensione del comportamento del branco. Lui stesso possiede una muta di circa 50 cani, in cui rottweiler, pitbull e pastori tedeschi riescono a vivere insieme in totale armonia. Diversamente dalla maggior parte degli addestratori, che tendono a relazionarsi con un animale alla volta, Cesar spesso usa il suo stesso branco come cellula sociale contaminante per rieducare i cani recalcitranti: cosi facendo i cani che hanno bisogno di correzione possono migliorare apprendendo dai membri più equilibrati del branco, proprio come succede in natura. Per questo nel 2002 fondò un centro di educazione canina e recupero di casi pericolosi, il “Cesar Millan Dog Psychology Center”, a sud di Los Angeles[1], trasferendosi successivamente nel 2009 nella metropoli californiana. È in questa struttura che vengono tenuti tutti i cani di Cesar Millan, ed è qui che vengono accuditi dallo staff e dal veterinario e naturalmente da Cesar stesso che quotidianamente fa svariate ore di esercizio fisico insieme a loro sulle colline di Santa Monica.
Infanzia

Cesar Millan è nato a Culiacán, in Messico[1] Trascorse gran parte della sua gioventù nel ranch di suo nonno, dove i suoi migliori amici e compagni di giochi furono i cani della fattoria. Fu qui, nei fine settimana e nei giorni di vacanza, a contatto con gli animali, che Cesar acquisì una profonda conoscenza del comportamento canino potendo osservare i loro rituali e l’approccio che il padre e il nonno avevano verso questi animali. E fu proprio suo nonno ad insegnargli la lezione che ancora oggi considera la più importante: “non agire mai in contrasto con madre natura”. Nella dedica del suo libro “L’uomo che parla ai cani” Cesar Millan ringrazia il nonno Teodoro Millan Angulo e il padre Felipe Millan Guillen per “avergli insegnato ad apprezzare, rispettare e amare la natura”. Da bambino era appassionato dei serial tv “Rin Tin Tin” e “Lassie”, e l’abilità degli addestratori televisivi, che notava dalla bravura dei cani, lo impressionò al punto da fargli desiderare di diventare il miglior addestratore di Hollywood.
Trasferimento in U.S.A. e le prime esperienze lavorative

All’età di 21 anni Cesar Millan tentò di attraversare la frontiera degli Stati Uniti come clandestino[1], con soli 100 dollari in tasca, per cercare di realizzare il suo sogno: sarà con i pochi dollari rimasti, dopo il pagamento fatto a coloro che gli fecero attraversare la frontiera, che Cesar si ritrovò nella città di San Diego. Dopo circa un mese di permanenza negli U.S.A. trovò il suo primissimo lavoro come addetto alla toelettatura; grazie ai buoni profitti di questo lavoro poté trasferirsi, dopo non molto, ad Hollywood per lavorare in uno dei più importanti centri di addestramento per cani degli Stati Uniti. Qui, contro il parere dei colleghi, Cesar usava condurre contemporaneamente più cani delle razze comunemente considerate pericolose (rottweiler, pitbull, mastini, etc) e cosi facendo comprese che i cani più recalcitranti si calmavano influenzati dall’atteggiamento calmo e remissivo di quelli più equilibrati e fu grazie a questo che nacque una delle linee guida del metodo Dog Whisperer – Uno psicologo da cani, “il potere del branco”. Fu durante il periodo di lavoro presso questa importante scuola di addestramento che Cesar venne avvicinato da un ricco ed importante uomo d’affari che gli propose di lavorare non come educatore di cani, bensì come addetto alla pulizia del suo parco auto: oltre ad offrigli uno stipendio gli promise un’automobile, una Chevy Astrovan dell’88. Grazie alla nuova mobilità acquisita Cesar Millan decise di fondare la Pacific Point Canine Academy, la prima attività di lavoro di sua proprietà: partì con una giacca, il logo della ditta, dei biglietti da visita, ma soprattutto un’idea ben chiara di ciò che voleva diventare; ora guadagna 100 milioni di dollari all’anno.
La svolta del Dog Whisperer

È grazie al passaparola generatosi dalle conoscenze del suo importante datore di lavoro, che nutriva una grande stima nei confronti di Cesar, che iniziò a farsi conoscere in tutta Los Angeles. Grazie al suo nuovo datore di lavoro iniziò anche a farsi una certa pubblicità e le sue capacità giunsero all’orecchio di Jada Pinkett Smith, moglie del famoso attore Will Smith. I due gli chiesero di far lavorare i loro tre cani, cioè portarli a correre con sé tutti i giorni insieme al suo gruppo di cani che allora comprendeva sette dobermann e due rottweiler. Dopo circa quattro anni dal suo arrivo negli Stati Uniti Cesar Millan entrò in contatto con l’élite di Hollywood, e grazie alle raccomandazioni della sua ultima cliente riuscì a lavorare per Ridley Scott, Vin Diesel, Michael Bay, Barry Josephson[1], e da qui partì un effetto a catena. Ma Jada Pinkett Smith, che ora è una delle sue più grandi amiche, fece per lui molto più di questo: gli pagò un insegnante che gli insegnasse a parlare inglese alla perfezione. A questo punto sempre più entusiasta della sua nuova missione e dei sui nuovi mezzi didattici cominciò a studiare e leggere tutto ciò che trovava sulla psicologia canina, due libri in particolare saranno molto significativi per lui, “La mente del cane” di Bruce Fogle e “Dog psychology: The Basics of dog training” di Leon F. Whitney. Nel frattempo Cesar Millan incontrò e sposò sua moglie Illusion e grazie al suo aiuto, di lì a poco, fondò il suo primo Dog Psychology Center su un terreno preso in affitto a Los Angeles.
Impegno sociale

Nel 2007 Millan ha fondato una associazione no-profit, la Millan Foundation, che ha come missione la riabilitazione e il soccorso di cani abbandonati e maltrattati e favorire le relazioni tra cani e persone. In più finanzia programmi di castrazione e sterilizzazione di cani per ridurne o eliminarne la sovrappopolazione.

Progetto “Shelter Stars”: si prefigge di aiutare i canili sottoscritti ad insegnare l’educazione base e i rudimenti di psicologia canina a chi adotta: regalando un libro e una serie di dvd istruttivi di Cesar Millan.

Progetto “Spay And Neuter”: nato per diffondere la cultura della sterilizzazione e della castrazione per evitare che tanti cani e gatti, 5 milioni ogni anno, finiscano per essere eliminati. Per far questo vengono distribuiti volantini, affissi poster a colori, mandati spot televisivi e vengono fatte campagne di informazione presso le scuole.

Progetto “Mutt-i-grees Curriculum” in collaborazione con North Shore Animal League e Yale University’s “School of the 21st Century.”: Permette un approccio innovativo alla formazione umana degli studenti nelle aree di “Intelligenza emotiva e abilità di socializzazione”. La fondazione Millan insegna come prendersi cura degli altri, mostrando empatia e rispetto, costruire relazioni e agire eticamente e responsabilmente – nelle loro interazioni con i pari, gli adulti e con gli animali. Inoltre pone l’attenzione del pubblico e dei media sulla situazione dei cani e dei gatti nei rifugi per le adozioni.

Riconoscimenti

2005 – La Humane Society of the United States
Premio speciale per la riabilitazione degli animali
2006 – International Association of Canine Professionals
Nominato membro onorario della International Association of Canine Professionals
2006 – Premio Emmy
Nomination Outstanding Reality Program (per Dog Whisperer)
2007 – Premio Emmy
Nomination Outstanding Reality Program (per Dog Whisperer)
2007 – Premio Michael Landon
Per aver ispirato i giovani attraverso la televisione
2008 – Annual Image Awards
Miglior programma di varietà o reality show (per Dog Whisperer)
2008 – Treasure of Los Angeles
Nominato “Treasure of Los Angeles” per il suo contributo alla città di Los Angeles
2009 – Premio Emmy
Nomination Outstanding Reality Program (per Dog Whisperer)
2010 – People’s Choice Award
Programma sugli animali preferito dagli spettatori (per Dog Whisperer)

Filmografia
Cinema

Beethoven – A caccia di Oss… car!, regia di Mike Elliot (2008) – Se stesso
Piacere, sono un po’ incinta, regia di Alan Poul (2010)

Televisione

Ghost Whisperer – Presenze – serie TV, episodio 2×18 (2007) – Se stesso
South Park – serie TV cartone, episodio 10×7 (2007)
Bones – serie TV, episodio 4×04 (2010) – Se stesso
The Apprentice – Sei stato licenziato! – Reality show (2010) – Giudice

Critiche

I metodi utilizzati e proposti da Cesar Millan sono stati contestati da alcuni Ordini dei Veterinari, educatori e associazioni cinofile, associazioni protezionistiche in quanto considerati superati e pericolosi. Questo perché, come le Associazione Animaliste e quelle veterinarie Italiane sostengono, l’uso dei collari a strozzo vengono oramai ritenute delle coercizioni al cane.

(EN) Beyond Cesar Millan
(EN) The Dominance Controversy, Dr. Sophia Yin, The Art and Science of Animal Behaviour
(EN) Dog Whisperer Training Approach More Harmful Than Helpful, Blauvelt, R (2006) (pdf)
(EN) VIN News Service – Veterinary Behaviorists Question Dominance Theory in Dogs, 5 febbraio 2009
(EN) Science Daily – If You’re Aggressive, Your Dog Will Be Too, Says Veterinary Study, 18 febbraio 2009
(EN) Huffington Post – Experts Say Dominance-Based Dog Training Techniques Made Popular by Television Shows Can Contribute to Dog Bites, 18 maggio 2009
ANMVI Oggi – La veterinaria disapprova il metodo Millan, 12 ottobre 2009
Comunicato stampa ANMVI – I Veterinari italiani disapprovano i metodi di Dog Whisperer, 13 ottobre 2009
Comunicato ASETRA – The Dog Whisperer, 29 ottobre 2009
ANVI Oggi – Cesar Millan utilizza collari elettrici?, 21 gennaio 2010
Comunicato ENPA – Stockdale è la nostra risposta a Millan, 20 aprile 2011

Nel 2006, la “American Humane Association” (AHA) ha richiesto che National Geographic Channel interrompesse la messa in onda di Dog Whisperer[2], sostenendo che le tecniche di addestramento mostrate nel programma fossero disumane, superate e improprie[3]. Nel Novembre 2009, Millan ha invitato la AHA sul set di Dog Whisperer dove, secondo Millan, “hanno cambiato la loro concezione di cosa è crudele[4]”. L’associazione ha dichiarato a Febbraio 2010 che “nonostante le notevoli differenze di visione presenti in passato e alcune persistenti aree di disaccordo, condividono molte aree di interesse con Millan[5]”. Tramite il sito di National Geographic Channel Cesar Millan e lo stesso National Geographic Channel hanno risposto a tutte le critiche che gli sono state fatte nel corso delle varie stagioni di Dog Whisperer.
Opere

