Quelli che fino a pochi decenni fa erano gli uccelli più comuni nei nostri cortili, dove spartivano le granaglie con le galline e gli altri animali domestici, oggi sono diventati rari e ormai quasi a rischio di estinzione, da noi come nel resto d’Europa.
In Inghilterra studi mirati condotti dalla seconda metà degli anni Settanta a oggi hanno messo in luce una riduzione del 65% dei nidi complessivi. In Francia negli ultimi 17 anni i passeri sono calati del 10% e in Germania nel 2002 la Passera europea (Passer domesticus) è stata designata «Specie dell’Anno» per via del calo vertiginoso delle popolazioni (circa il 45% in 10 anni).
Da noi erano molto comuni due specie: la Passera d’Italia (Passer italiae) e la Passera mattugia (Passer montanus), entrambe prevalentemente non migratrici, se non a breve raggio. Hanno caratteri molto simili e sono distinguibili solo da un occhio molto esperto. La mattugia si distingue per una chiazza nera sulla guancia bianca. Il becco forte, adatto a sminuzzare i duri involucri delle sementi, caratterizza entrambe le due specie, come anche le altre specie di Passeridae presenti in Europa, Medio Oriente e Nord Africa.
“La Passera d’Italia, presente prevalentemente in zone antropizzate, specie urbane, è in progressivo importante declino. La Passera mattugia è più rurale, anche spesso legata alla presenza dell’uomo; fa assembramenti invernali in incolti, è anch’essa in declino” (Maurizio Sighele, VBW).
La passera scopaiola, della quale Mario Rigoni Stern racconta nel suo libro UOMINI BOSCHI E API che dormiva nella cuccia assieme al cane Cimbro, non è un passero, è un prunellide. “Come il sordone si riproduce in quota in arbusti contorti e sverna in pianura. Gli individui che vediamo in inverno potrebbero essere centro-nord europei “ (M. Sighele).
Le cause principali di regressione della presenza dei passeri sono da imputare alla scomparsa dei siti di nidificazione, alla modernizzazione del sistema di allevamento degli animali domestici nei cortili (pollai in primis) e all’avvelenamento delle campagne. Si deve tener conto che la passera d’Italia, come lo storno, costruiva il proprio nido sotto i coppi dei tetti e che negli ultimi decenni i moderni sistemi di posa dei tetti ne hanno interdetto l’accesso agli uccelli. La passera mattugia, più campagnola, preferisce fare i propri nidi nelle cavità naturali e negli anfratti dei muri a secco.
L’eccessiva meccanizzazione delle pratiche agricole, colpevoli di minimizzare la quantità di raccolto abbandonato nei campi, hanno sicuramente influito sulla sopravvivenza dei passeri. Allo stesso tempo i vecchi granai sono stati sostituiti da depositi e magazzini più funzionali, entro i quali è molto più complicato poter accedere alla ricerca dei preziosi semi. Ci sarebbero, in buona sostanza, minori risorse alimentari a disposizione di questi piccoli uccelli, cosa che determina, in inverno, un tasso di mortalità molto più elevato.
Così dai nostri cieli e dalle nostre campagne se ne vanno le rondini e i passeri, mentre vengono sempre più numerosi i neri corvi, le cornacchie e le gazze, segni di un cambiamento profondo nell’ecologia del territorio in cui viviamo e presagio poco propizio per il futuro.