L’uomo che parla ai cani (con Melissia Jo Peltier) (Cesar’s Way: The Natural, Everyday Guide to Understanding and Correcting Common Dog Problems, 2007) (Salani editore, 2008) (ISBN 978-8884519757)
Il capobranco sei tu (con Melissia Jo Peltier) (Be the Pack Leader: Use Cesar’s Way to Transform Your Dog . . . and Your Life, 2007) (Salani editore, 2010) (ISBN 978-8862561846)
Uno di famiglia (con Melissia Jo Peltier) (A Member of the Family: Cesar Millan’s Guide to a Lifetime of Fulfillment with Your Dog, 2008) (Salani editore, 2011) (ISBN 978-8862562676)
Come allevare il cane perfetto (con Melissia Jo Peltier) (How to Raise the Perfect Dog: Through Puppyhood and Beyond, 2009) (Salani editore, 2012)
Cesar’s Rules: Your Way to Train a Well-Behaved Dog, 2010 (con Melissa Jo Peltier) (Inedito in Italia)

Asino

STORIA e preistoria

(lo abbiamo bastonato e sfruttato per secoli, ora lo facciamo estinguere…)

Le prime tracce di domesticazione dell’asino risalgono al 4000 a.C., nel basso Egitto, mentre in Europa i primi ritrovamenti appartengono all’epoca tra quella del bronzo e quella del ferro.
Oltre che lungo le coste dell’Africa orientale-settentrionale, vive ed ha vissuto nella Siria, in Mesopotamia, nell’Afghanistan, nella Persia, nella Russia asiatica meridionale, nel Tibet, nella Mongolia, ecc.
Dagli asini selvatici africani deriverebbero i ciuchi armati di pazienza destinati a fare la parte più dura dei lavori di una volta, in cambio di un magro pasto; senza mai dar peso al fatto di esser eletto simbolo dell’ignoranza e della testardaggine.

E’ sempre stato allevato da contadini che non avevano i mezzi per selezionarne razze, quindi è rimasto molto simile, anche nelle abitudini, al suo antenato selvatico che viveva in branco in ambienti desertici; è in grado di nutrirsi anche mangiando anche rovi secchi e spinosi e di sopportare molto bene la sete. Le striature caratteristiche che l’asino ha sul dorso, da una spalla all’altra, sono il segno della stretta parentela con la zebra.
Bassorilievi assiri mostrano le prime figure di muli, quindi l’asino ha da sempre alleviato le fatiche di molti, ricchi e poveri girando la mola, portando pesi, trainando carri e aratri… (img: mulino.jpg) ma anche fornendo carne, cuoio e latte (che tra l’altro è ottimo come composizione nutritiva, meglio di quello vaccino).prime tracce storiche di orecchie lunghe addomesticate
Va considerato che la sua ben nota testardaggine è data da una cattiva interpretazione del fatto che è difficile forzare chiunque a fare qualcosa che contraddica i suoi istinti di conservazione;
date le bastonate e i lavori che comunque svolgeva merita un plagio alla pazienza che dimostrava: solo quando crollava a terra ci si rendeva conto di averlo caricato troppo.
Dopo millenni di servizio, alcune razze rischiano ora l’estinzione, persino le poste italiane nel 2007 hanno pubblicato un francobollo che rappresenta le razze italiane a rischio di estinzione.

ETOLOGIA
(son guidati dall’asina più saggia, prima di scalciare avvertono più volte…)

branco bradoNel 1936 grazie a K. Lorenz, K. Von Fish e N. Tinberg naque l’etologia, disciplina che si dedica allo studio dei comportamenti degli animali, soprattutto alle differenze tra comportamenti istintivi e appresi, la possibile derivazione genetica dei comportamenti e il comportamento comparato con altre specie.
Le condizioni precarie che l’asino ha dovuto sopportare nei secoli gli hanno conferito il carattere che ha oggi:
– è paziente.
– è pacifico.
– è attento (perchè se non badava lui a se stesso e a dove metteva i piedi, nessun’altro se ne preoccupava di sicuro).
– è intelligente (riflessivo più di un cavallo).
Basta fare un piccolo sforzo di immaginazione per capire che tante delle esperienze dell’asino nei secoli erano vissute a bastonate e morsi alle orecchie, quindi come può reagire ad un bambino che vuole solo giocarci insieme, con rispetto?
E’ interessante scoprire, frequentando un somaro per qualche tempo, che prima di scalciare lo anticipa con colpi di coda, poi picchia in terra i piedi e solo se a questo punto si insiste magari il calcio arriva, ma piuttosto che scalciare preferisce solitamente allontanarsi di qualche passo.
Per capire l’asino bisogna fare uno sforzo e accettare il principio fondamentale secondo cui se l’uomo è più intelligente, toccherà a lui scendere al livello dell’asino per comunicare: già lo facciamo coi bambini piccoli, imitando il loro modo di parlare li agevoliamo per essergli più vicini e permettergli di comunicare meglio con noi.
Se avrete la fortuna di conoscere un asino vi accorgerete che sarà sempre meno cosciente l’intervento per pensare come lui.
Somaro attento.Gli asini comunicano attraverso il linguaggio del corpo: la mimica, la posizione della coda, i versi, i movimenti del corpo, delle zampe e delle orecchie (orecchie abbasssate all’indietro sono cattivo segno, alte e ritte sono segno di attenzione e curiosità)…

Allo stato selvatico gli asini vivono in famiglie non troppo numerose composte dalle madri coi rispettivi piccoli (nascono più spesso femmine). Lo stallone tollera i giovani maschi nel branco, ma, quando ai primi calori iniziano a interessarsi alle femmine e a lottare tra loro o a sfidarlo, li caccia; spesso gli allontanati formano branchi separati.
Sono dotati di un ampio repertorio di comportamenti sociali, e il branco non è guidato dallo stallone come tra i cavalli, ma dall’asina più saggia, spesso la più anziana.

L’asino selvatico vive in luoghi pietrosi e desertici con scarsa vegetazione (per questo mangia anche i rovi, anche con le spine) spesso son costretti dal clima anche a periodiche migrazioni. In alcuni esemplari si può notare una riserva di grasso che va dalla nuca alla coda che come le gobbe dei cammelli serve per fare scorte d’acqua per le traversate di zone aride.
Se l’appellativo “ASINO” si riferisce ad una personalità libera, indipendente, non influenzabile, ad una natura che non si lascia sottomettere e dominare, se “ASINO” è il nomignolo che si attribuisce a chi manifesta un comportamento che non si lascia addomesticare, beh allora dare dell’ASINO a qualcuno dovrebbe essere un complimento.

VETERINARIAL'arte della mascalcia si applica anche al piede nudo degli asini.
(se fosse ferrato non sarebbe somaro…)

Le uniche cure di cui necessita sono quelle del maniscalco per la pareggiatura degli zoccoli e quelle del veterinario per le vaccinazioni e per la svermatura. Magari una limata ai denti ogni tanto per pareggiarli, dato che sono in crescita continua. Animale robusto, difficilmente dimostra sofferenza, bisogna osservarlo attentamente, magari quando mangia, per capire se ha problemi.

http://www.asinofenice.it

Capre Tibetane

Nome comune:
Capretta tibetana

Nome scientifico:
Capra hircus domestica

Paese d’origine:
Ande peruviane e cilene

Morfologia:
Piccolo ruminante alto circa quaranta centimetri al garrese, mantello folto e duro di vari colori. I maschi presentano corna robuste, pizzo ed odore caratteristico intenso.

Alimentazione:
Fieno, erba, cereali, come tutte le capre ama il sale

Riproduzione:
Le femmine raggiungono la maturità sessuale a sei mesi, partoriscono dopo 21 settimane circa due, raramente tre capretti subito attivi

Allevamento:
In recinto con piccola stalla per la notte e l’inverno. Le femmine sono decisamente più facili da gestire, i maschi sono talvolta un po’ aggressivi

Consigli:
Evitate i maschi a meno che non vogliate vedere l’accoppiamento ed i capretti. Per risolvere il problema dell’odore intenso l’unica possibilità è la sterilizzazione

Se potessimo disporre della macchina del tempo e viaggiare sulle montagne dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa settentrionale di qualche migliaio d’anni fa vedremmo che erano popolate da branchi di piccoli ruminanti, agilissimi e capaci di arrampicarsi senza difficoltà sui dirupi più scoscesi. I nostri antenati diedero a questi mammiferi, progenitori di tutte le capre domestiche, il nome di Egagri o Capre del bezoar a causa della concrezione presente nel loro stomaco, per lungo tempo considerata medicamentosa, detta appunto bezoar o belzoar.

Dall’Egagro o da una specie selvatica simile detta Capra prisca, si pensa siano derivate tutte le razze di capre domestiche grandi e piccole oggi allevate dall’uomo. Si tratta di animali che, pur nella domesticità, hanno conservato alcuni caratteri peculiari dei loro antenati come la combattività, l’agilità e l’adattabilità a condizioni alimentari estreme e, comunque, improponibili per tutti gli altri ruminanti.

Particolarmente docili, simpatiche e robustissime sono le caprette nane del Tibet, oggi presenti in tutti gli zooparchi come attrazione per i piccoli ed i meno piccoli, che difficilmente ne possono ignorare la sfacciata invadenza. Le piccole capre tibetane, fatte salve le dimensioni, si presentano con la tipica struttura morfologica di una capra tradizionale, pelame più lungo e folto, corna possenti e un pizzo arrogante nel maschio.

Come tutte la capre si affezionano morbosamente a chi le accudisce e, le femmine soprattutto, diventano particolarmente ossessive nel loro attaccamento fino a piangere e disperarsi se vengono lasciate sole. Allevare in un giardino le caprette tibetane è facilissimo, occorre solo ricordarsi che, per la capra gli arbusti ornamentali sono cibo e nulla più. Si deve quindi disporre di un piccolo appezzamento di terra recintato con una stalla-casetta in legno ben coibentata per l’inverno, si deve anche prevedere un mini fienile nel quale conservare all’asciutto il fieno che rappresenta, insieme ad altri prodotti di natura vegetale, la base dell’alimentazione della capra.

Trovare sul mercato i capretti di un paio di mesi è facilissimo, sono reperibili sia nelle fiere del bestiame che si svolgono un po’ dovunque nelle nostre campagne, sia su ordinazione in qualsiasi negozio specializzato. Si tratta sempre di animali bellissimi e dolcissimi che si presentano come miniature dell’adulto di cui possiedono già l’agilità e la simpatia. In pochi mesi raggiungono le dimensioni definitive che, in ogni caso, non superano quasi mai i quaranta-cinquanta centimetri al garrese, cioè alla spalla. Come tutte le capre sono curiose e addentano un po’ tutto, chi pensasse quindi di lasciare che vaghino libere in giardino si troverà presto le aiuole ridotte a dune sahariane.

Maschio o femmina? Sicuramente femmina, il maschio, una volta raggiunta la maturità sessuale, manifesta una inevitabile e devastante caratteristica negativa: il classico puzzo di caprone che è veramente intenso ed insostenibile anche per i più tolleranti. Chi volesse nonostante tutto tenere un maschietto farà bene a ricorrere all’intervento del veterinario che, chirurgicamente, rimuoverà la causa prima del cattivo odore rendendo però l’animale inidoneo alla riproduzione. Chi a tutti i costi desiderasse allevare un maschio intero, ovvero sessualmente attivo per farlo riprodurre, dovrà rassegnarsi all’ammorbante olezzo o, in alternativa, volendo far coprire la propria femmina, potrà ricorrere ad un maschietto in prestito lasciando ad altri il tormento olfattivo.

Le caprette tibetane raggiungono la maturità sessuale sui sei %u2013 sette mesi e presentano una serie di cicli da settembre a gennaio, partoriscono dopo ventuno-ventidue settimane uno o due capretti vivacissimi, mobilissimi e subito in grado di attaccarsi ai capezzoli. Robustissime e frugali le piccole tibetane resistono bene agli inverni anche rigidi, sono facili da alimentare e raramente si ammalano, ovviamente richiedono un minimo di attenzione per quanto riguarda soprattutto l’alimentazione che deve essere limitata a foraggio di buona qualità integrato con poca frutta o verdure.

di: Dr. Michele Venneri

Per Approfondimenti è disponibile un libro on-line visionabile QUI

Greyound levriero inglese

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Greyound levriero inglese, nati per correre…

Greyound, il nome: due sono le ipotesi che possono spiegare questo nome: la prima fa riferimento alle origini greche di questo levriero (grec > grey); la seconda al Chien Gris de Saint Louis antenato di numerosi segugi francesi e britannici.

Nazionalità: Gran Bretagna

Impieghi tradizionali: caccia e corse (coursing e racing)

Possibili utilizzi: compagnia, pet therapy, agility

Classificazione: cane dolicomorfo di tipo graiode (secondo la classificazione di Paul Mègnin). Classificazione F.C.I. Gruppo 10 (Levrieri), sezione 3 (Levrieri a pelo raso).

Origine: Le origini del Greyhound si perdono nella notte dei tempi. Si pensa derivi dai levrieri orientali: è raffigurato in alcuni graffiti della regione sahariana risalenti all’età neolitica e ricorda il Tesem egizio, il cane longilineo sovente rappresentato su manufatti e bassorilievi dell’antico Egitto. Alcuni pensano che sia giunto in Europa nell’antichità, ad opera dei Fenici, secondo altri il suo arrivo in continente risale al medioevo delle crociate (XII/ XIII sec.) portato dai cavalieri di ritorno dall’oriente. Quel che è certo è che abbiamo numerose immagini (soprattutto arazzi e dipinti) risalenti all’Europa del XVI secolo. Numerosi artisti, tra cui il celebre Brügel il Vecchio (1525.1569) ritrassero questi nobili segugi chiamati “Levrieri di Bretagna”. Proprio agli inglesi si deve la selezione del Greyhound moderno Dapprima lo utilizzarono per la caccia a lepri e conigli selvatici abbondanti che devastavano I raccolti, poi nel XVI , sotto il regno della regina Elisabetta I (che amava molto questi cani) la generica “caccia alla lepre” fu trasformata in sport . Il duca di Norfolk, infatti, stabilì le regole del coursing ovvero l’inseguimento di una lepre viva da parte di una coppia di levrieri. Le corse dei levrieri rimasero appannaggio esclusivo della nobiltà fino agli anni ’20 quando un americano, Charles Munn perfezionò la “lepre meccanica”. Con la lepre meccanica nacque il racing, il tipo di corsa a cui ancora oggi possiamo assistere nei cinodromi. I levrieri non gareggiano più in coppia, bensì in batteria e il pubblico può scommettere sul vincitore. Si tratta di un passatempo molto popolare nei paesi anglosassoni, meno nell’Europa continentale.
Standard: (FCI n. 158/b- 24 giugno 1987)

Aspetto Generale:
Costruzione forte, imponente, con proporzioni generose, buona potenza muscolare e struttura simmetrica, con testa e collo lunghi, spalle proporzionate e ben inclinate, torace profondo, tronco spazioso, lombi arcuati, posteriore e anteriore possenti, arti e piedi solidi, l’elasticità degli arti mette in rilievo le doti distintive della razza.

Caratteristiche: Notevole vigore e resistenza.

Temperamento: Intelligente dolce, affettuoso, ed equilibrato.

Testa e cranio: Lunga di moderata larghezza, cranio piatto, stop poco marcato. Mascelle potenti e ben cesellate.

Orecchie: Piccole, fini, ed a “rosa”.

Bocca: Mascelle robuste. Dentatura perfetta, regolare, completa chiusura a forbice, cioè non incisivi superiori del tutto sovrapposti a quelli inferiori e perpendicolari alle mascelle stesse.

Collo: Lungo e muscoloso, elegantemente arcuato, ben inserito nelle spalle.

Anteriore: Spalle oblique, ben inclinate all’indietro, muscolose senza essere pesanti, con scapole strette e ben definite. Braccia lunghe e diritte, con buona ossatura sia per consistenza che compattezza. Gomiti sciolti e ben posizionati sotto le spalle. Metacarpi di lunghezza moderata, leggermente inclinati. Gomiti, metacarpi e piedi in appiombo.

Tronco: Torace disceso e profondo, di buona capacità per dare adeguato spazio al cuore. Coste lunghe, ben cerchiate e inclinate. Fianchi scavati. Dorso piuttosto lungo, largo, squadrato. Lombi possenti, leggermente convessi.

Posteriore: Cosce e gambe larghe e muscolose, capaci di grande potenza propulsiva. Articolazione femoro-tibiale ben angolata. Garretti bassi e in appiombo. Il disegno del tronco e degli arti posteriori è di ampie proporzioni e ben compatto, con ampia base d’appoggio.

Piedi: Di lunghezza moderata, con dita compatte e ben arcuate, cuscinetti plantari spessi.

Coda: Lunga, inserita piuttosto bassa, grossa alla radice, si assottiglia verso l’estremità. E’ portata bassa e leggermente ricurva.

Andatura: Falcata sciolta, diritta, radente, allungata, che consente di coprire molto terreno a grande velocità. Gli arti posteriori sono portati ben sotto il tronco ed hanno una grande capacitò di propulsione.

Mantello: Pelo fine e compatto.

Colore: Nero, bianco, rosso, blu, fulvo, daino, tigrato; ognuno di questi con o senza bianco.

Altezza: Altezza ideale: cm 71-76 per I maschi, cm 68-71 per le femmine.

Difetti: Ogni deviazione dello standard è da considerarsi un difetto che va penalizzato secondo la gravità.

Nota: I maschi devono avere due testicoli di aspetto normale, ben discesi nello scroto.
Carattere

Calmo,dolce, riservato con gli estranei, equilibrato, discreto nelle sue manifestazioni di affetto dimostra il suo attaccamento al padrone, con sguardi, colpetti dati con la zampa o appoggiando il muso sulle ginocchia del suo amico umano. Amichevole con gli altri cani è però da tener d’occhio in presenza di animali di piccola taglia (conigli, gatti, piccoli cani) in cui potrebbe identificare delle prede. Ciò non toglie che in molti casi, è possibile abituarli alla convivenza con il gatto di casa . Il levriero inglese a pelo raso abbaia pochissimo e adora viaggiare in auto. Il Greyhound, pulito e quasi inodore, è un ottimo cane d’appartamento ( a patto che gli si assicuri un adeguato movimento), apprezza le comodità ed è molto pigro tra le mura domestiche rimanendo però pronto a scattare alla vista di una possibile preda. E’ consigliabile tenerlo sempre al guinzaglio in prossimità di strade in quanto preso dalla foga dell’inseguimento (non dimentichiamo che può raggiungere una velocità compresa tra I 60 e gli 80 Km/h !) potrebbe non accorgersi delle automobili in arrivo, sganciatelo solo in parchi e spazi sufficientemente aperti. E’ adatto a chi: vuole un amico discreto e desidera instaurare un rapporto paritario con il proprio cane. Il Greyhound non è adatto a chi desidera l’obbedienza cieca dal proprio cane, vi obbedirà solo se lo riterrà giusto.
Note: nei paesi anglosassoni, dove il racing è molto diffuso, è pratica comune dare in adozione a privati I cani che hanno terminato la loro carriera agonistica, dando loro la possibiltà di ricevere l’affetto e le coccole che non hanno potuto ricevere in precedenza. Questi Greyhound, dalla morfologia leggermente diversa dal tipo da esposizione, si adattano rapidamente alle loro nuove vite. In Italia è possibile adottare I cani del cinodromo di Roma.

Salute

I Greyhound sono cani fondamentalmente sani e non soffrono di molti delle malattie ereditarie comuni in altre razze (per esempio displasia dell’anca è molto rara negli individui di questa razza). Ciò detto bisogna ricordare che I Greyhound (e I levrieri in genere) sono particolarmente sensibili agli anestetici e all’ipertermia. Per maggiori informazioni sulla salute del Greyhound visitate la sezione veterinaria del sito www.adopt-a-greyhound.org

Hanno scritto: “A molti il levriero provoca un senso di disagio perché non sembra il buon vecchio Fido del focolare domestico ma un cane aristocratico, distante. In effetti lo è. L’aristocrazia è nel blasone. Però il suo darsi arie non è debolezza umana, o se volete, debolezza canina, ma prerogativa genetica. Macchina superspecializzata nella caccia alla corsa, è difficile da confondere con le altre razze di cani. […] E’ un cane, ma con sue proprie peculiarità. Non c’è un pezzettino in lui, che non sia in funzione di ciò per cui è stato realizzato. Nessun altro cane ha I suoi occhi, fatti per vedere la preda anche da chilometri di distanza. Nessun altro cane ha le sue gambe, fatte per correre a una velocità che oscilla fra I 60 e gli 80 chilometri all’ora. Nessun altro cane ha il suo tronco, che è ridotto all’essenziale come si conviene a una macchina da corsa. […].E’ un cane, e come tutti I cani ha con l’uomo rapporti di infinita disponibilità. Ma chi gli rimprovera di non essere il buon vecchio Fido che scodinzolando porta il giornale fra I denti deve solo incolpare se stesso. E’ nella corsa che il levriero esprime la propria intelligenza di lupo. E’ sapienza delle gambe, è ansia di predazione, e’ determinazione nell’affondare I denti nel corpo della preda. Perché il levriero, come il lupo, non fa prigionieri, la sua pulsione è uccidere. A vederlo, con quel corpo di vetro, proprio non sembra un lupo. Eppure, per altri aspetti, ne è l’esaltazione. In Leonardi, R. “Contropelo”, ed. Frontiera.

ADOTTARE UN LEVRIERO

PERCHÉ ADOTTARE PROPRIO UN LEVERIERO?

Perchè scegliere un levriero?E’ difficile far capire che cosa si prova ad avere in casa un levriero, è difficile spiegare le senzazioni che ti fa provare, e soprattutto è difficile che la gente ti creda.
Siamo “di parte” è inevitabile, ma la cosa più bella è che quando “provano” un levriero ti dicono: “avevi ragione, siamo letteralmente conquistati la lui/lei, è come se fosse cresciuto in casa nostra, come se fosse stato con noi da sempre”.
Per noi è routine, splendida routine, che non tutti capiscono, anzi spesso ci prendono come dei mitomani, invasati che raccontano “favole”, eppure, quando toccano con mano un’adozione di un levriero, ci danno ragione, e divulgano il nostro progetto di Adozioni Levrieri GACI, con naturalità.

Il levriero, purezza di forme, plasticità, perfezione di linee, pulizia ed eleganza, un mondo silenzioso, cauto, riservato ed estremamente affascinante.
Sono creature diverse, sembrano quasi “alieni”, perchè al di fuori dal loro aspetto molto diverso dai cani comuni, i levrieri si differenziano anche per il loro carattere, per le loro caratteristiche fisiche e metaboliche…per il loro modo di vivere con noi.

Opportunisti per eccellenza, pigri, ladri scaltri e silenziosi, nati “liberi di cuore”, con sempre una vena malinconica nei loro occhi, come se stessero aspettando un qualcosa che nessuno è in grado vedere, forse una libertà “vecchia, passata” fatta di gloria e potenza….ormai dimenticata dalla cattiveria ed egoismo umano.

“Sorprendenti levrieri”…..
Pensare che li prendiamo tutti da ambienti dove per un verso, o per l’altro, li hanno sfruttati come atleti, o cacciatori, dove non li hanno mai scoperti del tutto, mai capiti, ma solo demoliti fisicamente e psicologicamente.
Il bello del levriero non è solo estetica, ma quello che hanno da offrirti, il loro cuore, sono la sintesi di una moltitudine di sfumature che ti rapiscono per sempre.
Sensibili, miti, devoti, silenziosi, puliti e tanto intelligenti….sì. perchè l’intelligenza non si misura a prendere una pallina lanciata da noi…l’intelligenza sta nell’adattarsi ad un ambiente nuovo, capire gli umori le regole di una famiglia, captare i momenti i tempi, le emozioni.
Il mondo dei levrieri è un mondo “diverso”, sono quasi l’incrocio meraviglioso tra il cane e il gatto e quello che ne viene fuori è l’esseza pura…il levriero, un’animale che nei secoli si è adattato a noi in climi e ambienti diversi, e noi l’abbiamo “dimenticato”
Il levriero compagno dell’uomo da millenni, è forse la creatura che ci conosce meglio nelle nostre debolezze e cattiverie, per questo continua a subire da noi senza mai, purtroppo essere aggressivo o ribelle.

Adottare un levriero, non è da tutti, sono cani che spesso vengono scambiati come cani tristi, apatici, poco intelligenti….snob…
Non vogliamo che sia un cane “di moda”, il levriero si deve amare, scoprire così com’è…tanto da non riuscirne più a fare a meno.

Noi del GACI li recuperiamo da vite in gabbia, dove l’unico contatto umano è per cacciare o correre…poi improvvisamente, gli apriamo un box su un furgone e ve li consegniamo, diamo il via alla loro nuova vita, …..queste spaesate creature vengono letteralmente avvolti dalle vostre braccia, per la prima volta….e qui scatta la magia.
Magia levriera, cani che sbocciano nelle vostre case, tra i vostri famigliari che conquistano anche i più duri e scettici.
I levrieri, in particolare quelli recuperati, ci studiano, ci spogliano, perchè loro devono capire se si devono fidarsi per poi finalmente vivere.

Creature con una sensibilità incredibile, custodi di bambini o anziani senza che mai nessuno gli l’ha mai insegnato nulla, e questo da subito, dal momento che sentono di essere finalmente al sicuro.
Recuperati in discariche con ancora sul corpo i segni di un passato terribile, ma pronti a dare un’altra occasione, perchè loro sono diversi, loro non sono umani.
Un levriero te lo devi meritare, lo devi amare, capire e non solo lodare esteticamente, un levriero si concede solo a chi ha saputo farsi leggere il cuore.

La nostra missione che da anni promoviamo qui in Italia, è quella di far conoscere questo magico mondo, centinaia di famiglie ci hanno dato fiducia, hanno visto le testimonianze sul nostro sito, hanno provato questa esperienza, e adesso sono felici, ma per coronare questa esperienza si sono fatti consigliare e non solo hanno “scelto quello che più era più bello o più colorato”.

Il nostro compito, il nostro lavoro lo sappiamo fare molto bene, e abbiamo da ANNI testato centinaia di levrieri, e di famiglie. Fatevi consigliere anche su quale levriero è meglio per casa vostra, in base alle vostre abitudini, ai vostri ambienti, ai vostri componenti di casa….noi non abbiamo una vetrina dove scegliere come in un supermercato, noi diamo creature con cuore ed emozioni, e soprattutto siamo molto seri , scrupolosi e severi in quello che facciamo, perchè li conosciamo bene e non vogliamo ancora deluderli, non se lo meritano!

Se non siete pronti o avete dubbi, non siete fatti per stare con un levriero, lui ha bisogno di voi e senza limitazioni, non siete pronti a far parte del mondo del GACI. Se volete un levriero per “abbandonarlo” in giardino, o per lasciarlo spesso solo e senza attenzioni….allora, mai scoprirete veramente cosa vi può offrire questa creatura, ma vi mostrerà solo il peggio di lei diventando impossibile la convivenza.

Adotta un levriero, ma solo se sei pronto ad entrare in questo strano mondo silenzioso, e soprattutto pensaci, 1000 volte +1

GACI- Greyhound Adopt Center Italy
ADOZIONI LEVRIERI ITALIA
La nostra forza e serietà la vedi nelle nostre TESTIMONIANZE di ADOZIONI

www.adozionilevrieri.it

Il cavallo della giara

Il cavallo della giara

cavallo giara

Il Cavallo della Giara deve il suo nome al toponimo che designa in Sardegna un altopiano dove vive allo stato brado. L’Altopiano della Giara è di origine vulcanica dai ripidi versanti che rendono difficili i collegamenti con i terreni vallivi, che si estende per 4.500 ettari ad una altitudine tra 1.500 e 1.600 metri nel comprensorio dei Comuni di Genoni, Gesturi, Tuili e Setzu, nella Sardegna centro meridionale. Il clima di tipo mediterraneo presenta precipitazioni prevalenti nelle stagioni autunnale e invernale ed aridità estiva e inizio autunnale unita ad un’alta ventosità.

Cavallo di tipo mesodolicomorfo di dimensioni ridotte, con testa solitamente gentile ed espressiva, con occhi tipicamente a mandorla, collo forte e ricco di crini, groppa tendente al corto, coda con folti crini, cosce muscolose ed arti sottili con appiombo regolare. Il mantello è prevalentemente baio, con presenza di soggetti baio scuri e, con frequenza minore, morelli e sauri. Rarissime le balzane e le macchie a sede fissa della testa.
La prima testimonianza storica della presenza di cavalli allo stato brado in Sardegna risale al 1540 e documenti successivi raccontano la esistenza nel 1700 di numerose mandrie selvatiche.
È lecito ipotizzare che l’eterogeneità allora presente nelle mandrie brade dell’isola abbia caratterizzato la popolazione fondatrice dell’attuale cavallino della Giara, eterogeneità morfologica che si e mantenuta fino ad oggi.
L’ambiente in cui vivono i cavalli è caratterizzato da pascoli naturali e copertura boschiva con presenza di sughere, lecci, roverelle ed arbustive tipiche della macchia mediterranea.
Negli ultimi 25 anni la popolazione sembra essere oscillata tra 1.500 e 1.900 capi.
Fino agli anni 1950 pressoché l’intera popolazione veniva annualmente condotta a valle per la marchiatura e il prelievo di alcuni soggetti che venivano utilizzati nei lavori agricoli. Definitivamente soppiantati dalle macchine agricole, negli anni ’60 venivano invece macellati e impiegati per la sella.
Nel 1976 si costituita l’Associazione del Cavallo Sardo della Giara che si propone di salvaguardare il Cavallo nel suo ambiente naturale e di valorizzarne l’utilizzo come cavalcatura pony.

 

 

RISCHIO ESTINZIONE

I circa 600 cavallini che vivono nella Giara del Gesturi sono a rischio denutrizione.
Le foto scattate in queste ultime settimane ci mostrano la gravità della situazione: sul dorso dei cavallini si intravedono le costole. Sono piccoli e fragili, cercano invano un po’ d’erba che non c’è perché ormai da mesi sulla Giara di Gesturi, nella Sardegna del Sud, provincia del Medio Campidano, non piove. I cavallini stanno vagando senza energie sui circa 4 mila ettari dell’altipiano contendendosi quel po’ di cibo che è rimasto con mucche brade, apparentemente senza padroni.

FACEBOOK SI MOBILITA

Le immagini che ritraggono le condizioni degli animali denutriti pubblicate su Facebook e corredate da un appello: non una raccolta di denaro, difficile da gestire, piuttosto offerte di fieno, avena e foraggio. In questi giorni le prime balle donate dagli allevatori del posto sono state distribuite grazie al lavoro di volontari e una cooperativa che vigila sulla Giara. Una catena che ha coinvolto centinaia di persone accomunate dal desiderio di aiutare i cavallini, con interventi anche da oltre Tirreno.

Sarebbe bello che dalla Fieracavalli di Verona, che si apre giovedì e che dà sempre tanto spazio alle razze italiane, venisse un contributo reale per salvare questi cavallini sardi.

 

IL PASCOLO CONTESO

La sopravvivenza dei cavallini è legata alla coabitazione forzata con i bovini che sono allevati allo stato brado.

La Regione segue con attenzione la vicenda legata allo stato di salute dei Cavallini della Giara e, dopo avere già gettato le basi per un progetto di salvaguardia (già dallo scorso agosto con un’ordinanza il comune di Gesturi ha sancito la necessità della cattura delle muccheanche per «fronteggiare lo stato di emergenza sanitaria e di igiene pubblica, a preservare il mantenimento di un livello elevato di tutela della salute animale e umana, e a salvaguardare lo stato di salute e di benessere dei cavallini della Giara».) che coinvolgerà anche altri enti e amministrazioni locali, aggiunge al programma un sopralluogo per verificarne direttamente sul posto le effettive condizioni.

COME AIUTARE

Chiunque fosse interessato ad offrire del fieno o del foraggio, può farlo telefonando al seguente numero:  388 16 42 358  (lun/ven dalle 8 alle 20).

Canarini

Il Canarino (Serinus canaria) è un piccolo uccello da canto che è membro della famiglia dei fringuelli.

Questo uccello è originario dell’isola di Madeira e delle Canarie, dalle quali prende il nome, anche se il nome di queste isole deriva a sua volta dal termine latino “cannariae” (cane), datogli dagli antichi romani per via dei numerosi cani selvatici che le abitavano.

Il suo habitat è costituito da aree semi-aperte come frutteti o sottobosco, dove nidifica nei caespugli o sugli alberi.

La varietà selvatica è di colore giallo-verde, con striature sul dorso. Con circa 13 cm di lunghezza, è più grosso e meno contrastato del Verzellino (Serinus serinus), ed ha più grigio e marrone nel suo piumaggio.

Il suo canto è un cinguettare argenteo, come quello del Cardellino (Carduelis Carduelis).

I canarini sono popolari uccelli da gabbia, e ne sono state prodotte razze di diverse tonalità. I moderni canarini domestici variano in colore dal praticamente bianco, passando per ilcrema chiaro, oro, giallo acceso, arancio fino al rosa-arancio.

Tenere dei canarini, per il loro aspetto e il loro canto, è una tradizione vecchia di secoli.

I canarini erano un tempo regolarmente usati nelle miniere di carbone, come primitivo sistema di allarme. La presenza di gas tossici nelle miniere, come il monossido di carbonio, avrebbe ucciso i canarini prima ancora di avere effetto sui minatori. Poiché i canarini tendono a cantare per gran parte del tempo, fornivano a questo scopo un segnale visibile e udibile. L’uso dei canarini nelle miniere britanniche non venne abbandonato prima del 1986.

I canarini sono spesso ritratti nei cartoni animati, dove vengono molestati dai gatti domestici; il più famoso canarino dei cartoni animati è Titti.

Con il nome canarino comprendiamo tutte le razze che l’uomo con secoli di allevamento ha derivato dall’originario canarino selvatico.

Sembra che la storia del canarino domestico inizi nel 1402 con la conquista dell’arcipelago delle Canarie ad opera degli Spagnoli i quali conobbero e apprezzarono subito questo grazioso uccellino sia per il suo canto notevole sia per la facilità con cui si abituava alla vita captiva. Il minuscolo alato, denominato “canario” dagli iberici (canarino in italiano),divenne in breve tempo oggetto di un florido commercio e si diffuse pian piano in tutta Europa.

I primi canarini si trovavano solo presso i ricchi a causa del loro costo elevato in seguito, la canaricoltura si estese anche alle classi meno agiate.

Dalla Spagna il canarino si diffuse ben presto in Olanda, Italia e Inghilterra. Nel secolo passato la maggiore diffusione del canarino si ebbe in Germania specialmente in Sassonia (da cui la denominazione “canarino sassone”).

Oggi come tutti sanno il canarino, con le sue numerosissime razze, è il volatile da gabbia più diffuso al mondo.

L’ALIMENTAZIONE

I canarini vanno nutriti con una miscela di semi, regolarmente integrata con sostanze vegetali come la verdura e la frutta, con minerali e con un alimento di particolare valore proteico. Nei canarini da canto la tecnica di alimentazione e’ strettamente connessa con la produzione di valenti cantori. La formula d’una miscela idonea dei canarini da canto e’ la seguente:

Ravizzone……..60%
Scagliola……..20%
Canapa…………5%
Niger………….5%
Avena………….5%
Papavero……….3%
Lino…………..1%
Lattuga………..1%

Durante il periodo di addestramento al canto dei giovani maschi bisogna pero’ somministrare per circa un mese esclusivamente del Ravizzone, con dell’aggiunta, un paio di volte la settimana, d’una miscela di altri semi che puo’ essere la seguente:

Scagliola……..50%
Canapa………..10%
Niger…………10%
Avena…………10%
Papavero……….8%
Lino…………..6%
Lattuga………..6%

Per tutti gli altri canarini potra’ essere usata la seguente:

Scagliola……..35%
Niger…………20%
Panico………..10%
Ravizzone……..10%
Avena…………10%
Canapa…………5%
Lino…………..5%
Cardo………….5%

Due o tre volte la settimana sara’ opportuno somministrare in separata mangiatoia una piccola dose di un’altra miscela composta in parti uguali di grani di lattuga, cicoria e papavero. Questi semi sono considerati condizionatori, servono cioe’ a mantenere i canarini nella fomra migliore durante tutto l’anno e soprattutto nel periodo della riproduzione. E’ anche bene appendere nella gabbia una spiga di panico dalla quale gli uccelletti spiccheranno i semi con particolare piacere. I semi sono l’alimento base dei canarini ma non deve essere considerato l’unico. Tutti gli uccelli granivori hanno bisogno regolarmente di sostanze vegetali fresche. Le verdure piu’ gradite dai canarini sono: lattuga, cicoria, scarola, cavolo, broccolo, spinaci, indivia, radicchio. Esistono pero’ degli altri ortaggi molto graditi da questi uccelli, come: fave e piselli freschi e dolci, cetriolo freso, pomodoro maturo, carota. E’ bene somministrare ai canarini anche dei pezzetti di aglio e di cipolla, che avendo notevoli proprieta’ anti fermentative e acaricide, giovano molto alla salute. Le verdure vanno somministrate ben lavate e accuratamente asciugate, perche’ i vegetali intrinsi d’acqua possono causare disturbi intestinali. Per quanto riguarda la frutta, la mela e’ la piu’ indicata e gradita da tutti i canarini, ma ugualmente accetti possono risultare gli altri frutti di stagione. Ogni tipo di frutta va somministarto in piccole porzioni tali da essere consumate prima che vadino a deteriorarsi. E’ consigliabile somministrare ai canarini una o due volte la settimana una fettina di rosso d’uovo sodo oppure fornire loro giornalmente del biscotto all’uovo. I canarini nel periodo della riproduzione, necessitano di maggiori sostanze proteiche sia per essi sia per la prole che devono imbeccare. A questi soggetti bisogna fornire un pastone apposito, il cosidetto pastoncino all’uovo, che molti allevatori preferiscono confezionare in casa. La ricetta e’ la seguente: mescolare amalgamando bene parti uguali di rosso d’uovo sodo e biscotto polverizzato con l’aggiunta di carota grattuggiata, bagnare il tutto con qualche goccia di succo di mela. Il pastone deve risultare soffice e moderatamente umido; per le razze molto selezionate e’ opportuno arricchirlo con l’aggiunta di un pizzico di sali minerali ed eventualmente con un po’ di omogeneizzato carneo vitaminizzato del tipo in uso per lo svezzamento dei bambini. La preparazione deve essere giornaliera perche’ il composto si deteriora facilmente. Tutti i canarini, durante l’anno, dovranno disporre di integrativi minerali, tra cui l’osso di seppia. Ma importanti sono pure i sali minerali e ancora piu’ importante e’ il grit, costituito da un insieme di piccoli corpi duri insolubili che gli uccelli ingoiano per facilitare la triturazione del cibo. Nelle localita’ dove l’acqua potabile non e’ ottima, sara’ bene fare uso di un filtro oppure sostituirla con acqua minerale non gassata. E’ buona abitudine aggiungere all’acqua da bere delle sostanze che giovano alla salute degli uccelli, cioe’ succo di limone, aglio e bicarbonato di sodio. Una volta la settimana si aggiunga all’acqua, nella dose di 5 gr per litro, del bicarbonato di sodio che e’ un regolatore delle funzioni digestive, e gli altri sei giorni si ponga nell’acqua alternativamente alcune goccie di succo di limone che fungono da disinfettante, facilitando la digestione e un pezzo di spicchio d’aglio dal buon potere disinfettante soprattutto delle vie respiratorie

LA RIPRODUZIONE :

Per la nidificazione dei canarini bisogna osservare certe regole e adottare determinati accorgimenti. Occorre, anzitutto, assortire la coppia. Per quanto riguarda la natura del piumaggio, ricordare che bisogna unire soggetti a piumaggio intenso e soggetti a piumaggio brinato. In linea generale e’ preferito che sia la femmina ad avere piumaggio brinato. Una volta accoppiati i due volatili bisogna favorire il processo di familiarizzazione, ed e’ buon metodo farli svernare da soli nella medesima gabbia, in modo che abbiano modo di abituarsi uno a l’altro prima degli accoppiamenti. L’inizio delle cove deve avvenire alla fine di Marzo meglio ancora entro Aprile o Maggio. Vi sono allevatori che utilizzano un mashio per piu’ femmine. Si puo’ dire che di norma conviene lasciare uniti maschio e femmina in modo che portino insieme a conclusione il ciclo riproduttivo, cosi’ come si verifica in natura. Alla gabbia da cova si puo’ applicare il porta nido esterno a gabbietta fin dall’immissione della coppia, ma non si deve fornire il materiale destinato all’imbottitura del nido fino a quando la canarina non mostri per chiari segni di volerne iniziare la preparazione. Vi sono canarine che dimostrano di non essere all’altezza di costruire il nido in tal caso l’allevatore deve aiutarla. Puo’ succeder che la femmina inetta distrugga l’opera dell’allevatore disperdendo il materiale; in tal caso si deve ripeter l’operazione fino a quando non avra’ inizio la deposizione delle uova, perche’ a partire da questo momento la canarina pensera’ soltanto a covare e non danneggera’ piu’ il nido. Il numero delle uova depositate varia di regola da 3 a 5, piu’ raramente 2 o 6 o 7; in casi eccezzionali possono venir deposte 8 o 9 uova. L’uovo espulso per primo ha una colorazione piu’ chiara degli altri e viene chiamato “uovo azzurro”. Le femmine tendono a dare inizio alla cova dopo aver deposto il secondo o il terzo uovo, il che rende opportuno, togliere le uova a mano a mano che vengano deposte, sostituendole con uova finte onde evitare una schiusa sfalsata con il rischio che gli ultimi nati vengano sopraffatti dai fratelli al momento dell’imbeccata. Le vere uova devono essere conservate entro una scatoletta imbottita di ovatta e rivoltate ogni giorno per evitare che il tuorlo si decentri rendendo piu’ difficile la futura schiusa. L’incubazione dura tredici giorni, ma puo’ prolungarsi fino a quattorddici quindici giorni se la femmina non e’ stata covatrice assidua o se la temperatura ambientale e’ stata particolarmente bassa. Durante la cova deve essere consentito alla canarina di effettuare il bagno perche’ cio’ serve a mantenere nel nido il grado di umidita’ che e’ necessario per la schiusa. Se la canarina rifiuta il bagno e’ opportuno, un paio di giorni prima della schiusa delle uova, spruzzare lievemente le uova con acqua tiepida. Si tenga presente che le canarine sentono il bisogno d’ una certa penombra; il portanido va quindi schermato mediante un panno verde che ricordi il protettivo schermo della vegetazione. Verso il sesto settimo giorno di icubazione, ponendo le uova contro luce e’ possibile accertare se l’embrione e’ in fase di sviluppo perche’ l’uovo fecondato appare in trasparenza scuro mentre quello infecondo e’ chiaro. I canarini nascono pressocche’ nudi, con gli occhi chiusi. La loro alimentazione sara’ costituita dal pastoncino all’uovo con cui verranno imbaccati i genitori. Per evitare che i genitori non accettino il nuovo alimento, piccole dosi di pastoncino devono essere somministrate ai riproduttori due o tre volte la settimana fin da un mese prima dell’accoppiamento. Il pastoncino all’uovo serve anche a mantenere i rirpoduttori in buone condizioni fisiche e in perfetta forma. Verso il diciottesimo giorno di vita il giovane canarino e’ completamente formato, pur distinguendosi chiaramente dagli adulti. Anche dopo usciti dal nido i piccoli continuano ad ever bisogno dell’imbeccata dei genitori, di regola fino ai venticinque giorni di eta’, con una certa differenza in piu’ o in meno per le razze tardive o precoci. Quasi sempre possono venir separati dai genitori verso il ventiseiesimo – ventottesimo giorno di vita. La femmina raramente completa lo svezzamento della nidiata prima di essere presa dallo stimolo di una nuova nidificazione che insorge verso il diciottesimo – ventesimo giorno dalla schiusa della prima covata. La prole continuera’ ad essere svezzata dal maschio fin quando non sara’ indipendente. Qualora accada che la madre spiumi la prole, e’ necessario dividere in due la gabbia da cova mediante un divisorio a sbarre che tenga i figli da una parte e i genitori dall’altra. Davanti al divisorio si porranno due posatoi sistemati in modo da consenstire i genitori di continuare a imbeccare la prole attraverso le sbarre. Una volta svezzati i nidiacei dovranno essere spostati in una gabbia molto spaziosa che permetta agli stessi di esercitarsi nel volo. E’ saggia norma non permettere alla canarina di effettuare piu’ di due covate l’anno. Per fronteggiare all’inconveniente di un abbandono di una cova, e’ norma precauzionale fare in modo che due o piu’ canarine inizino a covare lo stesso giorno.

CANARINO GLOSTER

Descrizione generale
Il Gloster si può annoverare tra i canarini inglesi di forma e posizione lisci più simpatici e aggraziati.

La razza è di origine inglese, di taglia minuta (intorno ai 12 cm) e di corporatura tondeggiante, caratteristiche principali nella razza, alle quali vanno accomunate altre peculiarità che sono sagoma graziosamente arrotondata, piumaggio serico e composto e aderente al corpo, portamento gaio e vivace, ali corte ben aderenti al corpo con punte che s’incontrano, senza incrociarsi appena sopra la base della coda, gambe di media lunghezza, coda corta e ben stretta per tutto il suo sviluppo. Il ciuffo non deve essere troppo piccolo ma nemmeno tanto grande da coprire gli occhi raggiungendo la punta del becco. L’ampiezza ideale dovrebbe stare a metà occhio. Esistono due tipi di gloster, il corona che presenta il ciuffo (netto, regolare, non spezzato, di forma rotonda, che lascia vedere l’occhio) e il consort, senza ciuffo, ma con testa larga e rotonda in ogni punto con vertice bombeggiante. Il piumaggio di questo canarino deve essere folto e ben aderente al corpo. Le tinte preferite sono quelle unite: giallo, bianco, isabella, verde e blu; particolarmente apprezzati i soggetti chiari con il ciuffo e la parte superiore del capo di color scuro. Un buon ciuffo oltre ad essere ben formato deve avere giuste dimensioni. I Gloster hanno canto dolce e melodioso che ricorda quello del Malinois e sono molto prolifici.

Alloggio

Il gloster può essere alloggiato nelle classiche gabbie per canarini, il più possibile spaziose (55/60 cmdi lunghezza), ottime le gabbie in ferro zincato con fondo estraibile in lamiera o in plastica. La gabbia deve avere la forma di parallelepipedo, assolutamente sconsigliate le gabbie che si sviluppano in altezza e le gabbie circolari. Il fondo deve essere dotato di una griglia in modo da evitare che il canarino venga a contatto con gli escrementi e le muffe che talvolta si possono formare. Il gloster non va mai esposto a sbalzi di temperatura: è un canarino che sopporta molto bene le basse temperature (comunque mai sotto i 5°C) ma rischia di ammalarsi se la gabbia viene spostata repentinamente dal caldo al freddo.

Alimentazione

La dieta di un Gloster deve comprendere, oltre al misto di semi per canarini, spighe di panico, osso di seppia, mattonella di sali minerali, frutta e verdura da offrire giornalmente, soprattutto mele, carote, pomodori maturi, zucchine, cetrioli, centocchio e tarassaco. L’acqua deve essere offerta fresca ogni giorno. Il pastoncino all’uovo, particolarmente appetito dal Gloster, non deve essere somministrato più di due volete alla settimana, essendo un prodotto molto grasso e proteico. Si deve offrire invece a volontà durante la stagione riproduttiva, insieme ai semi germinati e qualche camola della farina, e nel periodo invernale se i canarini sono alloggiati all’esterno.

Riproduzione

La stagione riproduttiva inizia verso la fine dell’inverno, generalmente nel mese di marzo. Nell’assortire la coppia è assai importante che solo uno dei due canarini sia corona, perché il gene del ciuffo è di tipo letale e se portato da entrambi i genitori non consente la nascita di soggetti sani e vitali. L’accoppiamento giusto è quindi “corona” x “consort”. Alla coppia va fornito un normale nido per canarini con il materiale per foderarlo (rametti di legno, striscette di stoffa, filamenti di iuta…); la canarina depone in media quattro uova che cova per circa 14 giorni. In genere i Gloster sono ottimi genitori e imbeccano i novelli fino al loro completo svezzamento, che avviene verso i 25-30 giorni di età.

FONTI :

www.synapsis.it
www.inseparabile.com/Uccelli/canarino.htm
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera
http://www.animalinelmondo.com
www.best-gloster.com

Bengalino o Diamante Mandarino

Il Bengalino ( Diamante Mandarino )

Il diamante mandarino è un simpatico uccellino appartenente alla famiglia degli Estrildidae di carattere docile e vivace molto prolifico e di facile allevamento. Il diamante mandarino raggiunge i 10cm di lunghezza e il colore della livrea può essere dei più svariati, esiste infatti una varietà molto numerosa di mutazoni: Diluito, Guancia, Faccia Nera, Ciuffato, Bruno, Dorso Chiaro, Mascherato, Pinguino, Isabella, Becco Giallo, Bianco, Pezzato, Arricciato, Petto Arancio, Agata… .
Questa specie presenta un evidente dimorfismo sessuale: il maschio si distingue dalla femmina per la presenza di guance color arancio acceso, per i fianchi castani punteggiati di bianco, per il colore del becco rosso intenso (mentre nelle femmine è arancione). La femmina non presenta le guance arancioni, ha un colore meno brillante, e non presenta le caratteristiche puntinature bianche sui fianchi presenti invece nel maschio. Inoltre il maschio canta mentre la femmina si limita ad uno sporadico cicaleccio.

Habitat naturale

In natura lo si può trovare in Australia e nelle isole della Sonda, soprattutto nelle zone boscose, lungo i corsi d’acqua ma anche nelle zone aride del continente australiano. Predilige la compagnia dei suoi simili e vive in gruppi numerosi. Adora bagnarsi anche più volte al giorno e per questo in cattività è opportuno mettergli a disposizione uno o più bagnetti.

Alloggio

I diamanti mandarini possono essere alloggiati in gabbie o voliere sia all’interno che all’esterno dell’abitazione. Sopportano bene le basse temperature a patto che la temperatura non scenda mai sotto i 5°centigradi, non superi i 30° e che la gabbia/voliera sia riparata dai fenomeni atmosferici, quali vento, pioggia…
La gabbia deve essere collocata in un luogo fisso e non deve essere spostata in continuazione fuori/dentro casa per evitare pericolosi sbalzi di temperatura.
Le misure minime di una gabbia per una coppia di diamanti mandarini sono 100cm x 50cm x 40cm, il materiale delle sbarre dovrebbe essere di ferro zincato mentre il fondo della gabbia dovrebbe avere un cassetto estraibile di plastica dura (facilmente lavabile) dove mettere fogli igienici e sabbia igienica specifici per volatili. E’ preferibile che sul fondo della gabbia sia presente una griglia (sempre di ferro zincato) per evitare che i diamantini vengano direttamente a contatto con i propri escrementi.

Alimentazione

Una buona soluzione di dieta per diamantini mandarini consiste in una miscela di semi specifici per esotici (composta principalmente da panico, scaiola, miglio bianco e in minor quantità da niger, ravizzone, semi di lattuga e cicoria), integrata giornalmente da frutta e verdura da offrire ben lavate e asciugate e mai direttamente fredde dal frigorifero (questo per evitare problemi gastrointestinali e diarrea). Tra i frutti più graditi si annoverano la mela e il mandarino mentre le verdure maggiormente apprezzate sono gli spinaci, i cetrioli, le zucchine, la lattuga, il centocchio, il tarassaco e la carota. Si può provare di tutto, tranne l’avocado (tossico per tutti i volatili) e il prezzemolo.
Nella gabbia non devono mai mancare un osso di seppia e/o una mattonella di sali minerali e un sifone con dell’acqua fresca da rinnovare giornalmente. Una volta a settimana può essere offerta una spiga di panico, un biscotto specifico per esotici, una fettina di uovo sodo e, in una mangiatoia a parte, del pastoncino all’uovo.
Per i diamantini alloggiati all’esterno dell’abitazione e durante il periodo riproduttivo il pastoncino all’uovo deve essere offerto giornalmente.

Riproduzione

I diamanti mandarini raggiungono la maturità sessuale intorno ai 6 mesi ma è consigliabile non farli riprodurre fino all’anno di età. Il nido che deve essere messo a disposizione può essere di due tipi: o quello classico a pera specifico per esotici (più gradito ai diamantini ma più difficile da ispezionare e pulire) o quello a cassetta di legno verticale con camera di incubazione o con frontale semiaperto. E’ necessario fornire del materiale per l’imbottitura del nido, come ad esempio i fili di iuta in vendita nei negozi di animali, striscioline di stoffa, paglia, fieno, rametti di legno. La femmina depone in media 5/6 uova che cova per circa 12/15 giorni (l’incubazione delle uova inizia in genere dopo la deposizione del secondo uovo). Alla nascita i pulli presentano il colore del piumaggio simile a quello delle femmine, il becco di colore grigio, bruno o bianco a seconda della varietà di colore e un caratteristico disegno del palato denominato puttern buccale, che consente ai genitori di identificarli come propri. Lo svezzamento si completa intorno alla quarta settimana di età e i piccoli diamantini sono completamente autonomi a circa 30/35 giorni, dopo i quali si dovranno mettere in una gabbia separata da quella dei genitori affinchè si esercitino con il volo e con l’esercizio fisico e anche per evitare che i genitori li aggrediscano per prepararsi ad una nuova covata. Importante è non farli covare per più di tre volte all’anno, per non debilitare troppo i diamantini riproduttori.

Passero del Giappone

Il Passero del Giappone è uccello che si presta più di ogni altro ad essere impiegato nell’allevamento degli Astrildidi ed i giapponesi furono i primi ad utilizzarlo a questo fine, seguiti ben presto dagli europei. Come è noto, nel 1960 l’esportazione degli uccelli dall’Australia venne proibita per giuste ragioni protezionistiche.Lo studio del comportamento animale era ancora agli inizi ed i prodotti alimentari disponibili sul mercato non avevano raggiunto l’elevato standard attuale, per cui si fu obbligati a ricorrere a qualsiasi mezzo per riprodurre specie ornitiche delicate e rare.

Intervenne a questo punto il Passero del Giappone che, prodotto di reincroci, non è in possesso di specifiche caratteristiche etologiche e non ha espresso caratteristiche semantiche originali nei propri pulii pur avendo (reincrocio sin che si vuole, ma è un uccello) assunto dalle forme parentali ancestrali il carattere appreso dell’accettazione e del riconoscimento della prole in funzione del luogo in cui questa si trova, e cioè il nido (per la discussione, cfr. TRUFFI, 1980).

Si adatta così con estrema facilità a covare le uova e ad allevare i piccoli di tutte le specie di Astrildidi a becco grosso ed anche alcune di quelle a becco sottile che pure gli sono filogeneticamente meno vicine.Unica condizione per il positivo esito dello svezzamento è che si tratti di uccelli che nei primi giorni di vita non richiedano tassativamente un’alimentazione strettamente insettivora. Anche in questo caso però il risultato può non essere compromesso se si dispone di soggetti preventivamente abituati ad alimentarsi almeno in parte con prede vive, che somministreranno così ai nidiacei loro affidati.

Decisivo, perché l’allevamento abbia luogo, è l’impiego di Passeri del Giappone che abbiano uova o piccoli allo stesso stadio di sviluppo di quelli dei quali devono prendersi cura.

E’ però consigliabile sostituire le loro uova e trasferire ad altri i loro piccoli ad evitare che la stessa coppia debba dedicarsi contemporaneamente all’allevamento dei propri nidiacei (che sarebbero immancabilmente meglio alimentati ed accuditi, almeno in linea di larga massima) e di quelli di altre specie. Da quando, l’allevamento dei diamanti australiani si è rivelato economicamente positivo, le coppie di riproduttori vengono isolate ed alloggiate in gabbie da cova (a volte anche piuttosto anguste) ponendo loro a disposizione nidi rudimentali in cui le femmine depongono uova che vengono regolarmente sottratte e passate alle balie per la cova e lo svezzamento, procedimento che provoca una ovideposizione più numerosa di quanto non si verificherebbe se i genitori naturali dovessero accudire alla propria nidiata.

Si tratta però di una selezione totalmente negativa perché innesca un processo paragonabile a quanto avviene nell’allevamento dei polli o delle quaglie condotto su scala industriale.

I piccoli Astrildidi appena sgusciati dall’uovo vengono imprintizzati dalla specie che vedono per prima (e questo irreversibile processo si verifica in un breve spazio di tempo) e che di loro si occupa; in natura quindi dai propri genitori, nella situazione che stiamo esaminando dai Passeri del Giappone. Nel corso dell’allevamento le cose procedono a tal punto che i giovani svezzati da questi ultimi saranno in seguito incapaci di accoppiarsi con i propri conspecifici, manifestando una netta tendenza preferenziale a scegliere i Passeri del Giappone (con i quali per ef­fetto dell’imprintizzaziane finiscono per identificarsi) come partners sessuali.

E’ questo uno dei motivi per cui negli allevamenti amatoriali di uccelli esotici si incontrano facilmente tanti ibridi con il Passero del Giappone, dovuti il più delle volte al caso.Le balie perciò, ai fini di un corretto allevamento, vanno usate solo in casi estremi e quando non esiste nessun’altra possibilità, per sopravvenuti imprevisti motivi, di salvare uova o nidiacei ed anche in questo caso occorre poi drasticamente isolare i giovani non appena raggiunta l’indipendenza ed allontanare dalla loro vista i genitori adottivi a svezzamento avvenuto.E’ chiaro che le positive caratteristiche di domesticità evidenziate hanno fatto del Passero del Giappone un soggetto ideale per l’ibridazione amatoriale. Quasi sempre sono state impiegate le femmine, proclivi alla deposizione senza difficoltà alcuna, accoppiate a maschi di altre specie, tutte però appartenenti alla famiglia degli Astrildidi.Le vecchie notizie risalenti ad oltre cinquant’anni fa (e mai più riconfermate) relative ad avvenute ibridazioni con il Canarino domestico e forse altri uccelli del genere Serinus appaiono in verità scarsamente credibili.

Elencare le ibridazioni ottenute di cui esiste traccia nella letteratura (non in tutti i casi affidabile) non è cosa semplice e fatalmente si corre il rischio di presentare dati incompleti oppure di prestare a certe notificazioni, necessitanti di verifica, più credibilità di quanto nella realtà non meritino.

Praticata anche negli allevamenti italiani, tanto è vero che alle esposizioni vengono presentati F 1 di notevoli caratteristiche che giustamente ottengono lusinghieri riconoscimenti, l’ibridazione del Passero del Giappone si è sviluppata in tre differenti direzioni.La prima, con precisi intendimenti scientifici e sistematici (scuola tedesca, e molto dobbiamo in questo senso al Russ, che se ne occupò alla fine del secolo scorso) per stabilirne le origini. La seconda (scuola tedesca in un primo tempo, successivamente olandese e danese ed ultimamente ancora tedesca) volta alla ricostruzione di soggetti monocolori scuri e con nette squamature sulle parti inferiori allineate e precise come previsto dai più rigorosi standards di eccellenza, anche se forse attualmente un po’ lontani dallee realtà di allevamento tanto è vero che i criteri di giudizio tedeschi prevedono in ogni categoria sia soggetti con disegno sia a ventre chiaro e non disegnato.La terza, di scuola latina (se così si può affermare, dato che assolutamente nulla di concreto è stato fatto se non lasciando che il caso si sbizzarrisse a suo piacere) si è sviluppata senza alcuna finalizzazione razionale e tendendo a produrre ibridi ai soli fini espositivi, appaganti sotto il profilo estetico, giudicati in relazione alla maggiore o minore estrinsecazione delle caratteristiche delle specie che hanno contribuito alla loro realizzazione.

 

Analizziamole in dettaglio.

 

Allevato dai giapponesi sin dagli inizi del 1700 (e in un tempo relativamente breve arrivarono a selezionarne oltre quaranta varietà, tutte abbastanza stabilmente fissate) e di probabile provenienza cinese, il Passero del Giappone fece la sua prima comparsa in Europa ad una esposizione inglese nel 1860. Successivamente il Russ ne importò alcune coppie in Germania negli ultimi anni dell’ottocento e ne curò l’allevamento, rendendolo se non popolare almeno abbastanza conosciuto con il pubblicarne note pertinenti su una rivista amatoríale da lui diretta.

Per lungo tempo si è ritenuto che all’origine avessero contribuito incroci fra specie e sottospecie asiatiche e persino africane, quali il Domino Lonchura punctulata ed il Becco d’argento Lonchura malabarica cantans, dato che questi uccelli sotto certi aspetti presentano caratteri fenotipici di disegno e colore che richiamano ab­bastanza da vicino quelli del Passero del Giappone. Da qui la tesi ancora oggi diffusa di ” uccello artificiale “.

La letteratura è invece attualmente concorde nell’affermarne la diretta discendénza dal Cappuccino a coda lunga Lonchura striata, anch’esso da lungo tempo presente allo stato captivo negli allevamenti amatoriali asiatici.

Il Cappuccino a coda lunga presenta un’ampia suddivisione in sottospecie e razze geografiche, che hanno tra loro differenze più o meno marcate. Le stesse variazioni si riscontrano nel disegno scuro del Passero del Giappone e non furono inizialmente notate forse perché nei primi ottant’anni del suo allevamento come uccello da gabbia tutte le attenzioni erano dedicate a produrre soggetti pezzati di bianco. Con la domesticazione tutti gli animali manifestano prima o poi uno schiarimento del pelo o delle penne perché non necessitano più di protezione mimetica in quanto già protetti dall’uomo.

Originariamente si ebbero solo alcune parti del piumaggio di colore bianco che a seguito dell’allevamento di selezione si estesero sino allo schiarimento totale con tutte le gradazioni intermedie, da una preponderanza delle zone di colore scuro ad una preponderanza di quelle chiare. Per consentirci di identificare l’effettiva derivazione e collocazione di questi Astrildidi domestici è necessario fare riferimento ad alcune differenze di certe razze originarie di Lonchura striata, i cui areali, ricavati da ALI e RIPLEY (1974) e da CHENG ( 1976 ) sono riportati in cartina.

La forma tipo, Lonchura striata striata (Linneo 1776), è superiormente, compreso testa e collo, di colore quasi esclusivamente nero bruno mentre inferiormente presenta un crema luminoso che a distanza può apparire quasi bianco.

Esistono varie sottospecie, di cui alcune endemícamente insulari, come Lonchura striata fumigata (Walden 1873) delle isole Andamans e Lonchura striata semistriata (Huma 1874) delle isole Nicobar, con il groppone scuro ed altre, tutte continentali, con il grop­pone chiaro, come Lonchura striata acuticauda (Hodgson 1836) in cui il piumaggio nero bruno del dorso viene interrotto solo scarsamente da piccole striscioline chiare longitudinali. Forse per il disegno, ma più sicuramente per ragioni geografiche, le forme subspecifiche con il groppone scuro parrebbero a mio avviso non essere state usate dai cinesi per la selezione del Passero del Giappone, ma piuttosto, oltre a Lonchura striata acuticauda, anche Lonchura striata subsquamicollis (Stuart Baker 1925) il cui areale di diffusione confina con la Cina e Lonchura striata swinhoei (Cabanis 1882) endemica della Cina meridionale.

Sono entrambe di colore ciocco­lato, soprattutto al collo, e presentano su tutto il piumaggio una maggiore striatura. Le parti inferiori sono decisamente grigio bruno. In complesso sono di colori più tenui ed il groppone è spruzzato di grigio. L’aspetto generale è piuttosto monocorde e Lonchura striata subsquamicollis si differenzia da Lonchura striata swinhoei per il groppone ancora più chiaro, simile a quello di Lonchuraa striata acuticauda.

Queste differenze di disegno e di intensità di colore ritornano nella semi totalità dei casi nella maggior parte dei Passeri del Giappone e si possono ancora ritrovare abbastanza riconoscibili nei soggetti pezzati di chiaro. Pezzati più scuri mostrano al collo piume brune più chiare e sono generalmente molto chiari sull’alto petto e nella parte bassa del collo. E’ ancora sufficientemente distinguibile una striatura diritta grigio bruna.

Se invece i Passerí del Giappone fossero derivati (cosa che a mio avviso non è) dalla forma tipo, le zone attorno alla gola e sul groppone avrebbero dovuto essere prevalentemente bianche ed il groppone anche scuro monocolore, come abbiamo ricordato in precedenza accennando alle varie forme subspecifiche. Il groppone dei pezzati con colore di base scuro è di solito lavato di grigio.

Si può ragionevolmente quindi concludere che gli antenati ancestrali si limitino (più che a Lonchura striata acuticauda ) a Lonchura striata subsquamicollis e Lonchura striata swinhoei, mentre invece tutte le deviazioni di colore o disegno sono da ricondursi a mutazioni spontanee oppure ad incroci con altre specie, che ancora oggi esercitano nella discendenza la loro influenza sulle caratteristiche del fenotípo.

Nei primi decenni dell’allevamento del Passero del Giappone la tendenza dei selettori era orientata a far riprodurre i soggetti importati dal Giappone cercando di ottenere sfumature di colore diverse e più chiare. Si ebbe così la creazione di varietà ormai ben codificate, dal bruno al giallastro al crema al nero diluito ai pezzati, sino al bianco.Successivamente si è venuto da anni delineando l’orientamento ad eliminare nuovamente il bianco delle pezzature e la diluizione di colore per ritornare a soggetti completamente scuri. Su base selettiva la cosa però si presenta difficile, dato che si tratta di invertire la tendenza (dopo un secolo di allevamento) che aveva prodotto uccelli in cui il bianco (più o meno esteso e regolare) era quasi sempre presente. In un primo tempo si pensò di procedere, per il ” reincrocio all’indietro “, con le diverse sottospecie di partenza ma ben presto questa strada venne abbandonata dopo aver constatato che nelle varie razze di Lonchura striata, e soprattutto con Lonchura striata acuticauda di cui sul mercato era disponibile e a volte lo è tuttora un’offerta piuttosto ampia, si osservava nell’allevamento in purezza allo stato captivo la comparsa di una pezzatura bianca che iniziando dalla radice del becco si estendeva successivamente in tempi brevissimi (una o due generazioni) alle rimanenti parti del piumaggio.

Fu ritenuto quindi opportuno, ed in parecchi casi positivamente gratificante, l’introdurre sangue nuovo procedendo in direzione di accoppiamenti con specie filogeneticamente vicine (per un esame più approfondito cfr. RADTKE 1979). Senza entrare in questa sede in una analisi tecnica dettagliata dei risultati ottenuti e delle verifiche da questi scaturite, argomenti che dovranno comunque essere oggetto di discussione sulla stampa specializzata e che prima o poi bisognerà affrontare per uscire dal generico e sviluppare, acquisendo nel nostro bagaglio di cognizioni le esperienze conseguite all’estero, un corretto lavoro finalizzato di specializzazione, mi limiterò ad accennare che gli ibridi ottenuti ai fini della ricostruzione della tipicità non presentano, all’occhio del profano, né pregi né caratteristiche particolari ed in sede espositiva sono scarsamente interessanti ( se il giudicante è padrone della materia li valorizzerà nelle voci appropriate della scheda) mentre invece possono costituire materiale validissimo in allevamento per il miglioramento dei ceppi, anche se la fertilità in F 1 riscontrata ( ma assolutamente non generalizzata) nei maschi è pressoché nulla nelle femmine ed è quindi giocoforza continuare l’allevamento in R 1, accoppiando i maschi con Passeri del Giappone femmina o, più raramente, con femmine della specie parentale.

Gli R i presentano buona fertilità anche nelle femmine ed è quindi possibile procedere ad accoppiamenti compensativi e meglio indicizzati soprattutto per quanto si riferisce al tipo, dato che gli ibridi ottenuti possono a volte essere migliorativi ai fini del colore e del disegno ma quasi sempre presenteranno caratteristiche debordanti per la sagoma, troppo affusolata in alcuni casi e troppo raccolta ed arrotondata in altri, e per la posizione as­sunta, quasi sempre eccessivamente eretta sul posatoio. A titolo di informazione ricordo che i giudici olandesi considerano non fra gli ibridi ma come Passeri del Giappone i risultati dell’accoppiamento con le varie forme di Lonchura striata (VAN DEN MOLEN 1971) .Gli R 2 e gli R 3 sono totalmente fecondi in entrambi i sessi.

Le ibridazioni conseguite ai fini sopra accennati sono state ottenute per lo più con specie asiatiche del genere Lonchura (i Cappuccini) e precisamente (almeno per quanto a mia conoscenza) con: Cappuccino del Borneo Lonchura fuscans, Cappuccino a ventre ondulato Lonchura molucca, Cappuccino montano Lonchura kelaarti, Cappuccino di Giava, Lonchura leucogastroides, Cappuccino triste Lonchura tristis, Cappuccino a testa bianca Lonchura maja, Cappuccino a testa nera Lonchura malacca, Cappuccino tricolore Lonchura malacca atricapilla, Domino Lonchura punctulata.

Interessanti esperimenti che hanno dato origine anche ad ibridi esteticamente pregevoli e dai quali in un primo tempo sembrava di poter ottenere risultati eccezionali (calda colorazione bruno intenso sulle parti superiori con mascherina nerastra, groppone nero intenso, parti inferiori più o meno perlate di grigio o squamate su fondo scuro, soggetti lievemente più grossi dei Passeri del Giappone, con portamento eretto e coda leggermente più corta e meno lanceolata) si sono ottenuti dall’accoppiamento con il Donacola a petto castano Lonchura castaneothorax.

Purtroppo, non fu possibile continuarne l’allevamento data la quasi totale sterilità delle femmine anche nei reincroci di seconda e terza generazione ( RADTE 1989).Poco interessanti, poiché di taglia ridotta, gli ibridi con la Nonnetta Lonchura cucullata e con la Nonnetta nana del Madagascar Lonchura nana (quest’ultima il più delle volte impiegata senza coerenti finalizzazioni). Il ROBERTS ( 1989) e così pure il RADTKE ( 1989) ci parlano di F 1 ottenuti con la Nonnetta bicolore Lonchura bicolor e con la Nonnetta maggiore Lonchura fringílloides sull’esistenza dei quali avevo in precedenza avanzato riserve (TRUFFI 1982) che ora mi pare però doveroso ammettere meritevoli di ripensamento dopo la comunicazione giuntami ( Forgani, com. pers. ) che nei primi mesi del 1982 si è avuta in un allevamento amatoriale dell’Emilia – Romagna la schiusa di tre pulli figli di Nonnetta maggiore maschio e Passero del Giappone femmina.

Di non spiccate caratteristiche anche gli ibridi ottenuti con il Becco d’argento Lonchura malabarica cantans e con il Becco di piombo Lonchura malabarica malabarica, interessanti però per l’armonica fusione delle sfumature di colore della livrea, disturbata da una più o meno vistosamente presente tacca gulare bíanchíccia bordata di nerastro, ed a mio parere più che accettabili per quanto si riferisce al tipo.

Ai soli fini espositivi poi si sono avuti incroci con varie specie, per lo più di origine australiana, e precisamente con il Diamante a coda lunga Poephila acuticauda, il Diamante a bavetta Poephila cincta, il Diamante mascherato Poephila personata, il Diamante mandarino Taeniopygia guttata castanotis, il Diamante a coda rossa Neochmia ruficauda, il Diamante di Bicheno Poephila bichenovii, il Diamante guttato Emblema guttata (a proposito di quest’ultima ibridazione, a mio ricordo mai presentata in una esposizione italiana, cfr. Buchan 1991), alcuni di questi di veramente appaganti caratteristiche estetiche e che sino ad ora non hanno offerto casi di fertilità, manifestatisi invece (ma raramente e per quanto mi consta solo nei maschi) con il Padda Padda oryxívora di cui sono state utilizzate sia la forma grigia ancestrale sia le varietà bianca e isabella.

La letteratura ( ROBERTS 1982, RADTKE 1985) dà notizia di altre ibridazioni con il Diamante pappagallo Erythrura psittacea, il Gola tagliata Amadina fasciata ed il Cordon blu Uraeginthus bengalus, che cito per dovere di cronaca ma che sono senz’altra poco comuni e non mi risultano sino ad ora presentate in Italia.